Di Advance Wars, prodotto da Intelligent System per Game Boy Advance quindici anni prima di Advance Wars 1+2: Re-Boot Camp, ho un ricordo vivido, legato alla rivista ufficiale Nintendo. In calce a ogni volume c’era sempre una top 10 mensile dei migliori giochi rilasciati per le varie piattaforme Nintendo, basata sulle recensioni della testata. Ecco, il primo Advance Wars non è mai uscito dalla lista dei best of del Game Boy Advance, fino all’ultimissimo numero.
È bastato questo: gli screenshot coloratissimi pubblicati sulla mia rivista preferita e le calorose parole che esaltavano la genuinità e l’essenzialità dell’esperienza l’hanno impresso nella mia mente. Da allora non l’ho mai dimenticato. Fino al giorno in cui, a sorpresa, ne è stata annunciata la rimasterizzazione per Nintendo Switch, di cui da qualche giorno mi sto godendo ogni ipersatura, strategica, cannonata. Ora, bando ai ricordi e spazio alla recensione di Advance Wars 1+2: Re-Boot Camp. Kaboom!
La storia di una guerra “innocente”
La confinanti nazioni di Orange Star e Blue Moon vivono in pace da diversi anni. All’improvviso, conflitti sopiti e dimenticati dai più risvegliano l’interesse espansionistico della fredda Blue Moon, che inizia un’invasione nel tentativo di riconquistare i territori di Orange Star che reputa suoi di diritto (anche quando non lo sono). Parte così una strenua difesa dei confini di Orange Star, con il supporto di molte nazioni vicine e scontri a fuoco sempre più frequenti. Vi ricorda niente? Purtroppo, la trama del primo Advance Wars, anche rimasterizzato per il pacchetto su Switch ricalca con fin troppa fedeltà gli accadimenti reali che riguardano la Russia e l’invasione dell’Ucraina. Non sorprende, pertanto, che il gioco inizialmente previsto per aprile 2022 sia stato rimandato due volte “in attesa di tempi migliori”. Che a dire il vero non sono ancora giunti, almeno per le vicende belliche a noi così tristemente vicine.
Si spera che il secondo gioco contenuto nella collezione, intitolato Advance Wars Black Hole Rising, non sia anch’esso profetico per futuri eventi nel mondo reale. Infatti, nella storia che racconta ritroviamo i comandanti incontrati nello svolgimento del primo episodio, insieme a molti altri ancora più pittoreschi. Stavolta, si devono riunire per fronteggiare un nemico comune: lo stato di Black Hole. L’oscura potenza emergente immaginata da Intelligent System è in procinto di usare una nuova, terribile arma su scala globale, per seminare distruzione e governare su quel che resterà dopo lo scoppio di un ennesimo conflitto. Tra alleanze e tradimenti, nuove truppe, territori e modalità a disposizione, ma con un gameplay immutato (in senso buono) il compito del giocatore è fermare Black Hole prima che sia troppo tardi.
A parte tutto, Advance Wars 1+2: Reboot Camp è sempre stato leggero e caricaturale, lontanissimo dalla spietata realtà. Narrativa e protagonisti sono parecchio sopra le righe e il titolo eredita la volontà dei suoi predecessori, rappresentando la guerra quasi come un incontro mentale tra protagonisti di una serie animata giapponese shonen. Al posto dei Beyblade, dei Medarot, dei Pokémon o dei Digimon metteteci carri armati, elicotteri, fanteria e truppe da ricognizione, et voilà. Lungi perciò da me appesantire un videogioco che non vuole essere altro che uno strategico accessibile e graficamente attraente, quasi “entry level” per il genere fin dalla release su Game Boy Advance. Anzi, ancora da prima: dall’esordio del suo antenato Famicom Wars nel 1988, su NES.
La guerra “innocente” di Advance Wars 1+2 Reboot Camp è messa in scena con stili ed entusiasmi ultrapop inequivocabili. Su Game Boy Advance la ridotta potenza di calcolo era un vincolo fin troppo stringente per la strabordante direzione artistica, ma su Switch il terreno è spianato, risultando in due giochi migliorati in tutto rispetto a 15 anni fa. Animazioni in stile anime di ottima qualità caratterizzano personaggi doppiati splendidamente anche in italiano. Le loro psicologie sono semplici e dirette, i loro modi di fare basati sui classici stereotipi nipponici. C’è il giovane volenteroso ma inesperto, l’adulto svogliato ma geniale, il generale burbero col cuore d’oro, la comandante attraente e serissima ecc.
Tutte le nazioni coinvolte e le loro truppe sono caratterizzate da colori ipersaturi e sgargianti che rivelano in parte i succitati caratteri dei loro condottieri (blu-freddo, rosso-caldo per esempio). Mentre combattiamo, poi, lanciamo in assalti suicidi schiere di truppe al ritmo di una colonna sonora vivace e squillante che rallegra i turni. Vi avverto, è super orecchiabile e vi resterà in testa per parecchio.
Un Gameplay semplice: War for (anime) Dummies?
Distinguere il gameplay di Advance Wars da quello di Advance Wars: Black Hole Rising ha obiettivamente poco senso. Soprattutto ora che i due capitoli sono fusi in un pacchetto che li propone in sequenza; come fossero il primo e il secondo atto dello stesso videogioco. Entrambi presentano campi di scontro rettangolari, sui quali si dispongono le nostre truppe e quelle dell’avversario come pedine. Questi tabelloni sono divisi in quadrati più piccoli, diversi in base al tipo di terreno che rappresentano: foreste, superfici d’acqua, pianure, strade asfaltate, montagne, città conquistate o ancora da sottrarre al nemico. La suddivisione non è solo estetica. È uno strumento che rende unico e intrigante ogni quadro che affrontiamo, sia nella campagna in singolo, che nella modalità PVP con giocatori reali.
Le diverse unità schierabili hanno infatti statistiche peculiari non solo di offesa e difesa, ma anche di movimento. Un passaggio che per alcune rappresenta un ostacolo insormontabile, per altre potrebbe essere l’approdo perfetto. L’equazione di Advance Wars 1+2: Reboot Camp si complica così, poco a poco e man mano che ci prendiamo gusto. Non sempre saremo tenuti per mano nel processo. Questo per dire che il gioco non è uno strategico iper complicato con infinite variabili, il tutorial funziona bene la sua base ludica è presa di peso dalla datata ed essenziale esperienza GBA, senza variazioni notevoli. Tuttavia, non per scadere in luoghi comuni, ma… “una volta i giochi erano più difficili”. Advance Wars non fa eccezione.
Il concetto di “difficile” è però interpretabile, soprattutto guardando ai titoli RPG o strategici di qualche anno fa. Se lo intendiamo come “complesso”, in questo caso non ci siamo: la quantità o la varietà di elementi diversi presi singolarmente, come tipi di carri armati o soldati appiedati, unità volanti o navali non sorprende, non è “complessa”. Sono quasi poche in confronto ad altri esponenti di pari caratura, presentati gradualmente in modo da farci abituare alla loro presenza. Re-Boot Camp non fa subito “click”. Per certi player l’azione potrebbe risultare troppo lenta, con strategie quasi imposte, pena la sconfitta, poco epiche e “attendiste”: basate su un sapiente temporeggiamento, ma senza esagerare.
Se, per esempio, di fronte ci troviamo un nemico che ha schierato tanti carri pesanti, forti sulla breve distanza, non ha senso avanzare noi per primi, esponendoci al loro fuoco incrociato. Molto meglio restare nelle vicinanze delle città con il nostro vessillo, che alla fine di ogni turno restituiscono un po’ di salute e carburante alle unità vicine. Stando troppo fermi, però, si rischia di farsi accerchiare e perdere il quartier generale, che se abbattuto fa terminare la partita istantaneamente. Altrimenti, la fine delle ostilità coincide con il totale annientamento delle forze belliche avversarie.
Un’esperienza emozionante
Per altri come me, però, il fascino di un sistema così “easy to learn, hard to master” è irresistibile. Ho adorato giostrarmi e arrangiarmi per supportare gli armamenti più forti ed evitare che siano distrutti, se necessario fondere più plotoni identici e ripristinare gli HP persi da uno dei due. Anche scegliere se sfondare con forza la resistenza, o iniziare missioni stealth verso il QG nemico non è mai banale. “Difficile” in questo caso diventa allora sinonimo di “preciso e letale”. Come il ritmo pacato che contraddistingue tutta l’esperienza, basata su poche e chiare regole da seguire. Il quadro dove operare, il campo di gioco, è ristretto e statico come negli scacchi. Per lo stesso principio, tutte le legioni che muoviamo hanno sempre 10 HP massimi e si differenziano solo per la distanza di movimento consentita, e le capacità offensive.
Sono tutti dati manifesti, disponibili in ogni momento per tutti i pezzi in campo, alleati e non. Non riservano sorprese, non esistono “danni critici” o altre randomizzazioni. Persino le meccaniche avanzate, in teoria più scenografiche, sono in realtà piacevolmente schematiche. La nebbia che può avvolgere la mappa si dissipa seguendo schemi definiti, conquistare le città è una questione puramente numerica. Infine, le capacità “ultimate” dei generali, pur se annunciate da incredibili jingle e scene in stile anime che fanno presagire grandi stravolgimenti, si risolvono con semplici modifiche statistiche di immediata lettura sul campo.
Non era un compito facile, in un simile contesto, conservare intatta l’emozione di un videogame con un impianto inamovibile e invecchiato al punto giusto. A mio avviso, gli sviluppatori di WayForward Technologies sono riusciti a fare pure di meglio, aumentando il tasso di spettacolarità generale. Sarà grazie all’effettistica rinnovata anche durante gli scontri tra battaglioni? Oppure, grazie alla cromaticità di ogni elemento visivo, ora più intenso che mai. O magari, perché siamo tutti saturi di “nodi duri da sciogliere”, delle troppe variabili di cui spesso si abusa nell’attuale mondo videoludico strategico. Invece, la pura, matematica semplicità del gameplay di questo remake grafico è una piacevole ventata di aria fresca, attraverso una bellissima finestra colorata. “Less is more”.
Un ultimo rimprovero ad Advance Wars 1+2: Re-Boot Camp, in chiusura di recensione, è però d’obbligo dopo tanti complimenti. Perché non è stato introdotto un sistema di matchmaking online? C’è il PVP, è vero, ma solo con amici registrati sulla console, o in locale in stile gioco da tavolo. A mio avviso è una carenza importante soprattutto pensando alle potenzialità dell’editor delle mappe, un tool preciso, intuitivo e da cui possono nascere infinite variazioni. Ritengo che vadano parzialmente sprecate, se per testarle contro qualcuno non possiamo affidarci alla comunità globale. Magari, è una feature destinata a un aggiornamento futuro, se le vendite effettive dovessero essere soddisfacenti. Tuttavia, i campi di battaglia più cruenti sono spesso lastricati di buone intenzioni e DLC…
La recensione in breve
Advance Wars 1+2: Re-Boot Camp è un remake eccezionale. WayForward Technologies ha riammodernato due classici quasi dimenticati con maestria, senza praticamente toccare l'impianto ludico strategico forgiato da Intelligent System. Il rispetto verso la fonte originale è ben visibile anche in un comparto tecnico e grafico che ravviva come per magia i colori sgargianti e i tratti fumettosi dei protagonisti e delle loro truppe. Lo stile anime del gioco, già portante per la direzione artistica della versione Game Boy Advance, ne risulta amplificato e non più castrato dai limiti tecnici della piccola portatile. In modalità versus Locale o Online con amici, poi, il nuovo Advance Wars è così divertente che speriamo possa esserci spazio, in futuro, per un sistema di Matchmaking. Va da sé che tutto ciò è valido solo se non vi spaventa, o meglio se vi stimola, un pizzico di legnosità e "tattica spietata" tipica per l'epoca del titolo originale. Da quella, grafica ripulita o no, non si scappa.
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Voto Game-Experience