Il viaggio nel mondo dei migliori videogiochi di robot continua dalla prima puntata. In fondo la lista dei titoli che verranno trattati nella terza parte che concluderà il nostro speciale.
A questo indirizzo è reperibile la prima parte
Zone of The Enders
L’incursione di Hideo Kojima nel mondo dei robot lascia il segno al punto che bastano due capitoli per creare una piccola saga oggetto di culto. Zone of the Enders 1 viene pubblicato nel 2001 da una Konami, all’epoca, innovativa, eclettica e ispiratissima. Tra gli elementi che convincono critica e pubblico ci sono le atmosfere, la trama e la giocabilità fatta di scontri veloci e spettacolari.
L’approccio all’azione offerto da ZOE difatti sfrutta al massimo il dinamismo che veniva inscenato nelle serie animate di robot e che spesso non trovava una riproduzione alla pari nei videogiochi. Qui non c’è limite, potendosi muoversi letteralmente a 360 gradi volando, cambiando altitudine e gestendo schivate e attacchi da qualsiasi direzione. Non è improbabile che durante l’ingaggio contro un mech nemico gli scambi siano così furiosi ed articolati da ribaltare la visuale come in assenza di gravità. Se il primo episodio fu accolto positivamente ma con forti critiche dovute alla longevità di 5 ore (considerata troppo bassa in un panorama abituato ad almeno 12 ore per una campagna in singolo), il secondo è ineccepibile, portando al massimo tutti gli spunti. La storia raggiunge un compimento dopo il climax lasciato in sospeso e la narrazione è potenziata da sequenze filmate in stile anime, gli scontri diventano ancora più corali e la giocabilità acquisisce maggiore forza e varietà di situazioni. Una rimasterizzazione in alta definizione di entrambi gli ZOE è stata pubblicata per Playstation 3 e Xbox360 ed è reperibile sia in formato fisico che digitale. Un recupero è caldamente consigliato a chi abbia uno di questi due sistemi.
Mechwarrior 2
A metà anni 90 Activision non era ancora uno dei marchi più famosi dell’industria videoludica e il suo nome non era ancora associato a Call of Duty o Guitar Hero.
Nel 1995 su PC esce Mechwarrior 2, derivato del mondo di Battletech, un gioco da tavolo dotato di una storia e ambientazione molto sviluppata che viene ripresa e ampliata. Tanto spartano nella grafica quanto minuzioso nell’aspetto simulativo, richiedendo di gestire separatamente torso e gambe del mech, oltre che prestare attenzione al surriscaldamento delle armi da fuoco e al dosaggio delle munizioni. Infatti ignorare l’accumulo di calore per abusare di un’arma ad energia causerà un blocco in grado di lasciare il nostro mech scoperto agli assalti nemici. Similmente a quanto accade in Front Mission, la localizzazione del danno arriva ad alterare le prestazioni, diminuendo la mobilità o la potenza.
Nonostante fosse disponibile una modalità con sistema di combattimento semplificato, è l’aspetto simulativo del pilotaggio del mech ad appassionare gli utenti e a fare emergere il titolo nel mercato dominato dall’agguerrita concorrenza giapponese. Mechwarrior 2 riceve un’espansione su PC intitolata Mercenaries e una modalità per il gioco in rete, oltre che una conversione su Saturn e Playstation.
Front Mission
Prima dell’uscita di Final Fantasy Tactics, Squaresoft stava già facendo pratica con gli strategici a turni. Sin dal debutto nel genere Square offre meccaniche che sembrano il frutto di un’esperienza pluriennale e la trama propone uno scenario futuristico con ingegnosissime trame militari, superiori persino al Tom Clancy più ispirato. Il mondo di Front Mission ha una storia e delle dinamiche ben precise risultando credibile, innovativo ed avvincente grazie alle sue intriganti visioni geo-politiche per l’ambientazione (che già anticipavano l’idea di Cina come superpotenza). Sembra incredibile che nel 1995 Square, da sola, pubblicò questo e Chrono Trigger a sole due settimane di distanza, in pieno tsunami creativo; per fare un paragone odierno è come se The Last of Us e GTA5 fossero stati rilasciati lo stesso anno e dalla stessa casa produttrice.
La trama di Front Mission è slegata da ciascun capitolo, ma gli eventi avvenuti in ogni episodio influenzano la storia del mondo in cui sono inscenati, rafforzando l’interesse del giocatore veterano, ma senza escludere il neofita.
La ricchezza dell’ambientazione è data anche dalla nazionalità dei coprotagonisti, che sfuggono alle solite concessioni stereotipate dell’eroe americano o giapponese, affiancando anche piloti venezuelani, islandesi, tedeschi, bangladesi e koreani, dipingendo belle sfumature sul concetto di squadra internazionale.
Le meccaniche seguono la struttura dello strategico a turni e garantiscono parecchi spunti per diversificare lo stile di gioco: ogni arma possiede differenti caratteristiche di attacco, risultando efficace contro determinati tipi di corazza. Puntare su armi perforanti per distruggere il cuore dei mech nemici necessita di mitragliatori e fucili, le armi da impatto sono in grado di spaccare facilmente i componenti nemici ma richiedono armi da mischia e un rischioso corpo a corpo, mentre il danno incendiario è preferibile da artiglieri sulla lunga distanza. Nel corso della saga sono presenti molti altri elementi come un sistema di classi ben strutturato, la possibilità di eiettarsi dal mech per continuare a combattere a piedi o raggiungere postazioni utili, oltre che l’immancabile officina in cui cambiare parti e armi del proprio Wanzer.
La serie però ha avuto una distribuzione inefficiente in Occidente, non tutti i capitoli sono stati pubblicati (come il 2 per Ps1 o il 5 per Ps2), ma chi volesse provarne uno può trovare Front Mission 3 sul Playstation Network (come classico PsOne giocabile su Ps3, Psp e Vita ad un prezzo abbordabile). FM3 assicura un’ampia rigiocabilità grazie ad alcuni bivi molto ben sviluppati: effettuando determinate scelte ci si ritroverà ad affrontare quelli che sono alleati nell’altro scenario della storia, con sviluppi e livelli completamente diversi, raddoppiando la longevità. In alternativa una conversione del primo episodio per Super Nintendo è approdata su Nintendo DS. Da evitare invece Front Mission Evolved, pubblicato per Playstation 3 e Xbox360. Un pessimo tentativo di rilancio subappaltato allo studio Double Helix che lo ha trasformato in un malriuscito sparatutto.
Steel Battalion – Tekki
Prodotto da Capcom, Steel Battalion è IL simulatore definitivo (in barba a Mechwarrior4), grazie alla periferica che riproduce con estrema fedeltà la plancia di comando di un mech con 40 tasti differenti, tre pedali e due cloche. Per qualsiasi giocatore un simile numero di pulsanti equivale ad un’incubo, per un appassionato di robottoni invece rappresenta la realizzazione del sogno proibito d’infanzia. Chiunque abbia mai desiderato pilotare un robot non ha potuto andare più vicino di così.
Nonostante fosse orientata ad un pubblico di nicchia, la prima tiratura di questa periferica è andata esaurita in breve tempo, diventando un pezzo da collezionisti e generando persino lievi profitti dalla vendita del gioco.
Quanto al software venne sviluppato per la prima Xbox da Shinji Mikami, produttore di Resident Evil e Evil Within, e da Atsushi Inaba, ex capo dello studio Clover e ora direttore esecutivo in Platinum Games. Proprio questa accoppiata di gioco e periferica, così estrema, fu sbandierata da Inaba come la dimostrazione che nell’industria videoludica si potevano realizzare progetti improponibili in altri settori. Un seguito sottotitolato Line of Contact è uscito nel 2004 con il supporto all’infrastruttura Xbox Live.
Xbox 360 ha ospitato un terzo capitolo, Heavy Armor, stavolta firmato da From Software (gli esperti autori di Armored Core) e pubblicato sempre da Capcom. Heavy Armor abbandona l’ingombrante periferica per sfruttare il normale joypad e il Kinect, risultando un buon esempio di quello che si poteva ottenere con la periferica di movimento targata Microsoft.
Ex-Ranza/Ranger X e Assault Suits Leynos/Cybernator
Difficile decidere chi sia il principino dell’era 16bit, quindi è il caso di citarli entrambi. Nessuno dei due sfugge all’abitudine anni 90 di cambiare il titolo per sembrare più accattivante a seconda del pubblico orientale od occidentale ma entrambi sono dei giochi d’azione/sparatutto a scorrimento orizzontale.
Il primo presenta l’interessante implementazione di un modulo di supporto, gestito separatamente dal mech principale, in grado di aiutarlo con fuoco di copertura o di fondersi, creando un ibrido corazzato.
Leynos invece mantiene una struttura dei livelli orizzontale ma strutturata di modo che possano essere completati seguendo rotte diverse.
Cybernator fu censurato nella versione occidentale per Super Nintendo a causa di una controversa scena di suicidio di un generale nemico che si spara in testa piuttosto che farsi uccidere dal mech nemico. La scelta è abbastanza criticabile visto l’esiguo livello di definizione dei pixel, che rende la violenza insita quasi indistinguibile, ma la cesoia della censura di Nintendo America era severissima negli anni 90.
La conclusione dello speciale nella terza parte in cui si parlerà di Another Episode’s Century, Hawken, Omega Boost, Titanfall, Bangai-O e di qualche titolo che vince il premio del demerito.