Zone of the Enders è un prodotto che fa parte del periodo migliore di Konami, in cui per Hideo Kojima non era utopia l’ipotesi di svincolarsi da Metal Gear Solid per lavorare a qualcos’altro. In una di queste fugaci scappatelle fuori dal recinto degli stealth, il nostro ha fatto da produttore per la serie con cui ha reinterpretato i giochi di mech. Il risultato è stato talmente buono da lasciare il segno con soli due capitoli. In assenza del un terzo (chiesto da anni dai fan) Konami però fa un timido passo in avanti, riproponendo il secondo in realtà virtuale, per meglio enfatizzarne le spettacolari battaglie con i robot.
Jehuty e Anubis
Iniziamo specificando che Zone of the Enders 2: Mars è giocabile anche senza il Playstation VR, un conversione in alta definizione dell’originale che può vantare una grafica riadattata alla risoluzione 4K e dei riarrangiamenti delle musiche. In modalità normale ZOE2 rimane un titolo molto coinvolgente, frenetico e spettacolare da giocare e può essere un interessante recupero per chi non lo abbia provato al tempo o nella raccolta HD pubblicata su Playstation3 e Xbox360 nella scorsa generazione di console. In fondo stiamo parlando di uno dei migliori esponenti di sempre della sua categoria e la sua narrativa inoltre è ancora efficace, tramite dei filmati realizzati come un vero e proprio anime (e di cui ci fu infatti anche in un film di animazione e una serie). Ma avendone già parlato sulle pagine di Game-experience durante una titanica retrospettiva sui giochi di mechwarrior e robot (qui le puntate UNO, DUE e TRE), meglio tagliare le presentazioni e concentrarci su come rende il tutto una volta calatoci il visore sul capo.
Il primo impatto è ambivalente, in quanto si va a perdere una parte della pulizia dei poligoni.
Nonostante sia endemico che un gioco subisca un lieve ridimensionamento estetico per non perdere in fluidità con l’attivazione della realtà virtuale, è anche vero che ZOE2 si basa su di un motore grafico di due generazioni indietro. Se guardiamo all’alto livello qualitativo che parecchi titoli indie (per non parlare di quelli di punta) ormai riescono a garantire con scioltezza per questa tecnologia, viene il dubbio che Konami non abbia voluto sforzarsi troppo e il prezzo ridotto a cui sarà venduto non toglie che si sarebbe potuto fare di meglio.
La resa migliora significativamente durante le sequenze di intermezzo, le quali appaiono molto più pulite ed evidenziano un lavoro di cel-shading moderato ma sapiente, che fu già impiegato per addolcire il passaggio dalla bassa all’alta risoluzione ai tempi della raccolta HD. I filmati anime invece mantengono la stessa freschezza, lasciando l’impressione di assistere ad una produzione persino recente.
Il secondo pilota
In termini di spettacolarità però ZOE Mars ritrova un’efficacia simile a quella dell’originale. La fluidità è decisamente buona, anche nelle fasi più concitate e zeppe di nemici, garantendo una velocità costante che allontana il rischio di solleticare la nausea da movimento. Considerando che l’azione e la velocità negli scontri aerei dei mech sono elemento chiave nella giocabilità di ZOE, aver prestato più attenzione in questo frangente si rivela la scelta più sensata e importante per garantire un’esperienza di qualità. La visuale è ovviamente in prima persona, dato che si ha l’impressione di trovarsi dentro la cabina di pilotaggio posta sotto l’addome del robot antropomorfo. All’interno è presente un piccolo ologramma che mostra quale azione sta svolgendo Jehuty, permettendo di aver una conferma istantanea dello stato del mech. Un utile espediente che aiuta a mantenere uno sguardo d’insieme più accurato, dato che stavolta non si assiste con una panoramica in
terza persona, ma vi si è coinvolti da dentro.
Il modello 3D però esegue alla perfezione qualsiasi nostro comando e qualora non si sia troppo impegnati a seguire i nemici ci si può anche prendere qualche secondo per sbirciare fuori dall’abitacolo per averne conferma. Comandando il lancio di una sfera laser, basterà volgere lo sguardo verso il cielo e vedere il braccio di Jehuty alzarsi, caricare l’energia e poi scagliare la bolla nella direzione indicata.
Gli attacchi in sequenza con la spada invece diventano azioni automatizzate più confuse e caotiche, ma nell’insieme questo sembra essere l’unico aspetto che non è stato possibile far calzare in chiave VR con la stessa efficacia del resto, dato che nel corso della demo tutte le altre azioni effettuabili hanno confermato un buon adattamento di Zone of the Enders alla realtà virtuale.