Dopo aver ricordato gli inizi del fenomeno Street Fighter nella prima parte di questo speciale, passiamo a vedere come è proseguita la serie, dalle prime virate verso il tridimensionale, passando per la scena competitiva sino ad oggi.
Intorno agli stessi anni del debutto della serie Alpha/Zero, esplode e si consolida il fenomeno dei giochi tridimensionali grazie alla diffusione delle nuove console. Saggiamente Capcom non vira subito in quella direzione, conscia della grande difficoltà di adattare una struttura di gioco su un binario così differente e difficilmente conciliabile nelle meccaniche. Mortal Kombat 4 difatti segna un passo indietro rispetto al terzo e non riscuote lo stesso successo dei predecessori.
Per fare un tentativo viene prodotta una serie spin-off, che prende il nome di Street Fighter EX e viene sviluppata dallo studio Arika.
Anche in questo caso non si ottengono risultati paragonabili ai capitoli bidimensionali e il pubblico rimane tiepidamente convinto nonostante il plauso della stampa specializzata, soddisfatta per la grafica tridimensionale ma ancora non pronta a valutare i picchiaduro secondo le importanti differenze di profondità nelle meccaniche di gioco. Molti nuovi sfidanti sono oscuri, stravaganti ed interessanti come Doctrine Dark, Skullomania, l’odalisca Pullum Purna o Vulcano Rosso (per la gioia del tricolore italico) ma ci sono anche anonime variazioni sul tema di Ryu e Ken come Allen Snider. Per via di una appena sufficiente giocabilità e nonostante l’introduzione di una modalità Tag a squadre nel terzo, la serie non raggiunge lo spessore dei capitoli maestri e manca un richiamo nella trama, quell’ingrediente carismatico per fidelizzare un’utenza più occasionale (basti pensare agli intrecci quasi da telenovela raggiunti da King Of Fighters e Tekken). Gli EX inoltre non reggevano graficamente nè contro i contemporanei 3D come Tekken 3 o Virtua Fighter 3 nè contro gli Alpha e SF3. In particolare contro i “fratellini” 2D era evidente la differenza di resa tra sfondi tridimensionali scarni e privi di elementi contro i pur vecchi sprite, ma animati e dettagliati molto bene (basti pensare allo scenario di Chun Li in Alpha2 e 3).
Un’altra serie spin-off del 1996 arriva grazie ai supereroi della Marvel: X-men vs Street Fighter parte da un facile riciclo mescolando gli sprite della serie Alpha e del picchiaduro X-men: Children of The Atom, prodotto su Cps2 nel 1994. L’operazione però riesce bene grazie ai nuovi arrivi sul fronte mutante e alle meccaniche di gioco che stravolgono tutto ciò a cui si era abituati, ritagliando un’identità stilistica al titolo. Grande concentrazione di combo aeree lunghissime, modalità tag veloce, supermosse che sembravano drogate nella potenza grafica (basti pensare al super-Hadoken) e un boss finale affrontabile come un gigante su due fronti (terrestre e aereo). Da qui deriva una lunga serie su licenza Marvel culminata recentemente con Ultimate Marvel Vs Capcom 3.
Il ritorno sui canoni avviene nel 1997 con Street Fighter 3 The New Generation. Anche questa volta un salto di hardware con la potentissima Cps3 (sempre più blindata contro la pirateria) che permette una grafica bidimensionale ancora ai vertici del 2D. Personaggi dotati di un numero mostruoso di fotogrammi di animazione, che tutt’oggi è il motivo per cui è difficile realizzare un picchiaduro con grafica interamente bidimensionale, non potendo disporre di un processo rapido come l’animazione dei modelli 3D e aumentando di conseguenza tempi e costi di sviluppo (cosa che determinerà la virata allo stile grafico 3D su asse 2D di SF4). Il cast viene stravolto denotando un coraggio lodevole e la voglia di voltare pagina, proponendo nuove idee e differenti stili di gioco (nonostante in alcuni casi si tratti solo di un cambio cosmetico come per Necro o Remy).Una rosa complessiva di 11 contendenti, tra cui un boss non selezionabile e Ryu e Ken come unici reduci della vecchia guardia.
Anche le meccaniche vengono rivoluzionate con uno dei sistemi più tecnici e bilanciati mai visti: le parry. Eseguibili premendo in avanti in direzione del colpo nemico nel momento stesso dell’arrivo, queste annullano l’impatto e lasciano l’attaccante scoperto alla nostra risposta. Strumento che ha messo in crisi molti, spostando l’asse della difesa dalla parata classica (su cui non si rischia nulla premendo semplicemente indietro), all’input in avanti, che se eseguito senza tempismo e padronanza porta a subire danni anziché acquisire vantaggi. Questa tecnica apre le porte ad un nuovo livello di profondità di gioco nel competitivo ma scoraggia anche i giocatori occasionali causando un disaffezione verso la serie anche dovuta alla sempre maggiore popolarità dei picchiaduro tridimensionali dell’epoca, fenomeno ridimensionatosi col tempo e con il ritorno dei 2D degli ultimi anni.
Street Fighter 3 Second Impact alza a 14 il numero di personaggi continuando la tradizione di importare volti noti da Final Fight con Hugo, reintroducendo Akuma e presentando Urien. Tra le novità ci sono le EX, ovvero le speciali potenziate che consumano la barra della Super, ormai divenute un classico, la possibilità di sfuggire ad una presa, vari cambi sui fotogrammi delle mosse e bilanciamenti assortiti, oltre che nuovi fondali.
Nel 1999 si chiude con Third Strike il periodo di SF3 raggiungendo quello che secondo molti giocatori professionisti è il punto massimo tutt’ora imbattuto nella serie. Cinque nuovi sfidanti, tra cui il ritorno di Chun Li, portano a 19 lottatori selezionabili, lasciando sempre Gill come boss. Ad oggi possono sembrare pochi, ma il loro bilanciamento e la varietà di stili e mosse è molto buono, rendendolo un titolo mai noioso e ampio da approfondire. Il sistema Parry viene ulteriormente perfezionato e Third Strike rimane gettonato per anni come arena in cui giocarsi la finale dell’Evolution e del Tougeki per decretare chi è il campione.
Prima di Street Fighter 4 però passa un periodo buio. Capcom inizia a credere sempre di meno nella serie e concentrarsi sempre di più su Resident Evil, dimostrandosi poco disposta ad investire su nuovi capitoli. Da qui un silenzio durato anni, rotto grazie al sostengo di Shinji Mikami, all’apice del successo dovuto ai forti incassi di Bio Hazard. Mikami sfrutta la sua autorevolezza per convincere gli alti piani che può valer la pena investire sul vecchio SF in due dimensioni anche durante una stagione fatta da console in alta definizione e sparatutto.
Il via libera arriva e viene prodotto un primo Street Fighter 4 che conquista un successo inaspettato. Complice di questo risultato anche l’attenzione degli sviluppatori per le esigenze della scena competitiva, andata avanti nel corso degli anni sino a raggiungere livelli di maestria e tecnicismo assolutamente folli, come dimostrato dalla finale dell’Evolution del 2004, in cui il giapponese Daigo Umehara vince sul cino-americano Justin Wong dando una dimostrazione al confine dell’umano dell’impiego delle parry, imbastendo una rimonta epocale e cementificando i pochi secondi di quel round in un filmato che è divenuto oggetto di culto come uno dei più epici episodi della storia dei videogiochi.
Quel famoso “Evo Momento n.37: Daigo – the Beast is unleashed” che valse al nipponico il suo soprannome, con le riprese del pubblico in sala che esplodeva in un’ovazione senza controllo e si alzava applaudendo in preda ad un vero furor di popolo, avendo seguito la scena col proiettore. La ricostruzione di quella giocata è stata inserita da Capcom come ultima sfida affrontabile in SF3 Third Strike Online per la sua importanza.
Le novità studiate per l’edizione Super 4 comprendono talmente tante cose, come personaggi nuovi, bilanciamenti (quel Sagat così forte dei primi giorni), nuovi fondali e filmati legati alla storia, che si rende necessaria una nuova edizione su disco. Questa operazione causa le lamentele da parte del pubblico di massa, ignaro di come la pratica sia normale nello sviluppo di ogni Street Fighter e di come l’operazione invece sia ben diversa da un dlc pretestuoso confezionato prima e venduto dopo.
Impossibile prevedere ogni combinazione nel versus di un picchiaduro: bilanciamenti e personaggi nuovi difatti spesso derivano da dati emersi dopo mesi di attività sulla scena torneistica e competitiva.
Snk aveva già capito questa cosa negli anni 90, facendo di King of Fighters una serie annuale rivolta proprio ai giocatori più esigenti verso un prodotto perfezionato. Non a caso titoli come King Of Fighter 98 e 2002, Super Street Fighter 2 Turbo e Street Fighter 3 Third Strike non sono mai scomparsi, anzi, proprio il loro valore dato da questo perfezionamento li ha riportati sul mercato digitale delle console HD in quanto migliori esponenti del loro periodo.
In seguito si aggiungono Arcade e Ultra edition introducendo ancora più combattenti e cambiando diversi approcci al gioco per limare e diversificare l’interazione tra i tanti stili diversi.
Street Fighter e Tekken vengono mescolati nel 2012 ma l’incontro-scontro fallisce a causa di un sistema di micro-transazioni cammuffato da gemme equipaggiabili che vanno ad alterare statistiche di attacco e difesa dei personaggi, oltre che consentire parate automatiche per invogliare giocatori dilettanti. Un approccio fortemente lesivo degli equilibri, incidendo sulla giocabilità in maniera incontrollabile. Le stesse meccaniche nuove come Pandora non sembrano integrarsi molto bene e costringono in secondo piano un esperimento sul gioco di squadra in Tag inedito e potenzialmente interessante per gli SF 2D.