Giocare ad Assassin’s Creed ormai è un pò come quelle gare di eco in montagna: un sentire cose che si ripetono e assomigliano ad un’altra. La saga di Ubisoft difatti si è rilanciata in una formula ludica molto più generica rispetto i suoi presupposti iniziali. Una svolta open world che ha omesso di irrobustire la componente stealth che doveva essere il tratto distintivo della serie e la caratteristica principale del clan degli Assassini. Da Origins in poi si sarebbe potuto costruire qualcosa di più ambizioso e originale, creando un titolo in grado di rivaleggiare in campo stealth per profondità e ampiezza con Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, ma in chiave storica e non shooter, nonchè di anticipare Ghost of Tsushima. Invece ogni componente degli ultimi Assassin’s Creed, incluso Valhalla, si rifà in modo estremamente derivativo al genere action RPG, senza introdurre meccaniche originali e riciclando idee già abbondantemente sfruttate, creando un eco di altri giochi e di sé stesso: trovate tutti i dettagli nella recensione di Assassin’s Creed Valhalla.
Accontentando gli utenti che la chiedevano da parecchi anni, ecco l’ambientazione norrena con protagonista il vichingo Eivor, il quale sogna la gloria dei guerrieri alla corte di Odino nel Valhalla narrato dalle canzoni. E per raggiungere questo scopo dovrà dedicarsi a razzie e invasioni, allontanandosi dall’innevata Norvegia per attaccare l’Inghilterra, riproponendo quella serie di situazioni e battaglie emblematiche dei brutali combattenti del Nord.
L’open world presenta esattamente gli stessi pregi e difetti di tutti i titoli Ubisoft da ormai un decennio. Si tratta di mappe e città create con un grande gusto estetico e precisione urbanistica e architettonica, ma riempite in modo blando se non vuote per larga parte. In parecchi punti il giocatore avrà materiale da fotografare, in una cartolina virtuale con uno scorcio paesaggistico suggestivo, ma quanto a trovarvi cose interessanti da fare o PNG che popolino un luogo dando un’idea di ambiente reale, è un’altro discorso. La stessa ampiezza finisce per diventare fine a sè stessa: qualora non si usi lo spostamento rapido, i viaggi evidenziano le estensioni di un mondo ben più grande di quanto serva ai fini ludici, lasciando il dubbio se essere open world ad un certo punto sia proprio necessario e se piuttosto non sia meglio implementare delle maxi aree, ma meglio riempite e con attività e comprimari più coinvolgenti. Anche Ravensthorpe, la base di Eivor, espandibile e potenziabile con le proprie scorribande, altro non è che la Monteriggioni di Ezio o la tenuta di Connor a Boston, riproposta in terra norrena. Per il resto, per quanto siano presenti parecchie cose da fare, molte rientrano rigidamente nella “formula Ubisoft” fatta di open world riempiti spesso in modo pretestuoso o in larga parte vuoti, seppure qui sia stato aggiunto un minimo di substrato ai compiti minori. Molte missioni secondarie infatti hanno qualche linea di dialogo e una mini storia per cercare di renderle più coinvolgenti, ma spesso sono scritte male e tratteggiate al limite del ridicolo, senza ben intendere se la cosa sia voluta o meno.
Il sistema di combattimento non offre nulla di particolare, risultando per molte ore poco profondo e senza meccaniche di lotta capaci di dare una sua identità ad Assassin’s Creed Valhalla. La possibilità di equipaggiare un oggetto per mano, spaziando tra armi e scudi, cambia di poco le cose, così come la barra della resistenza, che vorrebbe imitare il rigore di un soulslike ma annacquando anche questo in un sistema blando e generico. Dopo molte ore si arriva ad un insieme abbastanza godibile, ma bisogna avvicinarsi a metà gioco circa prima di avere a disposizione una rosa di azioni sufficientemente corposa. E in ogni caso il tutto rimane pur sempre gestito senza guizzi creativi e in modo grossolano (tipo una parry praticamente automatica). L’elemento stealth resta marginale e appare incrementato in Assassin’s Creed Valhalla solo perché trascurato troppo in Odissey. Nell’economia generale del gioco tale meccanica ha un’utilità molto limitata (tolte alcune occasioni in cui usarla in modo determinante per dare il via ad un’assedio) e non appagherà chi ne desiderava una maggiore presenza.
Non manca l’albero di crescita, inutilmente pieno di ramificazioni che spesso consistono in bonus insignificanti e per nulla appaganti come “+2,6% all’attacco con armi a distanza” e via così, con tante voci inserite solo per dissimulare un banale accumulo punti come progressione del protagonista. Una buona parte della rosa di mosse va sbloccata anche reperendo dei libri. Ciò dà più senso all’esplorazione, ma contribuisce a lasciare inaccessibili per larga parte del gioco parecchie azioni fondamentali per dare varietà e consistenza al sistema di combattimento. Nel complesso la giocabilità non è negativa, ma risulta assolutamente piatta, quel tipo di senza infamia e senza lode che sovente pesa più di un tentativo che pur avendo qualche difetto, risulta però originale e stuzzicante.
La componente ruolistica di Assassin’s Creed Valhalla propone un trittico di risposte stringatissime alla Mass Effect, che dovrebbero caratterizzare il personaggio, il quale però è delinato meglio dai momenti decisi dagli autori. Più coinvolgenti le scelte relative alle missioni, che modificano l’andamento di alcune missioni di conquista e i rapporti tra i personaggi. La narrazione raggiunge il suo meglio nel dipanare le piccole trame che uniscono una missione all’altra, creando uno scenario nel complesso gradevole nel trattare l’ambientazione storica (la quale però rimane sempre romanzata in modo molto libero e per renderla pittoresca). Ogni capitolo è dunque una minisaga, che a sua volta fa parte di un’epopea. Non mancano però i cliché che ormai sono tipici dell’abusata “trama da gioco Ubisoft”, ritrovando anche questa volta un personaggio spinto all’avventura dal desiderio di vendicare un lutto (come in Watch Dogs o gli Assassin’s Creed 2, 3 e Origins e così via). Così come altri risvolti che, per quanto siano “citofonati” al limite dell’autoevidenza, non verranno elencati qui per non fare anticipazioni (per quanto anch’essi siano ripresi da un’altra produzione Ubisoft). Il comparto tecnico è fiacco su console di attuale generazione: le texture sono spesso poco definite e impastate, c’è tearing in abbondanza, le animazioni dei personaggi non giocabili lasciano a desiderare e l’intelligenza artificiale è molto carente. Inoltre la frequenza di fotogrammi si concede il lusso di scendere sotto i 30 al secondo e una serie di bug e glitch che ormai, anch’essi, fanno tristemente pare di quel tipo di “esperienza Ubisoft” ormai ben nota.
Versione testata: Xbox One S
Versioni disponibili: Xbox One, Xbox Series X|S, PlayStation 4, PlayStation 5, Google Stadia, PC
https://it.wikipedia.org/wiki/Assassin%27s_Creed:_Valhalla
Valhalla non è un brutto titolo e l'ambientazione storica è sempre suggestiva, ma conferma una tendenza di parte dell'industria a proporre prodotti serializzati, volutamente generici e derivativi nel loro essere omologati per non dispiacere a nessuno, ma al tempo stesso senza esaltare nessun aspetto peculiare. Una specie di panino Mcdonalds videoludico dal sapore di plastica digitale. A questo si aggiunge un comparto tecnico molto carente e flagellato da una serie di problemi ormai talmente frequenti nelle produzioni Ubisoft da non poter essere minimizzati al fine del giudizio complessivo.
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Voto Game-Experience