Parlare di Rockstar Games vuol dire avere a che fare con una software house che, nel giro di quasi trenta anni, ha rivoluzionato il modo di concepire i giochi action, regalandoci a cadenza periodica gemme indimenticabili. Che si parli di Grand Theft Auto, di Bully o del qui presente Red Dead Redemption, la eco lasciata dai sopraccitati titoli non accenna a spegnersi, anche a decine di anni dai rispettivi day one originali. Rockstar Games, però, in perfetta guisa Dr. Jekyll e Mr. Hyde ha un gemello malvagio, capace di rilasciare prodotti al limite della decenza, o di mungere all’infinito gli utenti con continue riproposizioni di titoli di successo. Vi diciamo subito, pur con le dovute proporzioni, che il porting di Red Dead Redemption per PC è ascrivibile a quest’ultima categoria. Ma scopriamone di più, con la nostra recensione di Red Dead Redemption, versione PC.
Quattordici anni e non sentirli
Il primo Red Dead Redemption, capostipite di un franchise cui il secondo episodio ha donato immortalità, è rimasto buono buono nel suo angoletto per ben tredici anni, dimenticato da tutto e tutti. Mentre tutti gli altri titoli made in Rockstar hanno giovato infatti, dopo un determinato lasso di tempo, di una versione PC iperpompata, il buon John Marston è stato lasciato a marcire nel dimenticatoio, senza alcuna novità palese all’orizzionte.
Questo fino all’anno scorso quando, del tutto a sorpresa, abbiamo visto comparire, in ordine sparso, su Xbox One, PlayStation 4 e Nintendo Switch un porting 1:1 della versione originaria, senza alcun aggiustamento di sorta. Medesima sorte è toccata alla versione PC, rilasciata oramai qualche settimana fa, in sordina, con risibili aggiustamenti atti a sfruttare le peculiarità dell’ecosistema master race, permettendo dunque all’utenza PC di godere, finalmente delle avventure originarie del buon Marston.
E, almeno dal punto di vista strettamente ludico, Red Dead Redemption non soffre minimamente della sindrome da invecchiamento precoce, presentandosi all’utenza PC con dinamiche di gameplay si vetuste ma quanto mai attuali. Non al livello, ovviamente e per endemiche ragioni tecniche-tecnologiche, con quello del secondo, immortale capitolo, ma fruibili, godibili e pienamente apprezzabili anche da una utenza non “vintage”.
Rockstar, ma cosa fai?
Red Dead Redemption, come già detto, si presenta su PC nella sua versione definitiva, comprensiva dunque del DLC “Undead Nightmare”, uno dei più godibili contenuti aggiuntivi a tema zombie mai creati, in barba a tutte le modalità zombie dei vari Call of Duty e similia. Dovessimo giudicare questo prodotto esclusivamente in base alle ore di divertimento assicurate, ci troveremmo a declamare, per l’ennesima volta, le lodi di un comparto ludico-narrativo da oscar ma, trovandoci a mettere sotto la lente di ingrandimento il comparto tecnico, è qui che iniziano a (ri)suonare le dolenti note.
Quando si parla, infatti, di attualizzazione di antiche glorie videoludiche, il dilemma è tra remaster, come successo nel caso del recentissimo Shadow of the Damned: Hella Remastered, o remake (basti pensare all’imminente Metal Gear Solid Delta). Red Dead Redemption, nella sua versione PC, riesce sorprendentemente a non essere né l’una, né l’altra. La trasposizione PC delle tribolazioni del buon John Marston viene infatti a configurarsi come un porting 1:1 – una mera attualizzazione del codice sorgente, al fine di renderlo avviabile su piattaforma master race, indorando la pillola con qualche bella (ma inutile) feature estetica.
Potremo infatti utilizzare, cosa oramai comune a qualsivoglia open world di attuale concezione, gli schermi wide (21:9) ed ultrawide (32:9) con pieno supporto a varie tecniche di upscaling (DLSS 3.7, FSR 3.0) e al frame generation NVIDIA. La fruizione di Red Dead Redemption su PC permetterà inoltre di raggiungere risoluzione nativa di 4k a 144hz, su PC con hardware compatibile con tale configurazione. In piena guisa di modernità sarà garantita la compatibilità con lo standard HDR10 e sarà inoltre possibile personalizzare fin nei minimi dettagli le opzioni grafiche, con risultati, però altamente deludenti.
Tanto rumore per nulla (o quasi…)
La eco dell’arrivo di Red Dead Redemption risulta dunque svilita da una realizzazione tecnica al limite della sufficienza, utile a rendere si eseguibile il codice di gioco in ambito PC, lasciando però inalterato il prodotto finale rispetto alla sua versione originaria. A poco serve infatti la risoluzione nativa a 4K o le varie tecniche di upscaling hardware, se non ad aumentare la fluidità di gioco, e a far risaltare, paradossalmente, ancor di più la vetusta natura del pur brillante prodotto videoludico made in Rockstar.
A ciò va ad aggiungersi una fallace ottimizzazione del motore di gioco: sovente è infatti capitato di trovarsi in presenza di inspiegabili rallentamenti, anche a schermo “vuoto”, su configurazioni ben al di sopra della minima consigliata e a qualche occasionale freeze. Sia chiaro, nulla di non fixabile con una patch correttiva ma, trattandosi di un porting di un prodotto uscito “solo” quattordici anni fa su Xbox 360 e PlayStation 3, è quantomeno bislacco incorrere in dette “leggerezze” di programmazione.
Pur preservando inalterato il fascino originario, Red Dead Redemption è la classica occasione persa, e ciò pesa ancordi più vista la caratura del franchise e gli anni di attesa intercorsi dalla release primigenia. Rimaniamo dunque in attesa di Grand Theft Auto VI, mantenendo John Marston in panchina, per ingannare il tempo che ci separa dall’imminente blockbuster made in Rockstar Games.
La recensione in breve
Red Dead Redemption o, meglio, il suo porting per PC, sa di occasione persa. Un prodotto tutt'ora affascinante, vessato da una realizzazione tecnica ai limiti dell'indolenza, che non mette minimamente a frutto le potenzialità della master race, nonostante i quattordici anni intercorsi dalla release originaria. Un buon passatempo, in attesa di Grand Theft Auto VI, ma nulla più. La memoria di John Marston vive, nella sua miglior versione, ancora su Xbox 360 e PlayStation 3.
-
Voto Game-Experience