Annunciato a sorpresa da Devolver Digital, l’ottimo Death’s Door è finalmente disponibile per Xbox e PC: un po’ Zelda e un po’ Hades, ma con grinta e stile da vendere
Devolver Digital, è il caso di dirlo, cento ne fa e cento ne azzecca. Che il publisher Texano sia una prodigiosa macchina da guerra capace di scovare le perle indipendenti più rare, beh, è un’affermazione così ovvia da risultare ridicola. Nondimeno, anno dopo anno, release dopo release, la banda di matti più nota dello showbiz del gaming riesce costantemente a fare dei centri al limite della perfezione, portando sotto le luci dei riflettori titoli puntualmente destinati all’acclamazione e al successo di pubblico e critica. Basterebbe citare soltanto Hotline Miami per dare il via ai proverbiali 92 minuti di applausi, ma la lista è così lunga e variegata che, per non uscire dal solco odierno, ci limiteremo a citare l’ottimo Titan Souls dei ragazzi di Acid Nerve. Uno studio composto da ben due individui, Mark Foster e David Fenn, capaci di creare sei anni or sono un piccolo prodigio di stile e giocabilità. Avremmo potuto citare “la fortuna del principiante”, a voler essere cinici, ma l’arrivo da pochi giorni dell’incredibile Death’s Door può solo confermare – e, stavolta, senza appello – l’abilità e la classe del duo di Manchester. Che, inutile dirlo, regala all’ecosistema Microsoft una di quelle esclusive che non dovreste lasciarvi scappare per nessuna ragione al mondo.
Commissione Mietiture
Il tema portante di Death’s Door, incredibile a dirsi, è la morte. Uno di quegli argomenti che nei videogiochi è stato trattato così tante volte e in così tanti modi da risultare quasi stantio: eppure, nella seconda opera di Acid Nerve è impossibile non cogliere un autentico lampo di genio. Provate ad immaginare un taciturno corvo che, nell’aldilà, si occupa di raccogliere le anime dei defunti per conto della Commissione Mietiture. Un posto strano, la Commissione, votato alla burocrazia più assoluta e dove, nel silenzio più assoluto, i dipendenti adempiono alla propria missione da colletti bianchi pigiando inesorabilmente tasti da qui all’eternità. Tutto parte come sempre per il nostro eroe – del resto se sei “una Morte” difficilmente l’obiettivo del tuo lavoro può essere troppo vario: peccato che ci si metta di mezzo la sfortuna, quando un ladro lo priva del bottino appena raccolto costringendolo ad un rocambolesco inseguimento in un mondo onirico e zeppo di creature che, verso la Mietitrice, si fanno pochi scrupoli. E non vi diciamo altro, lasciando a voi l’enorme piacere della scoperta che si nasconde dietro le porte magiche di Death’s Door.
Death’s Door è un action rpg di pregiatissima caratura, che omaggia in modo esemplare – e mai banale – mostri sacri del medium quali Diablo e Zelda, passando persino per il più recente Hades. Il tutto con uno stile unico, sia in termini prettamente estetici, sia e soprattutto grazie ad una narrazione istrionica ed appassionante, dove serio e faceto si mescolano per sfociare in uno humor (che molto spesso vira, astutamente, alle tinte più black) intelligente e appuntito: del resto, stiamo parlando di tematiche pesanti come la morte, il tomento eterno, la sofferenza e i baratri dell’animo umano. Concetti non certo facili, ma che la maestria del canovaccio narrativo di Death’s Door dipinge con arguzia e carattere.
La mietitrice pennuta
Uno degli aspetti più convincenti di Death’s Door è la sua rielaborazione del concetto di semplificazione in termini di meccaniche di gioco. Stiamo parlando di un action RPG isometrico volutamente accessibile, che non richiede troppa esperienza nel genere per essere goduto appieno ma che, al contrario, si apre ad un pubblico più vasto nonostante un livello di sfida, alla progressione dell’avventura, destinato a crescere. Il combat system si riassume velocemente: un tasto per l’attacco base, uno per quello caricato, un altro, l’ultimo, per schivare i colpi con una capriola. Sarà possibile utilizzare il fedele arco per colpire a distanza, concatenare un attacco “potente” al termine di una capriola, sbloccare altri tre attacchi speciali (fuoco, bomba e rampino) che permetteranno al nostro eroe non solo di avere vita più facile durante gli scontri, ma di ampliare il raggio di esplorazione dell’area di gioco guadagnando l’accesso a zone originariamente precluse – le frecce permettono di attivare interruttori inaccessibili, le bombe di eliminare massi o altre amenità che bloccano il percorso, il fuoco di accendere bracieri speciali e il rampino, chiaramente, di accedere verticalmente ad aree bloccate. L’esplorazione è un cardine portante del playthrough, complice un level design sontuoso che infarcisce ogni scenario di scorciatoie, passaggi segreti, sezioni da sbloccare eliminando nemici o risolvendo enigmi interessanti. Chi più ne ha più ne metta, ma le architetture di Death’s Door, ancor prima che per lo stile con cui sono realizzate, stupiscono per la complessità, il loro animo dedalico che spinge ad avventurarsi in ogni angolo alla ricerca di collezionabili. Servirà una memoria di ferro, questo è bene ricordarlo da subito, visto che il dinamico duo di Manchester ha optato per omettere una mappa di gioco accessibile liberamente: e se da un lato la presenza del backtracking è innegabile, specie per i malati di completismo, dall’altro l’ostacolo “ambientale” delle location di Death’s Door sarà problematico all’inizio, ma facilmente gestibile con un minimo di concentrazione.
Quanto appena detto sembrerebbe lasciar tradire una debolezza dell’impianto combat rispetto a quello esplorativo – affermazione vera soltanto in parte, visto che la profondità “accennata” del combat system viene soppesata ampiamente da un buon bilanciamento e da un’accessibilità totale. La possibilità di collezionare un set di armi diverse rappresenta un boost interessante, anche se finirete per affezionarvi ad uno stile di lotta specifico. A corroborare il tutto, la possibilità di expare cinque attributi del nostro eroe (Forza, Destrezza, Agilità e Potere Magico) utilizzando le anime raccolte come moneta di scambio presso un dipendente preposto della Commissione, dona a Death’s Door quel dolce retrogusto rolistico che strizza l’occhio alle vecchie glorie: una meccanica alla portata di tutti, che richiede comunque la giusta dedizione man mano che la vicenda si fa interessante. Se da un lato il focus del titolo Acid Nerve non è riposto nel combattimento, dall’altro è innegabile come quest’ultimo, nella progressione narrativa, regali soddisfazioni e momenti memorabili: è una lotta più di impulso che di tattica, questo è chiaro, ma la varietà dei nemici e dei loro pattern offensivi, unita a situazioni dove si è letteralmente soverchiati da avversari o, parimenti, il level design ci mette del proprio per complicarvi la vita (e spoiler, lo farà spesse volte), rendono questi passaggi convincenti ed entusiasmanti. Un entusiasmo che sale in occasione delle ispiratissime boss fight, nonostante una curva di difficoltà non eccessivamente impervia – non ci vorrà molto, per i giocatori più esperti, per imparare i pattern dei vari boss e colpirli al momento giusto. Tenete a mente però due cose: la meccanica di healing del nostro eroe è strettamente legata a dei semi speciali, che sbocceranno in appositi vasi sparsi nello scenario – quindi sì, avete capito bene, non ci si potrà curare liberamente se non in prossimità di questi vasi, a patto di avere semi in saccoccia. E due, per salvare dovrete varcare la porta che, dallo scenario corrente, vi riporta al cuore della Commissione: il che, specie dopo il primo giro di boa, potrebbe costringere a ripetere sezioni di gioco consistenti. Ma se siete stati abbastanza bravi da sbloccare scorciatoie, scale o passaggi segreti, questo non dovrebbe spaventarvi.
Un Oltretomba tutto da vivere…
Dove Death’s Door eccelle senza riserva è nella sua direzione artistica. L’impianto audio è perfetto, con una colonna sonora magistrale che mescola sinfonie malinconiche ed evocative a passaggi più ritmati e “cattivi”, in occasione degli scontri più accesi. Pianoforti e melodie new age creano un sottofondo esemplare e, per certi versi, quasi rilassante: un accompagnamento incantevole e mai fastidioso, alternato da cambi di registro improvvisi ma azzeccatissimi che, a battaglia ultimata, sfumano dolcemente in quel mood “onirico” che accompagna la nostra esplorazione. Il resto della magia lo fa ovviamente lo stile visivo, così stupefacente che viene lecito chiedersi come possa essere figlio della visione di un team composto da solo due persone. Ottimo il dualismo “cromatico” che caratterizza l’operato di Foster e Fenn: il bianco e nero asettico della Commissione è un tocco di classe, che esalta ulteriormente quel concetto di eternità e di inesorabilità che contraddistingue il lavoro dei mietitori di anime. L’ineluttabile ciclo della burocrazia, lento ed implacabile, a cui nessuno può sfuggire – neanche un emissario della Triste Mietitrice, condannato ad una vita (quasi) eterna di duro lavoro senza apparenti vie d’uscita – viene trasmesso alla perfezione nelle sequenze nell’aldilà, con le sue geometrie dal sapore vagamente Escheriano e quel tocco formale, rigoroso e freddo (una scelta azzeccata che, volutamente, fa risaltare all’inverosimile le frecciate e le battute taglienti dei suoi abitanti).
Di contro, la resa cromatica accesa, quasi sgargiante dei mondi “dell’aldiquà” di Death’s Door non può non impressionare il giocatore: uno stile a metà strada tra fiabesco e cartoon, con una palette cromatica azzeccatissima e un character design quantomai ispirato, che pur regalando i momenti migliori nelle boss e mid-fight riesce comunque a garantire una varietà di personaggi encomiabile nelle dieci ore o poco più di playthrough (liscio, ovviamente: i perfezionisti potranno comodamente raddoppiare questa numerica). Su Xbox Series X, nostro banco di prova del titolo, 4K e 60 fps sono stati granitici per tutta dell’avventura: il tutto, coadiuvato da una cura dei dettagli al limite del maniacale (le piume del protagonista che svolazzano in occasione di una capriola, così come le foglie delle piante o i petali che si alzano al nostro passaggio). L’inquadratura isometrica utilizzata rende assoluta giustizia agli acquerelli del duo inglese, che delineano un universo non certo inedito (la conta dei riferimenti sale a livelli altissimi già nel setting del primo gigante da “mandare al riposo eterno”) ma indubbiamente pittoresco e bellissimo da vedere. E sì, non vi fosse ancora passato il messaggio, è tutto realizzato da due persone: quando si dice metterci davvero la passione…
La recensione in breve
Annunciato a sorpresa da Devolver Digital, l’ottimo Death’s Door è finalmente disponibile per Xbox e PC: un po’ Zelda e un po’ Hades, ma con grinta e stile da vendere
Devolver Digital, è il caso di dirlo, cento ne fa e cento ne azzecca. Che il publisher Texano sia una prodigiosa macchina da guerra capace di scovare le perle indipendenti più rare, beh, è un’affermazione così ovvia da risultare ridicola. Nondimeno, anno dopo anno, release dopo release, la banda di matti più nota dello showbiz del gaming riesce costantemente a fare dei centri al limite della perfezione, portando sotto le luci dei riflettori titoli puntualmente destinati all’acclamazione e al successo di pubblico e critica. Basterebbe citare soltanto Hotline Miami per dare il via ai proverbiali 92 minuti di applausi, ma la lista è così lunga e variegata che, per non uscire dal solco odierno, ci limiteremo a citare l’ottimo Titan Souls dei ragazzi di Acid Nerve. Uno studio composto da ben due individui, Mark Foster e David Fenn, capaci di creare sei anni or sono un piccolo prodigio di stile e giocabilità. Avremmo potuto citare “la fortuna del principiante”, a voler essere cinici, ma l’arrivo da pochi giorni dell’incredibile Death’s Door può solo confermare – e, stavolta, senza appello – l’abilità e la classe del duo di Manchester. Che, inutile dirlo, regala all’ecosistema Microsoft una di quelle esclusive che non dovreste lasciarvi scappare per nessuna ragione al mondo.
Death’s Door
Commissione Mietiture
Il tema portante di Death’s Door, incredibile a dirsi, è la morte. Uno di quegli argomenti che nei videogiochi è stato trattato così tante volte e in così tanti modi da risultare quasi stantio: eppure, nella seconda opera di Acid Nerve è impossibile non cogliere un autentico lampo di genio. Provate ad immaginare un taciturno corvo che, nell’aldilà, si occupa di raccogliere le anime dei defunti per conto della Commissione Mietiture. Un posto strano, la Commissione, votato alla burocrazia più assoluta e dove, nel silenzio più assoluto, i dipendenti adempiono alla propria missione da colletti bianchi pigiando inesorabilmente tasti da qui all’eternità. Tutto parte come sempre per il nostro eroe – del resto se sei “una Morte” difficilmente l’obiettivo del tuo lavoro può essere troppo vario: peccato che ci si metta di mezzo la sfortuna, quando un ladro lo priva del bottino appena raccolto costringendolo ad un rocambolesco inseguimento in un mondo onirico e zeppo di creature che, verso la Mietitrice, si fanno pochi scrupoli. E non vi diciamo altro, lasciando a voi l’enorme piacere della scoperta che si nasconde dietro le porte magiche di Death’s Door.
Death’s Door è un action rpg di pregiatissima caratura, che omaggia in modo esemplare – e mai banale – mostri sacri del medium quali Diablo e Zelda, passando persino per il più recente Hades. Il tutto con uno stile unico, sia in termini prettamente estetici, sia e soprattutto grazie ad una narrazione istrionica ed appassionante, dove serio e faceto si mescolano per sfociare in uno humor (che molto spesso vira, astutamente, alle tinte più black) intelligente e appuntito: del resto, stiamo parlando di tematiche pesanti come la morte, il tomento eterno, la sofferenza e i baratri dell’animo umano. Concetti non certo facili, ma che la maestria del canovaccio narrativo di Death’s Door dipinge con arguzia e carattere.
Death’s Door
La mietitrice pennuta
Uno degli aspetti più convincenti di Death’s Door è la sua rielaborazione del concetto di semplificazione in termini di meccaniche di gioco. Stiamo parlando di un action RPG isometrico volutamente accessibile, che non richiede troppa esperienza nel genere per essere goduto appieno ma che, al contrario, si apre ad un pubblico più vasto nonostante un livello di sfida, alla progressione dell’avventura, destinato a crescere. Il combat system si riassume velocemente: un tasto per l’attacco base, uno per quello caricato, un altro, l’ultimo, per schivare i colpi con una capriola. Sarà possibile utilizzare il fedele arco per colpire a distanza, concatenare un attacco “potente” al termine di una capriola, sbloccare altri tre attacchi speciali (fuoco, bomba e rampino) che permetteranno al nostro eroe non solo di avere vita più facile durante gli scontri, ma di ampliare il raggio di esplorazione dell’area di gioco guadagnando l’accesso a zone originariamente precluse – le frecce permettono di attivare interruttori inaccessibili, le bombe di eliminare massi o altre amenità che bloccano il percorso, il fuoco di accendere bracieri speciali e il rampino, chiaramente, di accedere verticalmente ad aree bloccate. L’esplorazione è un cardine portante del playthrough, complice un level design sontuoso che infarcisce ogni scenario di scorciatoie, passaggi segreti, sezioni da sbloccare eliminando nemici o risolvendo enigmi interessanti. Chi più ne ha più ne metta, ma le architetture di Death’s Door, ancor prima che per lo stile con cui sono realizzate, stupiscono per la complessità, il loro animo dedalico che spinge ad avventurarsi in ogni angolo alla ricerca di collezionabili. Servirà una memoria di ferro, questo è bene ricordarlo da subito, visto che il dinamico duo di Manchester ha optato per omettere una mappa di gioco accessibile liberamente: e se da un lato la presenza del backtracking è innegabile, specie per i malati di completismo, dall’altro l’ostacolo “ambientale” delle location di Death’s Door sarà problematico all’inizio, ma facilmente gestibile con un minimo di concentrazione.
Quanto appena detto sembrerebbe lasciar tradire una debolezza dell’impianto combat rispetto a quello esplorativo – affermazione vera soltanto in parte, visto che la profondità “accennata” del combat system viene soppesata ampiamente da un buon bilanciamento e da un’accessibilità totale. La possibilità di collezionare un set di armi diverse rappresenta un boost interessante, anche se finirete per affezionarvi ad uno stile di lotta specifico. A corroborare il tutto, la possibilità di expare cinque attributi del nostro eroe (Forza, Destrezza, Agilità e Potere Magico) utilizzando le anime raccolte come moneta di scambio presso un dipendente preposto della Commissione, dona a Death’s Door quel dolce retrogusto rolistico che strizza l’occhio alle vecchie glorie: una meccanica alla portata di tutti, che richiede comunque la giusta dedizione man mano che la vicenda si fa interessante. Se da un lato il focus del titolo Acid Nerve non è riposto nel combattimento, dall’altro è innegabile come quest’ultimo, nella progressione narrativa, regali soddisfazioni e momenti memorabili: è una lotta più di impulso che di tattica, questo è chiaro, ma la varietà dei nemici e dei loro pattern offensivi, unita a situazioni dove si è letteralmente soverchiati da avversari o, parimenti, il level design ci mette del proprio per complicarvi la vita (e spoiler, lo farà spesse volte), rendono questi passaggi convincenti ed entusiasmanti. Un entusiasmo che sale in occasione delle ispiratissime boss fight, nonostante una curva di difficoltà non eccessivamente impervia – non ci vorrà molto, per i giocatori più esperti, per imparare i pattern dei vari boss e colpirli al momento giusto. Tenete a mente però due cose: la meccanica di healing del nostro eroe è strettamente legata a dei semi speciali, che sbocceranno in appositi vasi sparsi nello scenario – quindi sì, avete capito bene, non ci si potrà curare liberamente se non in prossimità di questi vasi, a patto di avere semi in saccoccia. E due, per salvare dovrete varcare la porta che, dallo scenario corrente, vi riporta al cuore della Commissione: il che, specie dopo il primo giro di boa, potrebbe costringere a ripetere sezioni di gioco consistenti. Ma se siete stati abbastanza bravi da sbloccare scorciatoie, scale o passaggi segreti, questo non dovrebbe spaventarvi.
Death’s Door
Un Oltretomba tutto da vivere…
Dove Death’s Door eccelle senza riserva è nella sua direzione artistica. L’impianto audio è perfetto, con una colonna sonora magistrale che mescola sinfonie malinconiche ed evocative a passaggi più ritmati e “cattivi”, in occasione degli scontri più accesi. Pianoforti e melodie new age creano un sottofondo esemplare e, per certi versi, quasi rilassante: un accompagnamento incantevole e mai fastidioso, alternato da cambi di registro improvvisi ma azzeccatissimi che, a battaglia ultimata, sfumano dolcemente in quel mood “onirico” che accompagna la nostra esplorazione. Il resto della magia lo fa ovviamente lo stile visivo, così stupefacente che viene lecito chiedersi come possa essere figlio della visione di un team composto da solo due persone. Ottimo il dualismo “cromatico” che caratterizza l’operato di Foster e Fenn: il bianco e nero asettico della Commissione è un tocco di classe, che esalta ulteriormente quel concetto di eternità e di inesorabilità che contraddistingue il lavoro dei mietitori di anime. L’ineluttabile ciclo della burocrazia, lento ed implacabile, a cui nessuno può sfuggire – neanche un emissario della Triste Mietitrice, condannato ad una vita (quasi) eterna di duro lavoro senza apparenti vie d’uscita – viene trasmesso alla perfezione nelle sequenze nell’aldilà, con le sue geometrie dal sapore vagamente Escheriano e quel tocco formale, rigoroso e freddo (una scelta azzeccata che, volutamente, fa risaltare all’inverosimile le frecciate e le battute taglienti dei suoi abitanti).
Di contro, la resa cromatica accesa, quasi sgargiante dei mondi “dell’aldiquà” di Death’s Door non può non impressionare il giocatore: uno stile a metà strada tra fiabesco e cartoon, con una palette cromatica azzeccatissima e un character design quantomai ispirato, che pur regalando i momenti migliori nelle boss e mid-fight riesce comunque a garantire una varietà di personaggi encomiabile nelle dieci ore o poco più di playthrough (liscio, ovviamente: i perfezionisti potranno comodamente raddoppiare questa numerica). Su Xbox Series X, nostro banco di prova del titolo, 4K e 60 fps sono stati granitici per tutta dell’avventura: il tutto, coadiuvato da una cura dei dettagli al limite del maniacale (le piume del protagonista che svolazzano in occasione di una capriola, così come le foglie delle piante o i petali che si alzano al nostro passaggio). L’inquadratura isometrica utilizzata rende assoluta giustizia agli acquerelli del duo inglese, che delineano un universo non certo inedito (la conta dei riferimenti sale a livelli altissimi già nel setting del primo gigante da “mandare al riposo eterno”) ma indubbiamente pittoresco e bellissimo da vedere. E sì, non vi fosse ancora passato il messaggio, è tutto realizzato da due persone: quando si dice metterci davvero la passione…
Quando Devolver Digital scende in campo, più che lecito aspettarsi qualcosa di grosso. Se ormai da anni il publisher texano ci ha abituato anche troppo bene, con Death’s Door l’asticella viene alzata verso nuovi livelli: un titolo che, per un cartellino inferiore ai 20€, promette una dozzina di ore memorabili, garantendo un livello di rigiocabilità (complice la sua indole “quasi metroidvanesca” e la presenza di svariati collezionabili) molto elevato, una narrazione di pregiatissima caratura e un gameplay dalle meccaniche tutto sommato semplici, ma quantomai efficaci e coinvolgenti. Una perla di cui andare fieri, tra le mura di Redmond, che l’intero ecosistema Microsoft può sfoggiare con orgoglio: un level design sopra le righe, un comparto tecnologico estremamente interessane e una visione artistica sontuosa compongono uno di quei biglietti da visita che, da subito, dovrebbe spingere chiunque all’acquisto senza nemmeno pensarci mezzo secondo. Mietere anime su ordine della Commissione Mietiture non sarà certo il lavoro più affascinante del mondo, specie se nell’eternità ci siete letteralmente incastrati: ma quando le cose si mettono male, tutto sommato, c’è davvero da divertirsi.
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Voto Game-Experience