Non parliamo di un canto del cigno, per ora, ma Bandle Tale potrebbe essere l’ultimo azzardo di Riot Forge, un ramo di Riot Games dedicato allo sviluppo di giochi inerenti all’universo di League of Legends. Dopo la notizia dello scorso gennaio sui tagli del personale, il publisher chiude ufficialmente i battenti con uno storico di 6 giochi pubblicati e sviluppati da diversi e pregevoli studi di sviluppo indipendenti. Ognuno di essi offre un’esperienza diversa, da note più action come Mageseeker a ritmi più tranquilli come il protagonista di questa recensione, marcando il mercato con dei giochi di pregevole fattura (ma non di fatturato).
Sfortunatamente sono le poche vendite, sempre calanti dal primo gioco pubblicato Ruined King, a decretare la fine di questo percorso intrapreso da Riot Games. Le conseguenze nel settore si sentiranno, ma non è questo il luogo dove approfondire l’argomento.
Il gioco sviluppato da Lazy Bear Games, gli stessi di Punch Club e Graveyard Keeper, solleticava la nostra curiosità sin dall’inizio: la promessa era di esplorare le strade di Bandle City in un’avventura GDR. Il mondo degli Yordle è sempre stato poco affrontato nell’universo di League of Legends e per gli appassionati questa occasione poteva essere importante per scoprire di più sui buffi campioni del MOBA più giocato al mondo. Quello che ci troviamo tra le mani è un gioco interessante, capace di offrire qualche ora di divertimento, ma non lasciandoci nulla di particolare. Si trovano una cozzaglia di elementi presi da giochi simili, come Stardew Valley, raggruppati in un calderone e somministrati in maniera confusa e lenta al giocatore. Bandle Tale si può considerare un compitino ben fatto, senza però non andare oltre. Scopriamo il perché nella nostra recensione di Bandle Tale, A League of Legends Story.
Una storia intelligente (ma “che non si applica”)
Quello che ci lascia di più amareggiati di questo titolo è sicuramente l’occasione mancata di approfondire questioni di lore molto importanti per l’universo di League of Legends, a prescindere dalla qualità dell’avventura narrativa. Ma procediamo con ordine: Bandle Tale racconta di un “giovane” Yordle intrepretato dal giocatore che vive a Gomitopoli, un’isola “isolata” nel mondo degli Yordle dove si predilige il lavoro a maglia, un elemento fondamentale per le piccole creature magiche. Terminato l’apprendistato di 101 anni, il protagonista si affretta a esplorare Bandle City incappando in un’incidente che provoca il caos nel reame; i portali sono tutti colassati e sarà il protagonista con l’aiuto dei tanto amati campioni di League of Legends a sistemare le cose.
La trama ha uno svolgimento lento che segue il ritmo del gioco, peccando spesso di tempi prolissi tra una missione e l’altra verso la fine del gioco. Quello che invece abbiamo apprezzato è la caratterizzazione dei personaggi che circondano il protagonista che, nella loro semplicità e spesso infantilità, sono vivaci e intriganti da interagirci. Non è da meno il protagonista, che non rimane muto, anzi, forse parla troppo: reagisce alle interazioni con gli altri personaggi con comicità, non risultando anonimo come spesso accade ai protagonisti di giochi del genere.
I dialoghi sono il fulcro in Bandle Tale, ma dobbiamo riconoscere che si poteva riservare una maggiore cura sia alla scrittura dei dialoghi che degli stessi eventi, che entrambi cadono nella ripetitività. Inoltre riteniamo che la trama poteva concentrarsi su meno personaggi: ci sono troppi NPC con cui interagire che hanno una presenza a schermo di 5 minuti, ma che risultano fondamentali per le missioni. Questo fa sì che il gioco non permetta di affezionarsi alla maggior parte di questi, risultando così delle macchiette durante le nostre circa 40 ore di gioco. Spesso ci è capitato che abbiamo perso del tempo nel cercarli in quanto fondamentali per concludere le quest (ma non ricordandoceli non riuscivamo a trovarli).
Menzione d’onore va all’adattamento audio e scritto che è stato realizzato completamente in italiano. Vi sono spesso intermezzi tra una missione e l’altra con una cut scene doppiata. Anche se una piccolezza, lo abbiamo apprezzato.
“Grindare” o non “grindare”, questo è il dilemma
Onde evitare fraintendimento, il gameplay è molto simile a Stardew Valley con qualche aggiunta: GDR in visuale a telecamera fissa con ambientazioni prevalentemente rurali ove si può, in prossimità della propria abitazione, creare coltivazioni, cucinare, creare materiali per poi usarli o venderli; inoltre la materia prima si procaccia nel mondo di gioco in base alle proprie abilità e agli utensili.
Tutti gli elementi descritti precedentemente dipendono dalle abilità che si possono ottenere nell’apposita scheda del menu. Col progredire della trama si ottengono punti che permettono di sbloccare rami delle varie abilità e di conseguenza il protagonista impara a creare nuovi oggetti e raccogliere nuovi materiali.
La casa zaino è un elemento fondamentale del gioco perché sarà da li che porteremo vita a tutta Bandle City, dato che qualsiasi tipo di produzione avviene unicamente li. Oltre l’area interna ove sarà possibile craftare i materiali, l’area esterna sarà modulabile in base alle necessità: in base al tappetto, elementi che si otterranno col proseguire dell’avventura, potremmo dare una festa o creare un banchetto. Questi due tappetti, quelli più importanti per il gioco, sono delle sfide che Bandle Tale pone al giocatore tra crafting e minigiochi. Il problema sorge dopo la prima decina di ore di gioco dove tutto cade nella monotonia, anche se le cose da fare aumentano.
In giochi del genere, dove si utilizza molto del proprio tempo di gioco per craftare materiale, attrezzature e raccogliere risorse, un equilibro di progressione di gioco su questi tre elementi è fondamentale per godersi la propria avventura (cosa che non ritroviamo). Sin dall’inizio noi ci siamo imbattuti in situazioni dove noi avevamo grindato (dall’inglese “grinding” svolgere ripetitivamente e sistematicamente una determinata attività o compito all’interno di un gioco, generalmente allo scopo di ottenere ricompense) il minimo indispensabile, anche se per il gioco era ben oltre alla sufficienza per il completamento della missione. Questo comportava che per le prossime 3 o 4 missioni eravamo coperti con le task, trovandoci costretti a seguire unicamente i dialoghi e privandoci di quella sensazione di “soddisfazione” offerta dal post-grinding.
Il gameplay, inoltre, non riserva nessuna “spinta” di riconoscimento verso il merito del giocatore che vuole grindare e mettersi lì a creare la sua casa zaino ideale, vanificando così lo stesso concetto di “grinding”. Probabilmente gli sviluppatori hanno impostato un gioco molto calmo e hanno creato un pacchetto finito per il giocatore che non vuole osare, ma chi come noi gli piace unire tutti i vari elementi del gioco e divertirsi con tutte le sue sfaccettature, ne potrebbe rimanere deluso.
La recensione in breve
Bandle Tale: A League of Legends Story è l'ultima, forse in maniera definitiva, produzione di Riot Forge, il progetto che serviva a sfornare videogiochi sull'universo di League of Legends. Riteniamo che il gioco sviluppato da Lazy Bear Games sia molto piacevole e con una proposta ludica assolutamente ampia, ma il tutto viene fornito al videogiocatore in tempi molto lenti e poco consoni al genere. Il gioco potrebbe far storcere al naso al giocatore che cerca la soddisfazione nel grinding, che qua non vi è nessun riconoscimento, ma soprattutto la storia estremamente lineare e poco intrigante lascerà l'amaro in bocca ai fan di League of Legends. Apprezzabile il character design e i dialoghi, tutti completamente in italiano, ma ci si poteva dar più occhio sulla gestione degli NPC. Insomma, non esiste "due senza tre" perciò se avete apprezzato gli altri titoli del progetto Riot Games, una possibilità potreste pure dargliela.
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Voto Game-Experience.