Chi si ricorda di WWF No Mercy, videogioco sviluppato da AKI Corporation e pubblicato da THQ per Nintendo 64 nel 2000? Assieme a Virtual Pro Wrestling 2 e a WWE SmackDown! Here Comes the Pain, è tutt’oggi tra i titoli dedicati al wrestling più amati al mondo. Si parla di tempi lontani, poco più o poco meno di vent’anni fa, caratterizzati da un approccio molto più casual ai giochi sportivi. Oggi l’eterna WWE affida la licenza a 2K, i cui titoli non sembrano soddisfare i nostalgici di tali esperienze – con i giocatori da PC che non apprezzano WWE 2K23 nella versione old gen. AEW, federazione fondata nel 2018, ha cercato di colmare questo vuoto con l’aiuto di Yuke’s, la medesima casa di sviluppo di Here Comes the Pain.
Il prodotto del duro lavoro per conto di AEW Games è finalmente realtà, ma riesce a riempire il buco lasciato dalle icone del genere? Scopriamolo nella recensione di AEW: Fight Forever.
AEW e la Nostalgia canaglia
Sin dai primi accenni di sviluppo di AEW: Fight Forever il pubblico ha compreso immediatamente l’obiettivo di Yuke’s ed AEW Games: riproporre a distanza di decenni un gioco non caratterizzato da grafiche monumentali o gameplay macchinosi fatti di combo articolate. Gli stessi sviluppatori lo hanno ammesso: il progetto inedito si sarebbe ispirato a WWF No Mercy per N64, dalle meccaniche decisamente distanti rispetto alla proposta targata 2K.
La nostalgia, canaglia come è, ha guidato dal principio la realizzazione burrascosa del primo wrestling game dedicato alla federazione fondata da Tony Khan, Kenny Omega, Matt Jackson e Nick Jackson (fratelli altrimenti noti sul ring come The Young Bucks). La chiave di lettura di AEW: Fight Forever è dunque la seguente: ritornare con la mente ai tempi in cui bastava poco per divertirsi, tra il proprio wrestler preferito – le cui abilità atletiche in Italia venivano raccontate da Giacomo “Ciccio” Valenti – e sedie da lanciarsi, dandosi mazzate come si deve sul ring.
Ve lo chiariamo subito: se siete giocatori accaniti della serie WWE 2K, forse AEW: Fight Forever non fa per voi, e di seguito vi spiegheremo i perché. Se invece vi mancano i vecchi tempi del wrestling su PlayStation e Nintendo 64, questo è pane per i vostri denti, con i suoi pro e i suoi contro.
Puro intrattenimento old-school
Già al primo avvio del gioco, dalla visualizzazione dei menu e dei wrestler a disposizione, ci si accorge del distacco netto dall’estetica più realistica proposta da 2K. Il motore proprietario utilizzato da Visual Concepts, nota anche per la serie NBA 2K, offre ambienti e personaggi molto vicini al loro aspetto dal vivo, e ciò forse rende ancora più evidenti i difetti di alcune animazioni e di certi dettagli di viso, vestiti e oggetti che circondano il ring, che comunque per fortuna non sono così numerosi.
AEW: Fight Forever segue il percorso opposto, lanciandosi in un’operazione “amarcord” e riportando i giocatori ai tempi di PlayStation 2 e Nintendo 64. Ne consegue che lo stile dei personaggi può apparire banale e datato, ovvero sinonimo di pigrizia e mancanza di cura. Per certi aspetti è un giudizio corretto: i costumi e i volti dei wrestler in determinate circostanze appaiono scadenti e tutt’altro che naturali, il che può far storcere il naso a non pochi appassionati. In fondo, vedere Chris Jericho muovere la mascella in maniera anomala non è piacevole.
Ciononostante, si tratta di una follia coerente con il design cartoonesco degli atleti e artisti che deliziano il pubblico sul ring, scelta appositamente da Yuke’s proprio in virtù del tributo alla vecchia scuola, alle origini dei giochi di wrestling. Oltre all’estetica, a dimostrarlo è il gameplay stesso: pad alla mano, i neofiti potranno affidarsi alla sempreverde tecnica “premi quello che capita” per comprendere gradualmente il pattern di attacchi e lo stile differente di ciascun wrestler. Ebbene sì, poiché nonostante la disponibilità di pugni e calci standardizzati, ovvero condivisi in un moveset generale per ogni lottatore, basta poco per accedere a mosse uniche e sorprendere l’avversario, che si tratti della CPU o di un giocatore vero in multiplayer.
L’essenzialità del gameplay è palese e determina l’accessibilità di AEW: Fight Forever, molto più veloce rispetto a WWE 2K e, dunque, possibilmente preferibile agli occhi di chi non apprezza il realismo di quest’ultimo. Il suo vantaggio, però, si trova nella quantità di match differenti selezionabili dal giocatore. Mentre su WWE 2K l’esperienza da booker è estremamente variegata, tra match Tornado, Handicap e molteplici altre opzioni, Yuke’s ha reso disponibili molte meno combinazioni (tra cui il fantasmagorico Exploding Barbed Wire Deathmatch) per di più con solamente quattro wrestler sul ring, cosicché una partita multigiocatore possa limitarsi al numero classico di quattro giocatori. In questo caso, l’approccio old-school si dimostra poco efficace.
Una carriera del tutto AEW
La carriera in AEW, definita anche “Road to Elite”, è peculiare a dir poco. Una volta scelto uno tra i wrestler del soddisfacente roster di All Elite Wrestling (che però pecca di personaggi essenziali presenti soltanto nella Elite Edition, come Dax Harwood e Cash Wheeler), veniamo lanciati nell’avventura più autentica di un atleta nella federazione, seguendo una storia concepita appositamente per il videogioco. Dopo la sfida della Casino Battle Royale, il nostro alter ego deve salire nell’olimpo dei wrestler di AEW una sfida dopo l’altra, girovagando per gli Stati Uniti tra match Tag Team, scontri singoli e diatribe all’ultimo sangue.
Ogni mese bisogna regolarsi nelle attività tra sessioni di allenamento, pranzi e cene nei ristoranti delle città visitate, interviste, minigiochi con l’Elite (composta da Kenny Omega, Matt Jackson e Nick Jackson) e match tra gli show principali AEW Dynamite ed AEW Dark. Gli incontri con altri wrestler determineranno il proseguo della nostra carriera: a seconda del loro risultato affronteremo storyline differenti, il che garantisce una sorprendente rigiocabilità nel tentativo di esplorare tutte le diramazioni offerte da Yuke’s.
Sfortunatamente, certe cutscene specifiche della Road to Elite e numerosi dialoghi con altri personaggi del roster risultano banali e provenienti dall’era PlayStation 2. Il doppiaggio è debole e la scrittura a volte è inconsistente, tra battute spassose e frasi asettiche, del tutto superflue. Qui non si tratta dell’ennesimo tributo a No Mercy, dove esisteva una modalità “Championship” molto simile, ma della carenza di cura a ciò che definisce la vita da wrestler dietro le quinte e sul palcoscenico quadrato. Una storia scritta con più attenzione ai dettagli avrebbe garantito una maggiore freschezza alla carriera, e non è l’unico elemento che fa puntare il dito contro gli sviluppatori.
Goffo e rapido, forse troppo
L’altalena di pregi e difetti si fa notare in ogni angolo di AEW: Fight Forever. Ad esempio, l’immediatezza con cui si apprendono i controlli viene contrastata dalla velocità con cui un match può finire: durante la recensione siamo giunti persino a meno di un minuto per scontro in modalità Normale e circa tre minuti in modalità Difficile. Insomma, la sfida offerta non è un piatto capace di saziare l’appetito. Anzi, la prima reazione è: “Tutto qua?”.
Come già citato, il design cartoon fa sorridere e caratterizza AEW: Fight Forever, ma le animazioni molto spesso sono imperfette o eccessivamente elementari. Per non parlare dei minigiochi, che spezzano gradevolmente il ritmo della dimensione picchiaduro e non stonano con il carattere del gioco, ma fanno riferimento a un target sotto i 16 anni – età minima consigliata per addentrarsi nel mondo della AEW e comprenderlo in tutte le sue sfumature – e, specialmente nel caso del quiz, riguardano chicche che esclusivamente i veri fan della federazione apprezzeranno.
Definire questo gioco “poco divertente”, tuttavia, è sbagliato. Ogni combattimento sul ring può nascondere sorprese e lascia al giocatore la libertà di sbizzarrirsi tra mosse e approcci differenti, specialmente quando si provano delle Fatal 4-Way o una caotica Casino Battle Royale. A oggi, AEW: Fight Forever è indiscutibilmente il videogioco più vicino a WWF No Mercy, eredita i suoi stessi problemi – che potevano essere leggermente limati per risultare meno visibili – e le medesime caratteristiche chiave che lo distinguono da altri wrestling game. La sua bellezza si farà notare nel multiplayer online e in quello locale a schermo condiviso, modalità che richiameranno le lontane memorie dei wrestling game ai quali Yuke’s si è ispirata, forte anche della sua esperienza passata.
La recensione in breve
AEW: Fight Forever si ispira alla vecchia formula di WWF No Mercy per Nintendo 64 e la ripropone in una salsa più moderna, nel bene e nel male, colmando un vuoto importante nel suo segmento: la necessità di un’esperienza più casual e approcciabile. Lo stile apparirà inevitabilmente datato e di scarsa qualità agli occhi di chi è abituato ai più realistici episodi annuali della serie WWE 2K. Al contrario, risulterà un tributo goffo, spesso esilarante e generalmente ben realizzato agli iconici titoli di wrestling del passato. Il titolo firmato Yuke’s offre molta personalizzazione ma poche tipologie di match. Interessante la carriera, ben distinta da ciò che i rivali di casa 2K offrono, ma scritta con poca attenzione. Sul comparto grafico si poteva fare un lavoro più curato: per quanto caratteristico, a volte sembra insufficiente. AEW: Fight Forever è in definitiva un successo, anche se non per tutti, e che avrebbe beneficiato di una marcia in più.
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Voto Game-Experience