L’accessibilità negli ultimi anni ha ricevuto una rinnovata sensibilità all’interno del medium dei videogiochi permettendo ad una fetta di utenti più volte bistrattata o quantomeno ignorata di avere il giusto spazio: stiamo parlando dei videogiocatori con disabilità fisiche.
A dare il via a questo importante cambiamento è stata senza alcun dubbio Microsoft, che ha deciso di realizzare l’Xbox Adaptive Controller (al seguente link trovate la nostra recensione), innovativo hub centrale che facilita e migliora l’esperienza di gioco attraverso l’utilizzo di vari dispositivi esterni come interruttori, pulsanti, montaggi e joystick, collegati tramite connettori Jack da 3,5 mm e porte USB, così da personalizzare l’utilizzo del dispositivo e creare un’esperienza di gioco soddisfacente per gran parte degli handicap fisici che un giocatore può avere, senza che ci si debba scervellare a cercare soluzioni artigianali pur di svagarsi un po’.
Nelle scorse settimane poi abbiamo avuto anche un’altra gradita conferma di come i tempi stiano finalmente cambiando, con Naughty Dog che ha lanciato in tutto il mondo The Last of Us: Parte II. L’attesissimo titolo del team di sviluppo americano presenta infatti al suo interno oltre 60 opzioni di accessibilità, permettendo ai giocatori di poter cambiare un po’ di tutto, come l’IA dei nemici e dei compagni, andando a modificare radicalmente il loro atteggiamento, rendendo infatti gli avversari meno aggressivi e svegli mentre gli amici più reattivi, volenterosi e collaborativi, modificando la dimensione dei testi, rimappando completamente i comandi fino ad arrivare ad un assistente vocale che consente di poter far vivere il nuovo viaggio di Joel ed Ellie persino ad un non vedente. A questo link potete leggere un articolo interamente dedicato alle opzioni di accessibilità della nuova esclusiva PlayStation 4. Queste aggiunte potrebbero sembrare inutili alla stragrande maggioranza dei giocatori, ma per un portatore di disabilità motorie questa rinnovata apertura del mondo dei videogiochi verso l’accessibilità impressiona, addirittura commuove. In tal senso è infatti impossibile non citare il commosso tweet di Steve Saylor, content creator ipovedente, attraverso il quale il ragazzo ha voluto ringraziare il team di sviluppo americano per la sensibilità dimostrata con la loro ultima opera, oltre ad affermare che The Last of Us: Parte II è “il gioco più accessibile mai creato”.
I've been reluctant to post this.
I recorded my reaction when I saw the #accessibility settings in #TheLastofUsPartII for the first time thinking it would be a fun video for posterity. I…did not expect this.
This is why we do what we do. 😢
Thank you @Naughty_Dog. pic.twitter.com/D5Or2B9Tfw
— Steve Saylor (@stevesaylor) June 12, 2020
Perché sì, di sensibilità si parla in questi casi; difatti Microsoft e Naughty Dog non avevano alcun “obbligo” di sbaragliare le carte in tavola, non c’erano grandi fette di mercato da cercare di conquistare per ottenere guadagni facili.
No, in questi casi si è semplicemente scelto di essere umani, pensando anche a quella piccola e sfortunata fetta di utenti che vorrebbe semplicemente svagarsi a fine giornata con il titolo del momento.
Il gioco è infatti una delle attività più importanti del genere umano, essendo al tempo stesso sia qualcosa di formativo che di puro svago. Cosa questa che viene accentuata ulteriormente nelle persone con disabilità che possono vivere nei videogiochi vere e proprie avventure altrimenti impossibili. Basti pensare anche ad una semplice passeggiata nel bosco, con quel totale senso di libertà che è possibile gustarsi appena si impugna un controller tra le proprio mani, con la mente che inizia immediatamente a viaggiare appena si “vestono i panni” del proprio alter ego virtuale.
Ci teniamo però a specificare che non è affatto sufficiente l’encomiabile impegno di Microsoft speso nel realizzare l’Xbox Adaptive Controller, oppure quello di Naughty Dog che ha affrontato altre ore di crunch pur di vedere introdotte le tantissime opzioni di accessibilità in The Last of Us: Parte II. A causa dell’assenza di uno standard per i servizi di accessibilità tanto sulle console quanto sul software, solo i pochi casi citati spiccano, con la maggior parte delle produzioni che rimangono precluse agli appassionati affetti da disabilità. Serve infatti una sterzata netta e decisa anche da parte degli altri grandi publisher che continuano ad ignorare con estremo cinismo chi è meno fortunato, indifferenza che ancora costringe non poche persone a scervellarsi per realizzare delle soluzioni fan made pur di poter fare una semplice partita a The Legend of Zelda: Breath of The Wild, come ci ricorda la storia di Rory Steel che si è visto costretto a modificare l’Adaptive Controller per renderlo compatibile nientemeno con Nintendo Switch, cosicché che sua figlia potesse finalmente gustarsi come si deve il desiderato nuovo capitolo di Zelda.
C’è infatti bisogno di un sistema univoco, imposto dai grandi publisher e dai produttori di console, che possa riguardare il supporto obbligatorio di controller per persone con handicap, ancora oggi infatti l’Xbox Adaptive Controller non è supportato da PS4 e Switch, oltre all’obbligo di rendere disponibili nei nuovo giochi le varie opzioni di accessibilità, senza che un giocatore con disabilità motorie debba sentirsi fortunato a poter giocare il titolo del momento.
Alla fine basterebbe semplicemente voler unire (per davvero però) tutte le tipologie di giocatori nella stessa community, senza che si debba avere ancora quella fastidiosa sensazione di esse etichettato come giocatore di serie B. Anche il medium dei videogiochi dovrebbe infatti cercare di essere di tutti, di parlare a tutti, diventando finalmente un sistema inclusivo che si pone il problema di escludere qualcuno.
Basterebbe alla fine semplicemente ricordarsi di essere umani, null’altro!