Proprio ieri Sony ha pubblicato ufficialmente online il trailer di lancio di Death Stranding, mettendo in risalto l’eccellente lavoro svolto dal noto autore, sceneggiatore e scrittore Giapponese “Hideo Kojima” ( al seguente link trovate il nostro articolo contentente il trailer in Italiano ).
Quest’oggi invece – a seguito di un’intervista concessa a “The Holliwood reporter” – vi riportiamo quanto dichiarato dall’attore Statunitense Norman Reedus, che nella stessa ha paragonato Hideo Kojima al noto gruppo musicale “The Beatles”.
Di segutio vi riportiamo la nostra traduzione dell’intervista integrale a Norman Reedus:
The HolliWood Report: Quando hai incontrato Hideo Kojima per la prima volta?
Norman R.: Ho incontrato Hideo la prima volta quando Guillermo del Toro mi ha chiamato e mi ha detto “Ehi, c’è un ragazzo che ti chiamerà e vuole fare un videogioco con te, digli solo di sì”. Ho risposto: “Chi è costui?” E mi disse: “Fidati, dì solo di sì”.
Guillermo mi ha dato la carta SAG e il mio primo lavoro come attore, mi fido ciecamente di lui. Sapevo che questo ragazzo sarebbe stato bravo se consigliato da Guillermo. Quindi, Hideo, Guillermo ed io avremmo fatto un altro videogioco, ma Konami e Kojima avevano discusso in passato, quindi non poteva essere un altro Silent Hill. In seguito però mi disse che la Sony era tornata con Hideo e che avremmo fatto un gioco nuovo di zecca.
Ero molto eccitato alla notizia, lo ammetto. Hideo è arrivato al Comic-Con di San Diego con un iPad su cui mi mostrò alcune delle grafiche su cui stava lavorando, erano semplicemente sconvolgenti. Sapevo che sarebbe stato un grande progetto fin dall’inizio.
The HolliWood Report: In che anno è successo?
Norman R.: Beh, ho lavorato su Death Stranding per tre anni, quindi circa tre anni fa, immagino.
The HolliWood Report: Sapevi chi era Hideo Kojima prima di incontrarlo?
Norman R.: Sinceramente no. Non sono mai stato un grande giocatore. 1981’s Defender era il mio unico gioco. Questi di oggi sono molto diversi dai giochi di allora.
The HolliWood Report: Hai mai pensato di fare un videogioco prima d’oggi?
Norman R.: Sono stato in diversi videogiochi con Walking Dead, ma mai niente del genere. Non avrei mai immaginato di indossare su di me una tuta di motion capture con velcro. È stato un vero spasso, devo ammetterlo.
The HolliWood Report: Quindi eri in tuta su un palcoscenico… Puoi parlarmi del processo di ripresa di questo gioco? Hideo era sul set con te?
Norman R.: Abbiamo girato in un paio di posti diversi: Alcuni punti in California, mentre la faccenda del riconoscimento facciale a New York. Tra un episodio e l’altro ( di The Walking Dead ) o se avessi avuto un lungo weekend, sarei volato via ogni volta che gli impegni di tutti me lo avrebbero permesso.
Alcuni lavoravano con Mads Mikkelsen nella stanza, altri con Lea Seydoux, altri ancora con altri attori del gioco. Entravi in questa stanza e ti mettevano dei puntini sul viso, impiegandoci un’eternità – e impiegando anche il doppio del tempo per cominciare – mentre tu ti infilavi in questo piccolo abito scomodo e imbarazzante, il tutto da legato. Dalla parte anteriore del casco sporgeva un grande braccio con una telecamera attaccata. Ogni volta che dovevo baciare o abbracciare qualcuno, le nostre teste si rimbalzano a vicenda. E’ un po’ come Joan Cusack in Sixteen Candles, dove ha il grande copricapo.
The HolliWood Report: Lavoravi sia con Hideo che con gli altri attori sul Set?
Norman R.: A volte c’erano anche altri attori, molte volte invece eravamo solo io e Hideo. Hideo aveva una bambola di plastica per terra e voleva che io la cullassi comportandomi prima come se fosse morta, poi invece come se fosse viva. Andavo fuori di testa perché c’erano impronte di mani dappertutto. Ti alzi e lui fa: “Immagina che ci siano migliaia di balene morte davanti a te”, e tu fai tipo: “Cosa?! La sua mente è su un altro livello. È il genio di un genio di un genio”.
Lui ed io ci parlavamo in stenografia, in base alle facce che faceva o su cosa puntava il dito capivo se approvava o disapprovava. Dopo un po’ abbiamo superato la barriera linguistica. Molte volte il regista ti dice: “In questa scena penso che dovresti farlo in questo modo” perchè l’hanno provato nella loro testa a tal punto che se qualcuno gli propone qualcosa di diverso vanno in cortocircuito. Non c’è spazio per l’interpretazione. Hideo invece è l’opposto. Se gli dici: “Forse dovrei fare questo” lui ti risponderà: “Sì! Ed oltre a questo, fai anche quest’altro!” È una mente collaborativa. Vuole sentire il tuo pensiero. Se non dici niente, penserà che probabilmente c’è qualcosa che non va in te. E’ molto divertente lavorare con lui. Se mai farà un film o qualcos’altro, io sarei lì in un batter d’occhio.
The HolliWood Report: Inizialmente stavi per lavorare con Kojima su un gioco di Silent Hill. Hai detto di aver lavorato a Death Stranding per tre anni, hai girato anche delle riprese per Silent Hill? Quando è cambiato?
Norman R.: Penso che abbiamo girato qualcosa di breve una volta, una cosa divertente, che ha trasformato poi in una demo per il gioco divenuta una sorta di culto. La conosco perché ho dei miei amici che sono videogiocatori. Se hai la PlayStation con all’interno quella demo oggi vale un sacco di soldi.
The HolliWood Report: Non hai mai giocato a PT (Playable Teaser) ?
Norman R.: No, mai giocato.
The HolliWood Report: Oh mio Dio, ma è pazzesco…
Norman R.: Lo so però l’ho vista! L’ho vista giocare ed è terrificante. È come un film horror.
The HolliWood Report: Death Stranding però non si presenta come un horror. Quando Kojima ti ha contattato per Silent Hill, è stato un progetto completamente diverso o c’erano somiglianze con quello che è diventato Death Stranding ?
Norman R.: Era completamente diverso. Silent Hill aveva una storia alle spalle e la gente conosceva già quel gioco, sapeva di cosa si trattava e che aspetto avrebbe avuto. Quando è stato cancellato, sono rimasto sconvolto. Quando però successivamente Hideo mi ha descritto cosa stavamo facendo, me ne sono completamente dimenticato. Ho pensato: “Grazie a Dio che non ha funzionato perché questo è molto meglio, una cosa completamente diversa”.
Sono stato con Hideo ai Game Awards ed è come i Beatles. Uomini cresciuti sulla quarantina urlavano con le lacrime agli occhi come Elvis appena salito sul palco. Penso tipo: “Chi è questo ragazzo?” L’Hideo che conosco è un mio amico. Ha cenato a casa mia, ha incontrato la mia ragazza e il mio gatto. È sempre stato super simpatico ed è un ragazzo così gentile con un grande senso dell’umorismo. È fantastico uscire con lui. Ho imparato a conoscere un po’ la mente di Hideo. A dire il vero, sono contento che Silent Hill non sia andato in porto, perché in questa maniera ho potuto dare una sbirciatina al modo in cui lavora e al modo in cui pensa Kojima, sono completamente stregato da questo ragazzo.
The HolliWood Report: Ti ha raccontato tutta la storia di Death Stranding fin dall’inizio o l’ha rivelata a pezzi mentre avanzavate?
Norman R.: Me l’ha rivelata a pezzi, e devo ammettere che di fronte ad alcuni di quei pezzi ho pensato: “Ma di cosa sta parlando?”. Mentre lavoravamo al gioco, tutto ha cominciato ad avere più senso, ora so di cosa si tratta, ma devo ammettere che all’inizio c’è stato un buon semestre in cui mi dicevo: “Ok, mi fido di lui, farò tutto quello che mi dice di fare”. Ora che so di cosa si tratta, so che è completamente diverso da tutti i giochi che ho visto giocare da mio figlio. È un concetto diverso, potente e personale.
Indossavo questo abito e tra una ripresa e l’altra bevevo un sorso d’acqua e mi pulivo la bocca con la manica, mentre lui mi diceva: “Fallo di nuovo”. E’ successo così tante volte che ad un certo punto ho iniziato a chiedermi: “Perché stiamo facendo così tante di queste piccole prove Norman? Mi rispose abbastanza in fretta quando gli chiesi se tutti avrebbero dovuto fare queste cose, dicendomi: “No, loro saranno te”. Tutti i piccoli manierismi che Norman ha, li deve avere il gioco perché invece di un personaggio neutrale che si usa in tutta la storia di un gioco, Kojima vuole che in questo tu ti colleghi con esso. Vuole che tu provi emozioni verso il tuo personaggio, perché l’emozione che provi verso di lui farà parte del gioco.
Man mano che la storia cresce ed il personaggio con cui state giocando cresce, voi crescerete insieme a lui. E successo anche a me mentre stavamo realizzando il gioco. Ho visto la differenza rispetto ad altri giochi che ho visto giocare da mio figlio. È un concetto molto diverso.
The HolliWood Report: Conosci l’artista Grims?
Norman R.: Si. Hideo mentre lavora, vorrebbe che queste superstar arrivassero solo per stringergli la mano. La sua fan base è così ampia. Un giorno arriva il regista di Godzilla o di King Kong e un altro arriva Grimes. È solo follia. Grimes era lì, ed è una grande giocatrice, le ho chiesto: “Perché ti piacciono così tanto i giochi di Hideo?” E lei mi rispose: “Sono una grande lettrice, leggo romanzi, leggo tutto. Gioco anche ai videogiochi, giocandoci ho come la sensazione di essere di persona nella storia di un romanzo”. Ho detto: “Oh, è così!”
Mentre ci giocavo, ho capito cosa stesse cercando di fare Hideo. L’interazione umana che si ha con questo personaggio quando si incontrano altre persone che hanno le stesse interazioni costruisce qualcosa invece di romperla. Ci sono elementi horror lì dentro, elementi di azione e di avventura, ma c’è anche un elemento di connessione. La connessione, soprattutto nel mondo di oggi con i social network, non è un’esperienza negativa. È un’unica esperienza positiva insieme agli orrori dei mostri, della morte e di tutto ciò che ti circonda. E ‘davvero un ottimo strumento di comunicazione e non solo edificante. Se vuoi dare potere alle persone, coinvolgile nella conversazione. Questa è la forza di questo gioco. È un concetto completamente nuovo, ed è super affascinante. Al di là di tutto questo inoltre, la grafica è semplicemente pazzesca. Non sono mai stato raffigurato così bene in qualcosa di simile prima d’ora!
The HolliWood Report: Ora che hai vissuto questa esperienza, pensi che sia qualcosa che vorresti fare di nuovo? Ti piacerebbe fare altri giochi?
Norman R.: Sì, è affascinante. Come attore reciti una parte di storia, sei in questa grande storia. È completamente diverso dai giochi con cui sono cresciuto. È completamente immersivo e richiede tutta la tua attenzione e pazienza. Una volta ho chiesto a Kojima: “E così realistico, pensi che ci sarà un giorno in cui non avrai più bisogno degli attori?” Lui mi rispose: “No, non potresti mai fare una cosa del genere senza le persone. Hai bisogno dell’anima, hai bisogno di un vero essere umano per avere vere emozioni umane”. E io pensai: “Grazie a Dio, perché altrimenti non avrei più un lavoro”.
Cosa ne pensate di questa lunga intervista a Norman Reedus? Vi ha tolto qualche curiosità sul chiacchieratissimo Death Stranding oppure ha contribuito ad aumentarla in’attesa dell’uscita ufficiale del gioco sul mercato? Fatecelo sapere nei commenti!
Vi ricordiamo infine che Death Stranding sarà disponibile a partire dal prossimo 8 Novembre 2019 in esclusiva console PlayStation 4, mentre verrà pubblicato su PC ( trovate tutte le info al seguente link ) durante la prossima estate 2020.
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