Pochi giochi, nel panorama del gaming contemporaneo, possono fregiarsi di un nome capace di attirare, senza proferire altro, l’attenzione di schiere di fans urlanti. Prodotti come Final Fantasy, Call of Duty e Street Fighter, solo per citarne alcuni, rappresentano magneti capacei di attrarre attenzione senza sforzo alcuno. Dopo aver assistito a remaster e remake vari ed eventuali, il 2023 si sta dimostrando l’anno in cui gran parte dei sopraccitati titoli otterrà (o ha appena ottenuto) un seguito ufficiale.
Dopo aver, dunque, assistito alla release di Street Fighter VI e all’imminente rilascio di Final Fantasy XVI, il 6 Giugno di questo anno abbiamo avuto la fortuna, capirete dopo il perchè, di mettere le mani sul quarto episodio di uno dei franchise più famosi di casa Blizzard. Il Diavolo è tornato, più in forma che mai e pronto a candidarsi, senza esitazione alcuna, al titolo di game of the year. Ma procediamo con calma e scopriamone di più con la recensione di Diablo IV.
Una attesa infinita… ben ripagata
Il 6 Giugno 2023 rappresenta (e rappresenterà) una data fondamentale per tutti i fan di Diablo. Dopo ben undici anni di attesa, ventitre per i puristi (capaci di considerare il terzo come un episodio “apocrifo”), Diablo IV è finalmente arrivato su PC e console di tutto il mondo. La “fame bulimica” che ha caratterizzato gli anni di attesa dall’ultimo episodio canonico hanno “costretto” Blizzard a ri-proporre il proprio franchise di punta in ben due iterazioni parallele. Diablo: Immortal e Diablo II: Resurrected, remaster in alta definizione del capitolo più amato (fino ad ora…) del franchise.
Il primo di questi due prodotti ha rappresentato, però, la pietra dello scandalo per gli hardcore fan del franchise, per via di politiche di monetizzazione tutt’altro che comprensibili, finanche in un prodotto pay to win. Diablo II: Resurrected ha incarnato, invece, la natura perfetta dei Diablo di un tempo, oltre a risultare un marker chiaro e conciso dell’interesse della community nei confronti di un seguito che, pure a distanza di così tanto tempo, incarnasse quei valori e quella tipologia di gameplay andati persi con un terzo, discussissimo, capitolo.
E, lo dico a scanso di equivoci, Diablo IV pare essere uscito, pur con i suoi tanti cambiamenti, da una capsula temporale atta ad annullare la distanza cronologica tra l’attuale ed il secondo capitolo e fornirci una versione dello stesso evoluta ma rispettosa della tradizione. L’ultima fatica Blizzard rappresenta, infatti, un atto d’amore verso il franchise, capace di innovare nel senso della continuità e di regalare alla fanbase una esperienza videoludica di primissima caratura. Referenziale ma non troppo: di sicuro Diablo IV fa di tutto per non essere un more of the same con sporadiche aggiunte, atte a “illudere” i fans riguardo corpose novità, un vanto di cui altre produzioni AAA non possono fregiarsi
Diablo o World of Warcraft?
L’arrivo di Diablo IV nell’anno domini 2023, quarto episodio di un franchise dalle caratteristiche altamente conservative, è stato possibile solo venendo a mediare tra la voglia di creare un gioco radicalmente ancorato nel passato e quella di realizzare un prodotto, proiettato nel futuro e capace di sedurre finanche i nuovi giocatori. L’ampliamento dello spettro di utenza è stato raggiunto, con grandissimo successo, osservando le enormi code per accedere al mondo di gioco, sia durante l’early access, che durante l’esperienza canonica, avvalendosi della grande esperienza maturata, in decenni di pratica, con World of Warcraft.
Quella che, a prima vista, potrebbe sembrarvi come una bestemmia, ha rappresentato il corto circuito intra-produttivo capace di donare, al netto del blasone del franchise, successo ed appeal immediato a questo quarto capitolo. Con Diablo IV, Blizzard ha infatti tradito, rimando al contempo fedele, la natura primordiale del suo franchise di maggior successo, trasportandolo da una dimensione single-player only ad una simil-mmorpg, preservando l’esperibilità narrativa del titolo, anche in solitaria.
Saremo dunque invogliati, ma mai obbligati, ad intraprendere le nostre peregrinazioni nel mondo di Sanctuarium in compagnia di uno o più amici (o completi sconosciuti incontrati nei punti di ritrovo), tanto per facilitarci l’esperienza di gioco, in alcuni frangenti davvero probante in solitaria, quanto per una migliore gestione delle tattiche di approccio alle battaglie e dell’inventario. Perchè, che si parli di multiplayer locale (da tempo immemore non vedevo un A-RPG così ben gestito) o remoto, è impossibile negare che Diablo IV esprima al meglio la sua natura giocando in maniera collaborativa. Ed è appunto questa scintilla creativa, questo cortocircuito videoludico, che riuscirà nel compito di preservare intatto il divertimento del franchise originale, stravolgendone in toto l’approccio fondante.
Lilith e Inarius: lotta senza tempo
Da che mondo è mondo, il franchise di Diablo non viene ricordato, certamente per un comparto narrativo da oscar. Nel corso degli anni abbiamo assistito, infatti, all’allestimento di canovacci stereotipati capaci di fungere da Deus Ex Machina utili a giustificare la nostra permanenza nel mondo di gioco e a darci uno (o più) motivi per menare le mani contro il villain di turno.
Diablo IV, pur non sottraendosi a questa legge non scritta del franchise, cerca di spostare l’asticella più in alto, riuscendoci a mio parere, e donandoci, pur sempre con tutte le attenuanti di cui sopra, una trama utile sia a giustificare le nostre peregrinazioni che a tenerci incollati allo schermo per via del livello narrativo.
A causa di un arcano rituale, assistiamo al risveglio di Lilith, figlia di Mefisto (il villain di Diablo II) e, contemporaneamente, al rientro in gioco di Inarius, l’allora arcangelo che contribuì, insieme a Lilith, alla creazione del mondo di Sanctuarium. Nel corso dei millenni, però, qualcosa successe tra loro (qualcosa di cui non vi dirò nulla al fine di non spoilerarvi alcuni dei momenti topici della narrazione) e ora Lilith, risvegliatasi dopo millenni di prigionia, mette in azione una serie di intenti atti a garantirle una cospicua vendetta nei confronti del suo pari.
Capace di corrompere gli uomini, li piega alla sua volontà, creando dunque un esercito di adepti, pronti a morire per lei. Legati, per via di un rituale magico subito a nostra insaputa, a Lilith, saremo costretti a percorrere in lungo ed in largo tutta Sanctuarium alla sua ricerca, assistendo al dipanarsi della trama che non ci risparmierà più di qualche colpo di scena di miltoniana memoria.
Uguale ma diverso
Come vi dicevo prima, Diablo IV affonda le proprie radici tanto nella lore quanto nella esperienza ludica del secondo episodio, non sottraendosi, però, alla fruizione di meccaniche introdotte con il debutto del terzo, bistrattato, capitolo. Una volta scelto il nostro alter ego virtuale tra Druido, Incantatrice, Tagliagole, Barbaro e Necromante verremo lanciati nel mondo di gioco dove, tenendo fede alla natura Action Rpg tipica della serie dovremo menare le mani al fine di “grindare” e livellare il nostro personaggio per affrontare nemici sempre più coriacei.
A differenza delle precedenti iterazioni, non ci sarà più permesso di distribuire i punti abilità ai nostri personaggi, trovandoci a scegliere tra i cinque archetipi sopraccitati, senza possibilità di personalizzazione ruolistica alcuna, almeno all’inizio. Ogni passaggio di livello ci permetterà di sbloccare un punto abilità, punto con il quale potremo percorrere lo skill tree, assegnando al nostro personaggio un potere che gli garantirà maggiore duttilità di azione durante i combattimenti. Con il progredire della storia sbloccheremo sempre più slot, fino ad un massimo di sei, per permettere al nostro alter ego digitale di utilizzare tutti i potenziamenti del proprio skill tree.
L’avanzamento di livello non porterà, però, un vantaggio così palpabile in quanto anche il mondo di gioco, e i suoi abitanti, progrediranno di pari passo, innalzandosi al nostro stesso livello e spostando, nuovamente, verso l’alto il coefficente di accessibilità dei combattimenti: ad essere onesti, non comprendiamo esattamente l’utilità di questa scelta, in completa controtendenza con la tara storica della saga e, comunque, non gratificante ai fini del gameplay.
Progressione lineare, ma non troppo
La scelta del personaggio non rappresenterà un semplice vezzo estetico ma ci porterà a pensare e realizzare in modo differente il nostro approccio ai combattimenti. Sfangati, infatti, i primi livelli, i vari perk che sbloccheremo, per ciascuna delle classi disponibili, ci consentiranno di diversificare incredibilmente il nostro approccio alle battaglie e, in caso di gioco in solitaria, aumentere a dismisura la ri-giocabilità dell’ultimo nato in casa Blizzard.
Visto e considerato, però, come detto prima, che difficilmente l’intero playthrough di Diablo IV potrà essere affrontato in solitaria, saremo portati ad effettuare “accoppiamenti” di personaggi, per il gameplay cooperativo, che possano garantirci una diversificazione, anche di matrice strategica dell’interazione ambientale. Interazione ambientale che non si limiterà esclusivamente al combattimento: rispetto ai passati episodi è stata infatti inserita la possibilità di effettuare una schivata veloce, al fine di tirarci fuori da situazioni poco piacevoli in men che non si dica.
Questa feature è molto utile con i boss che, periodicamente, ci troveremo ad affrontare. A differenza, infatti dei nemici appartenenti al bestiario “standard”, avranno un raggio di azione a trecentosessanta gradi, spostandosi in tutta l’area di gioco e lanciando attacchi con pattern difficilmente desumibili, se non dopo più di qualche game over.
Il rientro in gioco, dopo il game over, ci permetterà di affrontare nuovamente le orde di nemici che hanno avuto, precedentemente, ragione di noi, affibbiandoci un malus alla resistenza delle armi, capaci dunque di infliggere meno danni rispetto al valore nominale delle stesse.
Open World – Infinite possibilità, ma mal sfruttate
Principale novità di Diablo IV risulta essere, per l’appunto, l’ambientazione. Creata e modellata seguendo la lore dettata dai tre precedenti episodi, assistiamo al debutto di un mondo di gioco completamente open world. La mappa, infatti, sarà liberamente esplorabile, da parte a parte, sin dai primi vagiti di gioco. Unica limitazione, a mo di avvertenza però, sarà la notifica del livello minimo per accedere alla sezione in questione. Potremo comunque accederci, rischiando però perentori game over per via di una soverchiante superiorità bellica dei nostri avversari.
La possiblità di vagare liberamente tra i livelli, senza obbligo alcuno di seguire un percorso predefinito vive in una alternanza di alti e bassi. Sarà, infatti, possibile scoprire templi, santuari e forzieri contenenti loot, trovandoci a poter grindare con nemici al nostro livello per poter progredire e sbloccare perk dei nostri alter-ego digitali. Mentre, però, le ambientazioni esterne risultano essere più che gradevoli e differenziate, abbiamo notato una monotonia (progettuale, sia chiaro) di base nella esplorazione dei dungeon (pur generati proceduralmente), l’uno identico all’altro, non fosse per la diversificazione delle mappe.
Nelle oltre trenta ore che mi han visto peregrinare nel mondo di Sanctuarium, inoltre, raramente mi sono imbattuto in loot leggendario, trovando spesso e volentieri oggetti rari o non comuni, che poco avrebbero aggiunto alla mia attuale preponderanza bellica. Ciononostante, l’esplorazione libera di Sanctuarium risulta gradevole, divertente e mai banale, grazie anche alle centinaia di side quest (per quanto un filo ripetitive) che ci troveremo ad affrontare.
Endgame. Cosa aspettarci?
Diablo IV abbraccia il live service. Non saprei meglio definre l’esperienza endgame, per come si sta venendo a configurare. A partire da un comparto narrativo monco, che sarà completato in futuro dalle espansioni che verranno via via rilasciate nel corso del tempo, fino alla evidente presenza di un new game+ mascherato.
La fine della nostra peregrinazione in quel di Sanctuarium, non sarà altro che l’inizio di una fase due che, di qui a breve, verrà a configurarsi come una produzione live service, con tanto di sfide periodiche, eventi a tempo, boss mondiali debitamente progettati per la presenza di decine di giocatori e, ovviamente, la presenza del PvP e, auspicabilmente, dei raid.
L’esperienza “single player” di Diablo IV, quella che comunemente chiamiamo campagna, ci permette di scalfire solo la superficie del progetto ideato e realizzato dai ragazzi di Blizzard, piano che porterà ad un supporto pluriennale della loro ultima creatura. Per una corretta valutazione del tutto, ci riserveremo di trattare separatamente ogni singolo major update, al momento del rilascio.
Microtransazioni – Croce e delizia
Se l’impostazione live service style potrebbe rappresentare la chiave di volta per un successo duraturo di Diablo IV, ad affossare gli intenti di Blizzard pensa un comparto di monetizzazione che, pur non essendo marcato come quello presente in Diablo: Immortal, tende ad una monetizzazione tanto aperta quanto sfacciata.
Non ci sarebbe nulla di male nella possibilità di “shoppare duro”, pratica che personalmente aborro totalmente ma di cui riconosco “l’utilità” se fatta in modo saggio. Diablo IV ci mette in contatto con un ingame shop che ci permetterà di acquistare modifiche estetiche per i nostri alter ego, modifiche invero meravigliose a vedersi, a prezzi, però folli, visto e considerato che il gioco di partenza viene venduto a prezzo pieno e che, di prassi, i criteri di monetizzazione per prodotti non pay to win, dovrebbero essere molto più parchi e commisurati.
Questo elemento ha già causato un enorme vociare da parte della community, palesemente avversa a questo cowmilking sfacciato e inconcepibile, considerato il prodotto di partenza: Blizzard ha comunicato che prenderà provvedimenti a riguardo. Speriamo dunque che ci sia una parziale marcia indietro e che vengano abbassati i prezzi a livelli “umani”.
Una gioia per i sensi
Tecnicamente Diablo IV rasenta la perfezione. In una tempolinea in cui non c’è AAA alcuno giocabile senza game-breaking bug al dayone, l’ultimo nato in casa Blizzard va in completa controtendenza, presentandoci un prodotto solido e fruibile in ogni suo aspetto.
Nessun rallentamento a schermo, nessun crash di sistema, nessun blocco e solo qualche bug minore: Diablo IV può vantare una ottimizzazione allo stato dell’arte e un comparto grafico – sonoro da urlo.
Unica pecca, il periodico sovraffollamento dei server, che costringe gli utenti a lunghe code di attesa prima di poter entrare in Diablo IV, anche solo per fare una partita single player.
La recensione in breve
Diablo IV rappresenta quanto di meglio il genere action Rpg possa esprimere in questo momento. Un gameplay solidissimo e vario, unito ad una rigiocabilità esponenziale, ci mette in contatto con un prodotto capace di settare nuovi standard per il settore.
Una leggera ripetitività e un comparto narrativo discreto ma non eclatante vanno ad indebolire l'offerta di base, in attesa degli eventi endgame.
Comunque, un acquisto obbligato per tutti.
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Voto Game-Experience