Rilanciare una serie è sempre un’operazione difficile, specialmente se gli autori non sono gli stessi dell’originale. Tuttavia, proprio nel campo dei picchiaduro a scorrimento, questo stesso anno abbiamo visto un esempio virtuoso con Streets of Rage 4, riproposto da DotEmu in modo quasi reverenziale nei confronti della saga di cui hanno curato il ritorno. Purtroppo, e lo capirete meglio leggendo questa recensione, lo stesso non può dirsi di come gli inglesi dello studio Dlala abbiano trattato i Battletoads di Rare.
E’ difficile persino decidere da che parte iniziare a trattare le cose che lasciano perplessi e che rendono evidente come lo studio Dlala abbia capito veramente poco di ciò che rendeva speciale i ranocchioni. E dire che i colleghi di Rare avevano reso i protagonisti delle icone persino in un periodo in cui la scena videoludica era letteralmente invasa e satura di emuli di Final Fight e Double Dragon. Ma da qualche parte bisogna pur iniziare: il primo punto a non convincere è la direzione artistica che però va distinta dalla qualità grafica in sè. Quest’ultima sul piano tecnico è decisamente buona, c’è una certa ricchezza cromatica nei livelli, nei fondali e nella composizione dei personaggi. Tutto si muove in modo fluido e pur non essendo denso di animazioni, ogni combattente risulta gradevole da vedere in azione. Il motore grafico Unity viene spremuto bene nel complesso e anche la colonna sonora riesce a proporre una selezione di tracce non solo di buon impatto sonoro, ma anche perfettamente tematiche con l’idea di fondo dei Battletoads: ovvero degli animali antropomorfi ben lontani dal sembrare teneri, semmai battaglieri e agguerriti. Per qualche strana e inspiegata ragione gli sviluppatori però hanno pensato che fosse una buona idea prendere una serie divenuta famosa anche per la sua impronta stilistica e stravolgerla, infilandogli dentro a forza un’umorismo davvero fiacco e rimodellando nella caratterizzazione estetica i protagonisti sulla falsariga di uno dei tanto cartoni che Cartoon Network propone con una somiglianza da sfiorare la fotocopia. Tutte le sequenze di intermezzo sono riempite con gag nosense che risultano ben più difficili da trovare divertenti che non finire il gioco in modalità Hardcore. I dialoghi sembrano la brutta imitazione di una puntata di Rick&Morty, con giochi di parole che anche in lingua originale non vanno oltre la freddura. Solo l’idea delle capacità di trasformazione dei Battletoads è stata conservata, lasciando che i rospi assumano le forme più disparate mentre effettuano le loro mosse speciali, come un martello pneumatico per trapanare i nemici, una palla chiodata e via dicendo.
Proprio nelle fasi di combattimento si ritrova il concetto e la struttura che è lecito aspettarsi da un nuovo episodio di questa saga. La giocabilità è buona, permettendo di gestire gli scontri con combo terrestri e aeree, mosse speciali, schivate e quanto altro. Il feeling dei colpi è di leggera pesantezza, ma l’insieme rimane comunque fluido a sufficienza e godibile. Il problema però è che queste fasi, che inaugurano solamente il gioco, finiscono ben presto, lasciando invece spazio al restante 80% dell’esperienza a minigiochi completamente avulsi dall’idea di picchiaduro a scorrimento, alcuni dei quali spaziano tra il discreto e l’atroce. Su questo punto è bene scendere nei dettagli per dar modo di comprenderne le proporzioni. Per arrivare ai titoli di coda a difficoltà normale sono necessarie circa 4 ore, attraversando 25 livelli. Le fasi di combattimento durano a malapena poco più di un’ora e occupano soltanto 8 livelli, di cui 3 sono interamente occupati da bossfight, mentre uno è una stanza unica piuttosto breve, risolvibile sconfiggendo appena due o tre ondate. Per giunta nei livelli più estesi sono inseriti spesso enigmi e rompicapo come attività di hacking di pannelli elettrici che spezzano abbastanza il ritmo, rallentandolo e diluendo ulteriormente l’azione. La scarsezza di contenuti è dunque enorme, lasciando il compito di riempire il resto a una galleria di attività molto variegata, non solo nella tipologia di cose da fare, ma anche nella loro qualità. Le corse in moto nella loro natura arcade si integrano bene come intermezzo, così come i livelli platform.
La qualità inizia a calare nelle sezioni con l’astronave che mimano gli sparatutto a scorrimento. In questo caso la cosmesi grafica si fa scarna ed essenziale e la struttura stessa delle aree è meno che sufficiente rispetto alla qualità di uno shmup vero e proprio. Si precipita nell’insufficienza piena nei minigiochi come la morra cinese (che “dovrebbe” far ridere tantissimo perché non si basa su sasso-carta-forbice, ma su marionetta-tostapane-trombetta, o almeno qualcuno degli autori avrà pensato che così sarebbe stato più divertente), le sezioni dell’ufficio, delle olimpiadi, del pannello dell’astronave e della lotta di Pimple, altro non sono che un’accozzaglia di rompicapo a schermo fermo o dei QTE animati al limite dello stop-motion, che sembrano l’avanzo di un gioco freeware per cellulari programmato da uno studente di informatica al primo anno. L’aspetto peggiore di tutto ciò è che dopo aver iniziato con alcuni livelli graficamente notevoli e riempiti di scazzottate, si passa progressivamente verso questo materiale scadente in modo sempre più continuativo, al punto che in tutto quanto il terzo atto non c’è UN singolo livello picchiaduro, mentre nell’ultimo a malapena il boss finale e la sua breve anticamera. Diventa difficile giustificare una tale scelta e non è ben chiaro se questo disastro dipenda in toto da un’incapacità dello studio Dlala di gestire e valorizzare Battletoads nella sua interezza come tipologia ludica oppure da quello che potrebbe sembrare un taglio ai loro fondi per lo sviluppo, che potrebbe averli portati a ridurre i livelli di lotta a scorrimento (che sono i più onerosi in quanto a risorse grafiche, nemici da animare e quanto altro). Rimane il fatto che il prodotto nel suo insieme appare più come un’accozzaglia di cose di qualità altalenante. Come non bastasse tutto ciò, non è neppure disponibile la cooperativa online, limitandosi ad offrire un multigiocatore sino ad un massimo di tre utenti, ma soltanto in locale.
Purtroppo questo rilancio di Battletoads non è solo un brutto lavoro, ma uno dei peggiori esempi di sfruttamento di un marchio che si siano mai visti da anni a questa parte nel mercato videoludico. Tolta la direzione artistica che trattiene ben poco dell'originale per ammiccare ad un'umorismo fiacco e uno stile di animazione già ampiamente inflazionato da cartoon network, è il lato prettamente ludico a deludere di più. In un gioco pensato per essere un picchiaduro a scorrimento il suo elemento essenziale è relegato a malapena una frazione della lunghezza complessiva e riempiendo tutto il resto con una serie sconclusionata di minigiochi che passano tra il discreto e il pessimo. Il risultato finale è un contenitore di cose scadenti, buttate a caso da sviluppatori che hanno utilizzato un marchio senza valorizzarlo e comprenderlo a pieno.
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Voto Game-Experience