Dateci retta: prendetevi due ore della vostra vita e dedicatele a Boy Kills World. Un film che non passerà di certo alla storia per il suo cast, la sua storia e per le tematiche trattate. Il modo, però, in cui si svolge tutto il film, è chiaramente dedicato a tutti coloro provano una passione smodata per i videogiochi. E pensate che il film è riuscito anche ad ispirare uno sviluppatore sudafricano, sino a portarlo alla realizzazione di Super Dragon Punch Force 3.
La leggenda narra che tutto è nato con una chiaccherata tra amici. Il regista Moritz Mohr voleva, a tutti costi, realizzare un film action con una spiccata propensione alla spettacolarità. Il problema è che non aveva alcun budget a disposizione. Ed ecco che quegli amici decisero di vuotare le loro tasche per realizzare un trailer. Tanto è bastato per convincere un tale di nome Sam Raimi, facendo sì che quel sogno oggi divenisse oggi una realtà. Vi lasciamo, dunque, alla nostra recensione di Boy Kills World, disponibile a partire dal 27 aprile su Prime Video.
La doppia faccia della vendetta
C’era una volta un bambino che ha visto morire sua sorella e sua madre, per poi finire impiccato e sfuggire alla morte per un soffio, il tutto per il puro gusto di un dittatore e di una sua macabra cerimonia di “selezione”. C’era una volta un bambino che si è fatto ragazzo, e che ha dovuto sacrificare la lingua e l’udito per diventare una creatura in grado di non provare emozioni e compassione. C’era una volta un ragazzo che si è fatto uomo, divenuto un’arma altamente letale, in cerca di sangue e vendetta.
La realtà attorno a questo ragazzo senza nome, rimasta ovattata dal suo durissimo addestramento, gli viene sbattuta in faccia in maniera cruda e senza filtri. Il massacro che egli compie, in nome di quella vendetta contro il Dittatore e la sua famiglia, inizia ad assumere dei toni sempre più dark sino ad instillare tanti dubbi sul concetto stesso di buoni e cattivi. Quella realtà che la neo macchina da guerra giudica come tale, è veramente quella che egli si era preconfigurato?
Nei panni del uomo senza nome troviamo Bill Skarsgård, che per l’occasione ha sfoderato un fisico statuario ed un linguaggio non verbale degno di nota. Peccato che nelle sequenze di combattimento si è vista tutta la sua inadeguatezza in questo ruolo, con movimenti troppo legnosi e artificiosi per via della sua mole non indifferente. Cosa che non possiamo dire, invece, di Jessica Rothe, nei panni del leader della gendarmeria al servizio dei Van Der Koy, che si dimostra perfetta per il ruolo di action-combattente-acrobatica.
Di contesto, spicca la presenza di Andrew Koji nelle fila dei buoni, anche se la sua interpretazione è ben lontana dai tempi di Snake Eyes: G.I. Joe – Le origini (per quanto il ruolo di folle buontempone gli si addice “alla grande”). Tra i cattivi, la conturbante presenza di Famke Janssen incide solo “marginalmente”, senza lasciare un segno tangibile del suo spessore come attrice “navigata” (escludendo alcune “botte di vita” in sporadici momenti).
Ma che c’entrano i videogiochi?
Rientriamo nel tema della nostra stessa esistenza, a parliamo di videogiochi. Ma cosa c’entrano questi in Boy Kills World? Ebbene parliamo di picchiaduro a scorrimento, quelli che vedono il nostro inesorabile passaggio tracciato da una scia di morte e distruzione, che culmina con lo spawn del boss di livello. Ok, prendete questa semplice logica, che ricordiamo aver animato le sale giochi di tutto il mondo per oltre un ventennio, e applichiamola ad una pellicola cinematografica. Il risultato è Boy Kills World.
Il regista tedesco Moritz Mohr ci va giù pesante sull’argomento, colorandolo di estrema violenza e limitando al minimo ogni tipo di filtro. Si passa da un eccesso all’altro, ma resta sempre, nel sottotesto narrativo, quello sviluppo consequenziale di eventi tipico di un videogioco. Con tanto di aumento del livello di difficoltà man mano che ci si avvicina ai titoli di coda.
Per sottolineare ancora di più questa vicinanza, in occasione delle boss fight, subentra la voce di un narratore esterno che annuncia l’inizio e la fine del combattimento. La “castrazione” arriva dalla traduzione pedissequa dall’inglese all’italiano, sradicando la magia del momento ancor prima di saggiare i pop corn. Ma non è l’unica cosa che viene distrutta dalla localizzazione. Anche la scelta di cambiare il timbro di voce del grillo parlante in testa al protagonista è stata deleteria. Nella versione originale del film, è stata scelta la voce graffiante in una persona in là con l’età, giusto per creare una sorta ossimoro intellettuale. Cavolo, un ragazzo con la voce di un vecchio: ma costui (rivolto al regista tedesco) è un folle? La risposta è sì, nella misura in cui questo tipo di scelta paga moltissimo (nella versione originale). Peccato che in Italia abbiamo avuto la fantastica idea di distruggere questa scelta creativa del regista, localizzando il tutto con la voce di un coetaneo del protagonista. Perdonaci Moritz.
Originalmente ispirato
Non è tutto, però, frutto dell’originalità. Boy Kills World prende in prestito alcune idee narrative che abbiamo già visto altrove, e non occorre essere degli accaniti cinefili per scorgere alcuni déjà vu. Quel mix “violentoironico” che nel corso delle due ore del film allietano – giusto per usare un eufemismo – gli spettatori, lo ricordiamo in un certo film di un tale di nome Quentin Tarantino. L’unica differenza la si nota nella scelta del regista italo-americano, nelle scene di estrema violenza, di utilizzare degli artifici stilistici per censurare gli “estremismi”, mentre il buon Mohr non lascia nulla nel non detto.
Quanto alla trama, che vede un regime dittatoriale tenere sotto scacco il popolo, il quale è costretto, una volta all’anno, ad offrire un sacrificio per espiare le proprie colpe: non vi ricorda proprio nulla? Non vi ricorda, per caso, un certo film dove, in una cerimonia chiamata “Mietitura”, due giovani di sesso opposto, di età compresa tra i 12 e 18 anni, venivano scelti per partecipare ad un gioco al massacro?
Le libere ispirazioni a Kill Bill e a Hunger Games sono tangibili ed inequivocabili. Per carità, nulla che fa urlare al plagio, e il mix ispirato, tutto sommato, funziona anche bene. La scelta di buttare nel calderone una macchina da guerra con il viso d’angelo (e il cervello completamente fritto dalle allucinazioni oppiacee), e una struttura narrativa in formato beat’em up, hanno fatto sì che i 120 minuti di visione siano stati più che piacevoli. E non vi nascondiamo che una seconda run non ci dispiacerebbe affatto (magari in compagnia di nostri “simili”).
La recensione in breve
Un film che si fa piacevolmente vedere, nonostante i suoi alti e bassi. Assolutamente dedicato ad un pubblico di matrice nerdiana, che ama l'azione (e si fa andare bene anche la malsana violenza) e dedica buona parte del suo tempo libero ad accarezzare il controller con le dita. Ottimi gli effetti speciali, anche se il protagonista principale paga la sua stazza nelle scene action. Ve lo consigliamo (ma solo se rientrate in quella precisa nicchia di cui sopra).
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Voto Game-Experience