La recente beta ristretta di Black Ops 4 ha permesso di provare più approfonditamente quello che potrebbe essere un vero punto di svolta per la serie, non tanto per l’assenza di una campagna per giocatore singolo, ma per la reinterpretazione del suo multigiocatore. E circa quest’ultimo il motivo non è la modalità battle royale, quanto l’introduzione di meccaniche legate alle classi e alle squadre che possono davvero far maturare la giocabilità.
“War has changed” – Solid Snake
Una delle critiche più frequenti da parte degli appassionati di FPS a Call of Duty riguarda il clima che si viene a creare durante le partite, in cui molti giocatori forse sin troppo casual finiscono per lanciarsi in battaglia correndo alla rinfusa senza neanche curarsi di cosa stia facendo il resto della squadra o addirittura se si stia giocando in Deadmatch a Squadre o Dominio (due modalità che richiedono stili di gioco completamente diversi. Non dovremmo neanche specificarlo…..eppure).
Con Black Ops IV Treyarch sembra aver trovato la giusta soluzione per rinnovare la giocabilità della serie, mantenendo però quella tematicità che il pubblico si aspetta da essa. La svolta futuristica aveva si introdotto elementi innovativi, ma l’ambientazione sci-fi non era stata ritenuta consona al tema realistico attraverso cui Call of Duty declina il genere sparatutto. Questo capitolo invece si svolge in uno scenario contemporaneo che appare realistico, nonostante i nostri specialisti dispongano comunque di alcuni accessori tecnologici più tipici di James Bond che delle forze armate.
Invariata la gestione dell’equipaggiamento, il quale può essere personalizzato in varie formule predefinite secondo il consueto “Pick-10”, che assegna un valore ad ogni arma o accessorio, impedendo di sforare i 10 punti e mantenendo ogni assetto bilanciato per evitare combinazioni troppo forti. Gli operatori ora però hanno un ruolo molto più definito e ricalcato su compiti specifici, al punto che li si può accomunare a delle vere e proprie classi, al pari di come avviene in Battlefield o Killzone, ma talvolta iperspecializzati al punto da sembrare un eroe di Overwatch. Tuttavia queste peculiarità sono leggermente meno tipiche oppure sono state reinterpretate in modo da calzare meglio le esigenze di gioco di Call of Duty.
Gli specialisti e la squadra
Il medico Crash non dispone di un’abilità con cui rianimare i caduti, ma conferisce un boost alla vita, alzandone il massimale per tutta la squadra. Il Torque invece può recintare una zona con del filo spinato, oppure piazzare una barricata per bloccare completamente l’ingresso ai nemici, confermandosi utile per difendere le basi.
Ajax invece è un “tank”, ovvero un soldato armato di scudo mobile, il quale può diventare perfetto per scortare qualcuno con una bandiera o coprire chi sta conquistando una zona con più flessibilità rispetto al Torque. Restano più classici Battery e Ruin, che dispongono di un lanciagranate e di un rampino.
Alcuni specialisti però sono stati importati da Black Ops III, dovendo scremare gli spunti sci-fi che li caratterizzavano. Pertanto, pur rivedendo alcuni volti noti, le loro abilità sono cambiate e in alcuni casi stravolgendoli, per consentirne una rivisitazione in chiave realistica.
Firebreak ritorna intonso, potendo contare ancora sul suo lanciafiamme, mentre Prophet non dispone della sua abilità fantascientifica per rigiocare un’azione, riciclandosi nel fuoco di supporto, basato su fucili-taser e granate elettriche a ricerca, per stordire i nemici. Seraph ora è deputata a piazzare le torrette per creare nuovi punti di rientro sulla mappa per gli alleati. Ruin mantiene il suo schianto gravitazionale, notevolmente ampliato nel raggio d’azione. Alcuni ruoli potrebbero essere più utili a seconda della situazione, perdendo parte del cosiddetto “raw power”, in favore di una maggior beneficio verso la squadra. Seraph infatti è indispensabile nelle modalità obiettivo per facilitare una conquista, mentre Prophet potrebbe semplificare molto la vita ai compagni contro i nemici barricati.
L’incisività dei soldati diventa quindi circostanziale in base alla modalità, oppure alla composizione della propria squadra. L’idea che ciò sia voluto è rinforzata da due cose: la prima è l’impossibilità di scegliere doppioni, proprio per invogliare ad imparare l’utilizzo anche di altre classi e dare il proprio apporto al gruppo, il secondo invece è la rimozione del RUM (rapporto-uccisioni-morti) per come lo conoscevamo. Questo valore indica normalmente quante uccisioni abbiamo fatto in una partita e quante volte siamo stati abbattuti. Una piccola fissazione dei giocatori più competitivi è quella di vantarsi del proprio rapporto U/M, anche al punto da portare ai famosi cani sciolti di cui sopra, ovvero quei giocatori che ignorano completamente la squadra per accumulare più punti personali.
Adesso questo valore è cambiato, includendo anche l’assistenza uccisione al pari di un’uccisione vera e propria, e vanificando quindi la rilevanza di un valore fine a sé stesso, che sovente portava a giocare in modi persino dannosi.
Qualche dubbio da fugare
Nel corso di questa prova però sono emersi anche dei dubbi, alcuni dei quali facilmente saranno transitori e potranno essere aggiustati nei tre mesi che ci separano dalla pubblicazione del gioco completo. Il primo è il bilanciamento delle armi. Attualmente il tempo di abbattimento (il cosidetto TTK, Time To Kill) è sensibilmente aumentato. Da un lato ciò è positivo, in quanto in alcuni capitoli questo era decisamente troppo basso, portando ai consueti scambi di uccisioni che appiattivano le possibilità offerte in un “nulla di fatto”, senza lasciare spazio di recupero ai giocatori. Dall’altro si può però notare come alcune armi riescano a svuotare i 150 punti vita di ciascun soldato in modo forse esageratamente più rapido, al punto da porre qualche dubbio sui valori dei danni o sulla potenza di alcuni perk (tipo quelli che aumentano il rateo di fuoco).
Rimane comunque un qualcosa che andrebbe valutato sulla versione finale, la quale facilmente sarà molto diversa rispetto alla beta, proprio grazie alle referenze che verranno fornite dal pubblico sulla base di queste prime prove.
L’altro aspetto è invece legato alla velocità e al ritmo di gioco, influenzato specialmente dalla conformazione delle mappe, alcune delle quali appaiono assai compresse, al punto da favorire un ciclare dei personaggi da una stanza all’altra in modo estremamente rapido. Un effetto simile a quello visto su Infinite Warfare, dove spesso si finiva per essere colpiti alle spalle a pochi secondi dal rientro o dove la frammentazione delle sparatorie sulla mappa diventava sin troppo frenetica e confusionaria. La conformazione delle aree presentate ora, inoltre pare penalizzare davvero molto i cecchini, dato che le brevi distanze sono spesso coperte già solo dalla gittata di un normale fucile di assalto. Da un lato ciò può rassicurare sull’assenza di appostati (i camper), dall’altra rende rende meno rilevante un’intera gamma di armi, qualora non si faccia affidamento sull’infame tecnica del quick-scope.
In conclusione Black Ops IV sembra voler spingere persino nei minimi dettagli il suo pubblico medio a fare un salto di qualità e provare una formula più competitiva e matura nell’approcciarsi al genere FPS. Un’impostazione sicuramente più complessa, ma anche capace di regalare azioni più spettacolari ed entusiasmanti, qualora gli utenti siano disposti ad impegnarsi anche solo un pizzico di più rispetto al passato. Il ritmo delle partite però appare davvero molto incalzante, puntando a velocizzarsi in modo forse esagerato rispetto ai precedenti. Ci sono però delle ottime basi per cambiare alcuni aspetti di Call of Duty, in quanto l’impostazione generale basata sulle classi e sulla squadra, crea effettivamente un modo più ragionato di intendere la serie, in grado di gratificare un’utenza più esigente.