Assassin’s Creed Mirage rappresenta il punto di snodo, tra passato e presente, per il franchise di maggior successo di casa Ubisoft. Un progetto in chiave minore, nato per rinfocolare l’amore dei fan storici verso una saga che, da qualche anno in qua, aveva deviato pericolosamente, allontanandola dai favori del grande pubblico. Valhalla, pur essendo risultato il gioco più venduto di sempre, all’interno del franchise, ha rappresentato la pietra dello scandalo per la vecchia guardia, sentitasi abbandonata in balia di una deriva action che nessuno vedeva pertinente alla natura del franchise.
Subodorando questo malcontento, nemmeno troppo celato, Ubisoft ha pensato di correre ai ripari, realizzando un episiodio di transizione tra il passato della serie ed un futuro tanto vasto quanto coperto da nubi fitte di mistero. Ed ecco dunque Mirage, un atto di amore verso l’origine della serie e una mano tesa verso la fanbase storica. Missione riuscita? O semplice autocitazionismo fine a sé stesso? Scopriamolo insieme nella recensione di Assassin’s Creed Mirage.
Le rivoluzioni partono da lontano
La parola chiave per interpretare Assassin’s Creed Mirage è autoreferenzialità. E non parliamo, non solo, almeno, della palese matrice citazionista del capostipite, datato 2007, della serie. Assassin’s Creed Mirage è una diretta derivazione di Valhalla, di cui condivide lore (di base) e (co)protagonisti, seppure in periodi storici differenti da quelli in cui li abbiamo conosciuti.
La svolta action data dalla trilogia di Layla, composta da Origins, Odyssey e Valhalla, ha spostato la serie verso un successo globale (in termini di vendite), foraggiato soprattutto da un pubblico giovane, capace di meglio apprezzare una versione “arcade” delle dinamiche del credo. Come effetto collaterale si è assistito ad un frattura della fanbase, in cui i seguaci della prima ora hanno avuto a che fare con un prodotto non più riconoscibile come parte fondante del franchise.
Ed è proprio per tendere la mano a questa frangia, si estremista (di cui faccio parte) ma giustificata, che Ubisoft ha deciso di spostare, con Assassin’s Creed Mirage, il focus della azione (e della narrazione) verso l’origine della serie, tornando (più o meno) dove ogni singolo membro di questo boomer batallion aveva lasciato il cuore: Baghdad e quel medio oriente la cui fascinazione è ancora viva e vegeta dai tempi di Altair Ibn-La’Ahad.
So far, so good…
Si torna, dunque, ad impersonare Basim Ibn Ishaq, Basim per amici e confratelli, ma non il personaggio fatto e finito, deuteragonista di Valhalla, consapevole della sua natura ibrida Umana-ISU, in quanto re-incarnaizone del Dio norreno Loki. In Assassin’s Creed Mirage avremo a che fare con una versione molto giovane di Basim, uno scapestrato ragazzotto pronto a mettersi nei guai per impressionare la congrega degli occulti. Da li ad intraprendere il percorso di formazione che lo porterà ad essere un letale assassino, il passo sarà breve.
Ci troveremo dunque a (ri)vivere l’ingresso furtivo di Basim e Nehal, sua fida amica, nel califfato di Baghdad, per sottrarre al Califfo in persona un antico manufatto cui la setta degli assassini era interessata. Immancabile, l’apparizione dell’Ordine degli antichi a complicare un quadro già pericoloso di suo. Basim e Nehal riusciranno ad impossessarsi di quello che si rivelerà un manufatto ISU, il cui semplice contatto con la pelle di Basim gli causerà incubi e visioni, esponendolo e facendolo scoprire dal Califfo in persona.
Prima di una ignominiosa fuga, il Califfo rimarrà vittima di Nehal: gli eventi risultanti porteranno ad una violentissima rappresaglia, con l’uccisione di quasi tutti gli abitanti del distretto popolare di Baghdad da parte dell’Ordine degli Antichi, deciso a recuperare il maltolto. Basim sarà dunque costretto a fuggire con gli assassini, visto che la sua presenza a Baghdad mal sarebbe stata tollerata dai nuovi detentori del potere in città
Innovare, nel segno della continuità
Questo l’incipit narrativo alla base di Assassin’s Creed Mirage, un incipit che ci vedrà, nuovamente farci strada nella gerarchia della confraternita degli occulti. La nostra peregrinazione ci porterà a visitare location leggendarie come la fortezza di Alamut, al tempo ancora in costruzione e ad assistere alla ripetizione di rituali che qualsiasi appassionato del credo conosce a menadito.
Non solo citazionismo ed autoreferenzialità, in Assassin’s Creed Mirage. Sarebbe infatti stato stupido riproporre una copia carbone del primo episodio, facendo leva sulla fascinazione di Altair e compagnia cantante, nell’anno domini 2023. E’ innegabile che l’ultima fatica Ubisoft attinga a piene mani dall’immaginario appena citato, ma lo è altrettanto che i ragazzi di Bordeaux abbiano lavorato di fino per proporre una esperienza di gioco tanto classica quanto al passo con i tempi.
Questo corto circuito, tanto audace quanto apparentemente irrealizzabile, è stato raggiunto soppesando gli elementi di successo di ogni singolo capitolo di Assassin’s Creed, selezionandoli, isolandoli, spogliandoli e riducendoli al minimo. Una volta identificate queste dinamiche, il team Ubisoft Bordeaux ha badato ad inserirle ed integrarle in un setting storico-geografico minimale, disconoscendo dunque, almeno per questa incarnazione la (sovra)abbondanza cui gli ultimi episodi ci avevano abituati.
Qualità, non quantità!
Il primo segnale di questo “ritorno al passato” è la cospicua riduzione dell’area di gioco. Dimenticate dunque le vaste e dispersive aree giocabili egiziane o greche: in Assassin’s Creed Mirage tutto sarà concentrato nella sola area di Baghdad, al fine di garantire una esperienza si concentrata ma completamente dedicata alla giocabilità.
Ritroveremo infatti un parkour ambientale molto simile a quello visto in Unity, unito ad un combat system derivativo da quello visto nel secondo episodio. Sparita invece qualsiasi velleità di progressione ruolistica: niente più punti esperienza, sostituiti da livelli assassino, con skill tree schematiche, lineari e non dispersive. Tutto ciò, ovviamente, orientato ad una facile fruizione del sistema di controllo / combattimento, senza bisogno di tenere a mente decine di alternative tra cui scegliere, come in Odyssey o Origins.
Torna invece, debitamente rivisto, il sistema delle indagini già presente in Odyssey. Anche qui dovremo raccogliere indizi per progredire nella narrazione, affidandoci il più delle volte alla esplorazione ambientale, altre alla semplice casualità. A riguardo, menzione di merito per il graditissimo ritorno della vista dell’aquila, nuovamente fondamentale in chiave gameplay, e della esplorazione mediante la nostra fida aquila Enkidu, in guisa di quanto accadeva nel capostipite datato 2007.
Mirage riporta, finalmente, lo stealth al centro dell’esperienza di gioco, favorendo i giocatori che, aderenti ai dettami del credo, non metteranno in pericolo, facendosi scoprire, l’essenza stessa della confraternita. Il combat system, schematicamente derivato dai primi episodi della saga, vede invece parry e schivata, come parte integrante della esperienza di gioco, minuscola eredità della trilogia action appena conclusasi.
Credo Cross-gen
Assassin’s Creed Mirage è una esperienza videoludica di tutto rispetto, progettata però in piena guisa cross-gen, a ben tre anni dal debutto delle macchine da gioco di nuova generazione. Questa scelta, comprensibile e rispettabile in ottica commerciale, si riflette però sulla mancata “unicità” del prodotto finale, che ha dovuto sottostare a diverse limitazioni per poter girare su un parco macchine così diversificato.
Ciò non vuol dire che l’ultimo nato in casa Ubisoft Bordeaux sia un brutto gioco, tutt’altro! Assassin’s Creed Mirage è un prodotto dotato di un carattere tutto suo, progettato specificamente per una utenza old-school. Questa “destinazione d’uso” ha tarpato il “coraggio” degli sviluppatori, che han preferito rifugiarsi in una comfort zone ben delimitata, rischiando il meno possibile.
Assassin’s Creed Mirage, provato su Xbox Series X, dispone di due modalità grafiche, prestazioni e qualità, volte ciascuna a privilegiare, la prima una esperienza di gioco fluida, la seconda una maggiore fedeltà grafica. Mentre la modalità prestazioni garantisce, a fronte di una risoluzione dinamica, un framerate di 60fps, quella qualità fatica a tenere i 30fps nelle situazioni più concitate.
Il comparto audio è, invece, impeccabile: la qualità del doppiaggio (tanto italiano, quanto inglese) rende Mirage piacevolissimo da seguire, grazie anche ad una OST azzeccatissima e sempre di effetto.
Versione testata: Xbox Series X
La recensione in breve
Assassin's Creed Mirage gioca in difesa, proponendo una esperienza di gioco dannatamente piacevole, pur se palesemente ancorata al passato.
Lo stealth torna ad essere il fulcro del gameplay, ambientato in una mappa minimale atta a privilegiare qualità della esperienza di gioco invece della quantità.
Un prodotto divertente ma non coraggioso, che si rifugia in una comfort zone ovattata da autoreferenzialità e glorificazione delle origini della serie. Un buon intermezzo, in attesa di un capitolo realmente next-gen.
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Voto Game-Experience