Quello delle avventure grafiche è un genere che, in voga da metà anni ‘80, ha raggiunto il suo apice nei primissimi anni ‘90, periodo storico in cui vennero rilasciate gemme indiscusse come Loom, Maniac Mansion: Day of the Tentacle, Monkey Island 2 che, unitamente a prodotti come Simon the Sorcerer o alla saga di Legends of Kyrandia, contribuirono a creare un quadro di insieme capace di definire quella che potremmo definire la golden age del pc gaming. Di li a qualche anno, passando per ibridazioni alla Full Throttle e capolavori come The Dig e Grim Fandango, il genere delle avventure grafiche lasciò però il passo a prodotti più simulativi e centrati sulla grafica, complice anche il rilascio delle primissime schede grafiche con funzionalità 3D, venendo dimenticato e relegato nel cosmo dell’abandonware.
Fu proprio in quel momento che, con un colpo di coda degno dei migliori comeback, Revolution Software, lanciò sul mercato una gemma corrispondente al nome di Beneath a Steel Sky che, nell’oramai lontano 1994, ci proiettava in cupo futuro cyberpunk, fatto di intrighi politici e megacorporazioni, ben ventisei anni prima dei ragazzi di Cd Projekt Red (e con un risultato qualitativamente ben più appagante…), regalandoci, di fatto, il canto del cigno delle avventure grafiche, un canto del cigno che, ancora oggi, gli appassionati di quel genere faticano a dimenticare.
Sia chiaro: se non avete mai giocato Beneath a Steel Sky siete delle pessime persone ma, non tutto è perduto. La primissima perla dei ragazzi di Revolution Software è infatti disponibile, gratuitamente, su GOG.COM: correte dunque a recuperarlo e, solo dopo, potrete leggere questa recensione con il dovuto bagaglio necessario ad affrontare il viaggio di Beyond a Steel Sky. Il secondo capitolo di questo franchise, uscito un anno fa su pc, debutta ora su console, ben ventisette anni dopo il suo diretto predecessore, riunendo Charles Cecil, autore del primo capitolo e Dave Gibbons, notissimo fumettista, ai ragazzi di Revolution, responsabili della venuta alla luce di Beneath a Steel Sky. Come potrete ben capire, queste premesse, unitamente alla presenza del dream team iniziale, hanno creato, non solo in me, una aspettativa qualitativa altissima. Del resto, il blasone di un titolo, rappresenta esso stesso una garanzia di qualità, livellando verso l’alto le richieste di una fanbase che, nonostante i quasi trenta anni dal rilascio del capostipite, non ha mai smesso di venerarlo come merita: e questo è stato, forse, il più grosso problema per Beyond a Steel Sky. Ma, procediamo con ordine.
Gli eventi di Beyond a Steel Sky prendono il via dieci anni dopo la conclusione del capostipite, con Robert Forster che, dopo essersi messo alle spalle la distopica ed oscura Union City, si è ritirato a vita privata nella Radura, una sorta di badlands de noantri, passando pacificamente le sue giornate in un villaggio nel bel mezzo del deserto. Questa tranquillità verrà interrotta da un veicolo corazzato che rapirà il piccolo Milo, costringendo Robert all’inseguimento e ad un nuovo, ulteriore, contatto con una Union City profondamente diversa da quella abbandonata un decennio prima ma, non per questo, meno pericolosa. Union City, dopo gli eventi narrati in Beneath a Steel Sky, sembrerebbe aver cambiato pelle, diventando una città modello per le altre, un posto ideale per vivere e in cui tutti gli abitanti sono a loro agio: sfortunatamente, si sa, spesso e volentieri anche le più lucide facciate nascondono una superficie deforme e martoriata dietro uno strato esteticamente perfetto, e così è anche per Union City.
Senza inoltrarci troppo nella trama di Beyond a Steel Sky, per non rischiare spoiler, l’ultimo prodotto di Revolution Software è a tutti gli effetti una avventura grafica old-school ma in terza persona, che prova ad innovare, però nel segno della continuità: gli appassionati di vecchia data ritroveranno dunque i soliti enigmi, la necessità di intrattenere lunghi dialoghi con gli npc sparsi per il mondo di gioco e, ovviamente, un pingue inventario cui attingere per effettuare le più disparate interazioni ambientali, scatenando un gigantesco throwback nel pieno degli anni ‘90.
A donare un senso di novità al gameplay di Beyond a Steel Sky contribuisce l’inserimento di un meccanismo di hacking, grazie al reperimento di un ammennicolo tecnologico nelle primissime fasi di gioco, grazie al quale potremo interagire con più di qualche sistema elettronico per modificarne il funzionamento e sbrogliare così, in modo alternativo e non convenzionale, alcuni degli enigmi ambientali che ci troveremo ad affrontare. Parimenti a quanto successo nel diretto predecessore, tornano anche le sezioni nel cyberspazio che però, se nel 1994 risultavano essere avveniristiche e visionarie, ora sanno, per via di una graduale “abitudine” a situazioni simili, di visto e rivisto, pur rimanendo godibili alla fruizione.
I principali problemi di Beyond a Steel Sky risiedono però nel ritmo narrativo: se il diretto predecessore può vantare, ad ora, una storyboard di tutto rispetto ed un ritmo qualitativamente inappuntabile, lo stesso non può esser detto dell’ultimo nato in casa Revolution Software. Nonostante trovate narrative di tutto rispetto, il tutto rischia di venire a noia sin dalle prime fasi, a causa di una inspiegabile lentezza narrativa che non ci permetterà di entrare velocemente nel vivo della azione: passata le prime sezioni, fortunatamente, la musica cambia in meglio, per poi, però, tornare inspiegabilmente nell’anonimato, conducendoci lentamente ad un pur bel endgame. Per ovviare a questi problemi, i ragazzi di Revolution Software hanno inserito un sistema di aiuti (fin troppo) efficace, che rischia (riuscendoci benissimo, in realtà) di snaturare l’esperienza stessa trial and error tipica delle avventure grafiche di metà anni ‘90, questo ovviamente per accontentare i novellini, che mal digeriscono una accessibilità appena livellata verso l’alto, in questo genere di giochi.
Ed è un peccato, perché il comparto artistico, al netto di alcune magagne di cui vi parlerò in seguito, brilla di luce propria: le creazioni visive di Dave Gibbons risultano esteticamente appaganti, visto anche il passaggio in cel-shading, capace di donare un timbro ed una identità propria a Beyond a Steel Sky. Detto apparato estetico risulta però essere viziato, sorprendentemente, da grossi problemi di framerate sia nella modalità performance (mai raggiunti i 60fps fissi), sia in quella qualità, dove possiamo assistere a rallentamenti fuori dalla grazia divina, visto che questo gioco, assolutamente non pretenzioso dal punto di vista computazionale, è stato provato su una Xbox Series X: ignoriamo dunque a cosa sia servito l’anno di attesa per il passaggio dalla versione PC a quella console, visto che di tutto si può parlare, fuorché di una ottimizzazione perfetta.
La recensione in breve
Beyond a Steel Sky, per tornare all’interrogativo di inizio recensione, cade vittima del blasone del diretto predecessore: pur risultando un gioco assolutamente gradevole, al netto di inspiegabili magagne tecniche e di un ritmo di gioco discontinuo e ballerino, l’ultimo prodotto di Revolution Software rimane schiacciato dalle aspettative derivanti dalla memoria di Beneath a Steel Sky, spesso scimmiottato e citato, ma senza mai avere quel quid in più capace di far decollare un bel gioco verso l’olimpo dell’immortalità videoludica in cui il capostipite della serie risiede stabilmente da quasi trenta anni. Sia chiaro, Beyond a Steel Sky non è affatto un brutto gioco, anzi: se riuscirete a passare sopra ad una ottimizzazione poco accorta, ignorando il diretto parentado, vi troverete davanti ad una avventura grafica godibilissima, a tratti anonima, ma che saprà imprigionarvi, nuovamente, per più di qualche ora nel mondo creato da Charles Cecil.
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Voto Game-Experience