L’arrivo, nel tardo 2019, di Daymare: 1998 rappresentò un punto di svolta per l’industry del gaming made in Italy. Per la prima volta, infatti, da decenni, una produzione italiana era riuscita a generare una attenzione tale da far divenire il prodotto primogenito dei ragazzi di Invader Studios, una delle sorprese da tenere d’occhio e non il solito prodotto da valutare, dimenticare e classificare come indie buono solo per gli appassionati. Il risultato finale, invero, non deluse, almeno parzialmente, le aspettative, portando all’attenzione del grande pubblico un prodotto sicuramente derivativo ma interessante e pregno tanto di qualità, quanto di ingenuità derivanti dalla poca esperienza dello studio di produzione.
A distanza, dunque, di quasi quattro anni, ecco che gli italianissimi bad guys di Invader Studios ci riprovano, portando alla nostra attenzione Daymare: 1994 Sandcastle, prequel di Daymare: 1998, da cui trae impostazione di gameplay e lore di gioco, mettendoci nuovamente nei panni di una agente degli H.A.D.E.S., alle prese con eventi che di naturale hanno ben poco. Abbiamo avuto, in questi giorni, modo di mettere le mani su una breve demo giocabile, atta a farci meglio comprendere i passi in avanti fatti dallo studio romano, e a mostrarci, nuovamente, la loro visione del survival horror made in Italy. Tuffiamoci, dunque, nella nostra anteprima di Daymare: 1994 Sandcastle, provato in versione demo.
Un breve sguardo alla storia
Storia differente, stesso risultato. Come precedentemente affermato, e come facilmente evincibile dalla tara numerica inserita nel titolo di questa produzione Invader Games, Daymare: 1994 Sandcastle rappresenta, a tutti gli effetti, un prequel di Daymare: 1998. Nei panni di Reyes, un agente H.A.D.E.S. ci troveremo ad affrontare minacce sovrannaturali non molto dissimili da quelle spazzate via, anni dopo (o prima, a seconda dei punti di vista…) dai suoi esimi colleghi.
In questa demo di Daymare: 1994 Sandcastle, ci troveremo ad esplorare, inseguiti da misteriose creature di matrice sovrannaturale, una base miliare americana in disuso, modellata, facendo riferimento a quell’immaginario, a noi tanto caro sin dai tempi di X-Files, su un hangar dell’Area 51. Non ci imbatteremo (forse) in alieni ma, di sicuro, ciò che ci si parerà davanti avrà poco di terreno, portandoci a cospetto con esseri e forze capaci di sterminare, senza fatica alcuna, interi corpi scelti dell’esercito.
Braccati, dunque, da queste entità, ci troveremo a farci strada, a suon di esplorazione ed interazione ambientale, risoluzione puzzles e combattimenti con i suddetti mefistofelici esseri, in questo hangar, al fine di guadagnarci la via verso una salvezza tanto agognata quanto impossibile, in pieno stile Resident Evil.
Non è tutto oro ciò che si rifà ai classici del genere
Che i ragazzi di Invader Studios vedano la serie Daymare come un atto di amore nei confronti dei classici del genere survival horror, Resident Evil 2 in primis, c’è poco da dibattere. Già il primissimo Daymare: 1998 traeva, a piene mani, ispirazione dal capolavoro made in Capcom, non riuscendo però, anche per via di scelte di design (e molto probabilmente di budget ridotto) ad avvicinarsi alla qualità realizzativa del prodotto di diretta ispirazione.
Daymare: 1994 Sandcastle, che giunge sulle nostre piattaforme ben quattro anni dopo il capostipite della serie, si pone sempre in scia al diretto predecessore, risultando un prodotto di matrice derivativa dai classici Capcom ma, al contempo, alla ricerca di una propria tara autoriale che possa affermarne la validità in un contesto, mai come in questo preciso momento storico, inflazionato e sovraffolato di remake e validissime nuove proposte.
La demo da noi provata, della durata stimata di circa 30-40 minuti, ci mette in contatto con tutte le potenzialità del nuovo prodotto Invader Studios, facendoci ammirare alcuni passi in avanti rispetto al diretto predecessore ma, ahinoi, le medesime incertezze ed ambiguità che avevano relegato in un limbo di assoluto anonimato Daymare: 1998. Se, dunque, la modellazione 3D di protagonisti e comprimari ci restituisce, finalmente, una caratterialità marcata ed apprezzabile anche nell’anno 2023, lo stesso non può esser detto per tanti elementi di contorno.
Nuovo gioco, stessi difetti
Il livello che abbiamo avuto modo di esaminare in lungo ed in largo, ci porta in contatto con un ambiente di gioco molto, troppo direi, simile a quelli visti, e non è un punto a favore, sia chiaro, in Daymare: 1998. Se è vero, infatti, che la progressione lineare e scriptata abbia fatto la fortuna di Resident Evil e soci, è vero anche che da quel 1997, anno di pubblicazione del primo Resident Evil, sono passati ben ventisei anni e che, forse, incedere sterilmente in quelle meccaniche, pur per ragioni di citazionismo, può risultare stucchevole anche ai fan più accaniti.
Nel breve playthrough che ci è stato concesso, abbiamo avuto modo di imbatterci in solo due tipologie di nemici, identiche tra loro, non fosse per la tinta cromatica e l’aggressività del ghoul elettrico rosso rispetto alla sua controparte blu. Analizzando gli screenshot presenti, tanto sul sito originale, quanto nella pagina steam del gioco, questa scelta risulta alquanto bislacca, dandoci una impressione di monotonia, impedendoci di valutare eventuali variazioni del gunplay, fronteggiando nemici difformi ed, eventualmente, più coriacei.
Ed è appunto il gunplay che desta in me particolari perplessità, risultando schematico, troppo schematico, semplice e ripetitivo. Stride la completa mancanza di Hitbox: da quel che ho potuto vedere, al netto della differente potenza delle armi a nostra disposizione (un UZI e un Fucile a pompa), non è implementata la differenziazione dei punti di impatto dei proiettili. Il tutto si riduce, dunque, a colpire il nemico a distanza prima che lo stesso arrivi in range di attacco melee.
Esplorazione ambientale? Male, molto male…
Una leggera differenziazione dello stesso avviene mediante l’utilizzo del criogenizzatore, capace di congelare i nemici durante la fase di attacco e di permetterci di eseguire sugli stessi delle mosse finisher, o di mandarli in pezzi con un sonoro colpo di fucile, meccanica che diventerà un Jolly troppo facile da usare, anche in presenza di orde più o meno numerose.
L’interazione ambientale, dulcis in fundo, ci consentirà di esplorare il mondo di gioco, al fine di trovare meccanismi attivabili a distanza, o in prossimità, per risolvere enigmi e puzzles che ci verranno proposti sempre più frequentemente. Anche qui, al netto di una costante tara derivativa dai classici del genere, i pochi puzzles presenti si palesano in tutta la loro semplicità, abbassando il livello di sfida e non riuscendo mai, realmente, ad impensierire o bloccare il giocatore per più di due-tre minuti netti.
Alla stessa maniera l’esplorazione ambientale, almeno per quello che abbiamo potuto vedere in questa breve, troppo breve, demo, si limiterà allo spegnimento di qualche incendio, al raccoglimento di munizioni o kit di pronto soccorso (con controlli mai precisi e necessità di avvicinarsi in diretta prossimità per effettuare il pick-up dell’oggetto in questione) e alla attivazione di macchinari vari ed eventuali, il tutto inframmezzato dall’assalto di orde miste delle due tipologie di nemici sovra descritte.
In conclusione
Daymare: 1994 Sandcastle rappresenta un passo in avanti, e tre indietro, rispetto al diretto predecessore, da cui eredita impostazioni (e difetti) senza far nulla per nasconderli. La breve demo da noi provata non brilla per originalità o duttilità di approccio, ma crediamo sia impossibile che tutte le novità di questa ambiziosa produzione possano essere contenute all’interno di una quarantina di minuti di gameplay, tra l’altro poco ispirati, rispetto soprattutto ad immagini e video promozionali visti fino a questo momento.
La release, fissata, salvo eventuali rinvii dell’ultimo momento, per Maggio 2023 (per quanto manchi ancora una data certa), ci permetterà di valutare, sicuramente in modo più completo ed esaustivo un prodotto che, sicuramente, sarà meglio di quanto visto in questo scialbo dimostrativo.
Ciò che mi sorprende è, appunto che, a così poco dall’uscita ufficiale, si sia scelto di presentare una demo di così basso profilo, nascondendo quelle che sono le reali peculiarità di un gioco che, pur di chiara matrice derivativa, potrebbe dire la sua nell’affollato panorama dei survival horror.
Appuntamento, dunque, alla release finale del gioco per meglio apprezzare l’alacre lavoro dei ragazzi di Invader Games.