Parlare della serie Atelier vuol dire fare un viaggio nel tempo fino al lontano 1997, anno di uscita di Atelier Marie: The Alchemist of Salsburg, percorrendo il trascorso da quella data a suon di episodi, in totale venticinque, capaci di spingere in avanti un franchise che, al netto delle endemiche evoluzioni tecnologiche, è stato sempre legato agli elementi che lo hanno contraddistinto sin dalla prima iterazione. Nell’anno domini 2025 è però giunto il momento per Koei Tecmo di fare un passo più lungo del solito, un passo capace di spingere ancora di più in avanti il franchise. Ed eccoci, dunque, a metter le mani su Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & The Envisioned Land, ventiseiesimo episodio della saga Atelier. Si tratta, per davvero, di un passo in avanti o siamo di fronte all’ennesima trovata di marketing? Delle due, assolutamente la prima. Ma scopriamone di più con la nostra recensione di Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & The Envisioned Land.
Innovare nel segno della tradizione
Quella di Atelier è una saga che si è sempre distinta, rispetto alla maggior parte degli J-RPG, per un comparto narrativo più “leggero”, incentrato principalmente sulla fase di formazione della alchimista di turno, e sulle peripezie necessarie per aprire il proprio Atelier alchemico. L’esplorazione, tout-court ed ambientale, unita al reperimento degli ingredienti per le “ricette alchemiche” hanno da sempre rappresentato il cuore del gameplay, inframmezzato da frequenti, ma di dubbia utilità, combattimenti.
Ebbene, dopo venticinque episodi, spalmati in ben ventotto anni di “vita videoludica” i ragazzi di Koei Tecmo hanno deciso di dare un imprinting differente ad un franchise che, pur nella sua nicchia, è riuscito a costruire una fanbase di tutto rispetto. Partendo dunque dalle sopraccitate basi, che vedranno la nostra Yumia affrontare l’ennesimo “romanzo di formazione” al fine di diventare una alchimista affermata, ci troveremo ad immergerci in una storia ben più cupa di quelle cui il franchise ci ha storicamente abituato.
L’intenzione dei ragazzi di Koei Tecmo è stata infatti quella di creare, nemmeno troppo velatamente, le basi per iniziare un nuovo corso e dar vita, così, alla nuova generazione di giochi Atelier, spostando, seppur solo parzialmente, il focus in ambiti prima occupati da saghe come The Legend of Heroes.
Un nuovo inizio
Ed eccoci, dunque, nel bel mezzo dell’Impero Aladissiano, un regno un tempo florido, che legò, a doppio filo, la sua evoluzione a quella delle arti alchemiche, raggiungendo picchi evolutivi maggiori di quelli dei regni confinanti, appunto grazie all’Alchimia. Tutto ciò giunse repentinamente a termine a causa di un misterioso cataclisma, che andò a sovvertire tutti gli equilibri fino ad allora raggiunti, lasciando la popolazione tutta con la convinzione che questo castigo divino giungesse per punire regnanti e sudditi per la loro tracotanza a causa dell’abuso dell’alchimia.
In un mondo che guarda, dunque, con sospetto a qualsiasi rigurgito alchemico, Yumia Liessfeldt, ultima discendente di una lunga stirpe di alchimisti, inizia il suo percorso iniziatico nell’ambito dell’alchimia, provando, contestualmente, a far luce su quanto successe all’impero Aladissiano. Intraprendere la via dell’alchimia per indagare su di essa, scortata da dei sorveglianti speciali che impediscano la ciclica riproposizione di quanto visto secoli prima: l’alchimia, del resto, se usata nel modo giusto non può essere pericolosa, o almeno questo è quello che si crede.
Prende così il via una peregrinazione che porterà Yumia ai confini dell’Impero Aladissiano, alla scoperta di sé stessa e, contestualmente, dei motivi che portarono alla caduta dell’impero ed alla messa al bando dell’alchimia. Come si evince da queste poche righe, la trama è tutt’altro che leggera, avendo subito un twist abbastanza oscuro. In aggiunta a ciò, pur non volendo incedere nella narrazione, per non incorrere in spoiler, ci troveremo a fronteggiare dei nemici a tutto tondo, dei main villain, un evento più unico che raro per la serie Atelier.
Alchimia (ma non solo) mon amour
Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land affonda le sue radici nel passato del franchise, inserendo all’interno di un sistema di gioco ultrarodato, una serie di novità e di aggiustamenti di quality of life capaci di spostare notevolmente in avanti il livello dell’esperienza di gioco, così come la conosciamo, del franchise. Ogni singolo elemento, che si parli di esplorazione ambientale, sistema di sintesi alchemica o, più semplicemente, il combattimento, è stato riprogettato dalle fondamenta al fine di fornire una esperienza tanto radicata nella tradizione quanto, al contempo, proiettata verso il futuro della serie.
Il mondo di gioco, ad esempio, non è più composto da macroaree, risultando invece modellato sulla fatta di un simil open world, al fine di non interrompere, con innumerevoli transizioni, il ritmo di gioco. Alla stessa maniera il combat system, pur mutuato direttamente dai precedenti episodi, è ora ben più dinamico e diversificato. Potremo infatti scegliere se ingaggiare i nemici da vicino, dovendo badare a schivare gli attacchi posizionandoci al di fuori della zona target o se attaccarli da lontano mediante arti magiche o armi a distanza. Ci troviamo dunque di fronte ad un combat system ibrido che, pur legato a doppio filo alla classica gestione a turni, implementa dinamiche di attacco in tempo reale, al fine di una reazione più dinamica alle situazioni di gioco contingenti. Anche in questo caso, pur se semplificato rispetto alla saga made in NIS AMERICA, è evidente l’influenza di The Legend of Heroes.
Che si parli, poi, di esplorazione, combattimento o del processo di sintesi alchemica, in Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & The Envisioned Land, il mana ricopre un ruolo fondamentale, risultando al centro di qualsivoglia attività. Yumia, in quanto ultima discendente di una stirpe di alchemisti, ha infatti la capacità di poter immagazinare mana, di manipolarlo e di incanalarlo tanto nella sintesi di prodotti alchemici quanto nell’evocazione di creature a lei asservite.
Il processo di sintesi, che si parli di sintesi standard o semplificata, è quello che ha subito il maggior rimodernamento. Dopo aver attivato, infatti, gli Alchemy Cores sarà necessario inserire ingredienti specifici negli appositi slot alchemici, al fine di massimizzare il livello della produzione alchemica mediante la generazione di aree di risonanza. Maggiore sarà l’idoneità degli ingredienti usati, più ampia sarà l’area di risonanza risultante, migliore sarà il risultato alchemico finale. Nota di colore, in aggiunta a tutto ciò, la possibilità di costruire ed arredare da zero il proprio Atelier alchemico.
Proiettati verso il futuro
Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land si presenta in una veste grafica rinnovata rispetto alle passate iterazioni del franchise. Tanto i modelli poligonali dei protagonisti, quanto quelli del mondo di gioco risultano più dettagliati, soprattutto riguardo le espressioni facciali. La palette cromatica di Atelier Yumia risulta ben più dark di quanto visto fin’ora nel franchise: pur non perdendo la caratteristica spensieratezza grafica dei predecessori, è innegabile il ricorso a personaggi e a tinte cromatiche più seriose e “oscure”, a sottolineare anche visivamente il cambiamento imposto al comparto narrativo di questo episodio.
La versione da me provata, ho giocato Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land su Xbox Series X, presta il fianco a leggerissimi rallentamenti in modalità qualità, scorrendo fluidamente, invece in modalità prestazioni, restituendo in ambo i casi un gradevolissimo colpo d’occhio.
Il comparto audio alterna alti e bassi. L’ost del gioco, in tipica tradizione Atelier, ci accompagna senza sbavature per tutto il playthrough, svolgendo peculiarmente il suo compito. Si ravvisa invece, per quanto si sapesse, la mancanza tanto della localizzazione testuale in italiano, nonostante l’aggiunta di un buon numero di idiomi, e la presenza del solo audio giapponese. La mancanza di una traccia in inglese mi ha costretto più volte ad abbassare (finendo poi per disattivarlo tout-court) il comparto audio giapponese, a volte stridulo e fastidioso (ma capisco che questo possa essere un gusto strettamente personale). Peccato, invece, per la mancanza della localizzazione testuale italiana, fondamentale, a mio avviso, in un gioco peculiarmente narrativo come questo episodio della saga Atelier.
La recensione in breve
Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land è un gradevole balzo verso il futuro della saga. Dismettendo i toni melensi tipici del franchise e proiettando la narrazione in una direzione più matura, Koei Tecmo ci presenta un prodotto godibile, fresco e rinnovato, si perfezionabile ma che rappresenterà la base per un nuovo inizio del franchise Atelier, viste anche le molteplici novità in ambito gameplay introdotte in questa iterazione.
-
Voto Game-Experience