Nel panorama dei videogiochi cooperativi, pochissimi studi hanno dato prova di talento e visione quanto Hazelight Studios. Capitanato dall’istrionico Josef Fares, il team ha ridefinito il concetto stesso di gioco a due, prima con A Way Out e poi con il pluripremiato (e bellissimo) It Takes Two. Ma se quel viaggio raccontava la fragilità di un rapporto in crisi, Split Fiction compie un enorme passo in avanti: un esperimento metanarrativo che fonde fantascienza e fantasy, immergendo i giocatori in un’odissea senza precedenti.
La premessa è tanto bizzarra quanto brillante: due scrittrici, Zoe Foster e Mio Hudson, si ritrovano intrappolate nei loro stessi mondi immaginari. Il risultato? Un’esplosione di creatività, un viaggio tra dimensioni che si piegano e si trasformano al ritmo delle idee delle stesse protagonista. Una scelta narrativa che si riflette nelle meccaniche di gioco, creando un’esperienza che non è mai uguale a sé stessa e che spinge la cooperazione a un livello superiore. Ma scopriamone di più, con la nostra recensione di Split Fiction.
Una cooperazione mai così profonda
Split Fiction non si limita a riproporre la formula vincente di It Takes Two: letteralmente, la rivoluziona. Nel nuovo titolo di Fares e soci non c’è più spazio per una divisione netta delle abilità o per semplici meccanismi di supporto. La sinergia tra Zoe e Mio è il fulcro dell’esperienza, e ogni sezione di gioco obbliga i due giocatori a collaborare in modi nuovi e sempre più ingegnosi.
Non si tratta solo di attivare leve o risolvere puzzle in coppia: il design delle sfide è interamente basato su una logica di interdipendenza attiva. Ogni azione di un giocatore influisce in tempo reale sul mondo dell’altro, costringendo entrambi a mantenere sempre alto e costante il livello di attenzione. E questo, più di ogni altra cosa, fa la differenza rispetto al passato.
Rispetto a It Takes Two, Split Fiction evolve ulteriormente il concetto di sinergia tra i due giocatori, eliminando la semplice sequenza di abilità alternate in favore di un’interdipendenza nettamente più radicata. Non si tratta più di premere banalmente un pulsante per attivare un passaggio: ogni azione di un giocatore modifica in tempo reale il mondo di gioco per l’altro, creando situazioni in cui la coordinazione è vitale. Ad esempio, se in It Takes Two l’unione delle abilità serviva a superare ostacoli specifici, in Split Fiction questa dinamica si evolve attraverso puzzle multi-strutturali in cui entrambe le protagoniste sono chiamate a pensare fuori dagli schemi per modificare in modo anche permanente lo scenario.
Ci sono momenti in cui la simbiosi tra i giocatori è pressoché totale. Uno dei più riusciti vede Zoe controllare il flusso del tempo, congelando ampie sezioni di livello per consentire a Mio di attraversarle. Ma non pensate che questo sistema sia così banale: Zoe deve valutare il momento esatto in cui fermare l’azione, laddove Mio deve sincronizzare il proprio movimento al millisecondo. In un altro livello, l’elettricità è l’assoluto il perno della collaborazione: Mio sfrutta un drone per attivare interruttori a distanza, mentre Zoe è impegnata nel modellare le strutture circostanti con la magia per far fluire l’energia nel modo corretto. E non mancano momenti di pura tensione, come la fuga da un’entità oscura che si nutre di luce: Mio deve mantenere accese le lanterne per allontanarla, mentre Zoe innalza opportunamente barriere di energia per bloccare i suoi attacchi. Questi momenti non sono semplici gimmick: sono il cuore pulsante di Split Fiction, il DNA “evoluto” di un titolo che riesce a riscrivere le regole del genere.
L’essenza del gameplay di Split Fiction
Il gameplay di Split Fiction è una danza continua tra logica e creatività. Zoe, con il suo dominio degli elementi magici, è la forza primordiale che plasma e rimodella la realtà; Mio, con la sua tecnologia d’avanguardia, è l’ingegno che decifra e costruisce. La loro complementarità si traduce in meccaniche di gioco che non si limitano a stupire, ma che obbligano i giocatori a rivedere, sequenza dopo sequenza, il proprio approccio.
Rispetto a It Takes Two, la varietà delle interazioni è sorprendente. Non esiste mai una soluzione unica a un enigma, ma esistono sempre più strade possibili, figlie di una costante reinterpretazione delle abilità a disposizione. L’assenza di ripetitività è disarmante: ogni livello è una sfida inedita, ogni ambientazione un esperimento di game design che spinge al massimo le possibilità offerte dalla cooperazione.
E poi c’è l’azione. Laddove It Takes Two lasciava il combattimento in secondo piano, Split Fiction lo integra con astuzia e intelligenza, rendendolo parte davvero integrante dell’esperienza. Gli scontri non sono mai fini a sé stessi: servono a testare il livello di sintonia tra i giocatori, a mettere alla prova il loro affiatamento e il loro saper fare squadra anche nelle fasi più concitate. Un attacco ben coordinato, una combinazione di abilità sfruttata al millesimo di secondo: è qui che il gioco sfoggia la propria anima e, inutile dirlo, regala i momenti di maggior soddisfazione.
Tecnica e direzione artistica
Se il gameplay è il cuore di Split Fiction, il comparto tecnico è il suo abito più scintillante. Hazelight sfrutta Unreal Engine 5 per dare vita a un universo visivamente sbalorditivo, alternando atmosfere oniriche e scenari cyberpunk con una ricchezza di dettagli che lascia senza fiato. Su PS5, il gioco offre due modalità: una in 4K con ray tracing, per un impatto visivo straordinario, e una in 1440p a 60fps, che garantisce una fluidità perfetta. Ciascuna, come sempre, offre i propri pro e contro – laddove la nostra scelta, per predilezione naturale, è caduta sulla seconda.
L’illuminazione dinamica, le texture ad altissima definizione e gli effetti particellari rendono ogni mondo incredibilmente immersivo. Il passaggio da una dimensione all’altra avviene senza soluzione di continuità sfruttando la velocità dell’SSD di PS5, mentre il feedback aptico del DualSense trasforma ogni interazione in un’esperienza tangibile: dallo scorrere della sabbia sotto i piedi di Zoe, al ronzio elettrico delle invenzioni di Mio. Fares non trascura nessun aspetto, anche il più secondario, in questo nuovo capolavoro: e il risultato parla abbondantemente da solo.
In conclusione
Split Fiction è la conferma inappellabile del genio di Hazelight Studios. Più ambizioso, raffinato, sorprendente: un titolo che non si accontenta di replicare il successo di It Takes Two, ma che osa riscrivere le regole del gioco cooperativo con la sfrontatezza dei primi della classe. La brillantezza del suo level design, la profondità delle sue meccaniche e la qualità del comparto tecnico ne fanno un’esperienza imprescindibile per chiunque sia alla ricerca dell’esperienza coop definitiva. Split Fiction è cooperazione allo stato puro, ed è semplicemente straordinario.
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Voto Game-Experience