“Eh ma non è più a turni”. “Eh ma è troppo action”. “Eh ma è troppo dark”. “Eh ma non vedo il fiume Ngube”. Basta. Davvero, basta. Le lamentele dietro al franchise di Final Fantasy sono sempre state tante, probabilmente troppe. Da che ne ho memoria, ossia da quando le mie sinapsi si stavano facendo largo nell’intricato mondo digitale dei gdr, ne ho sempre lette di tutti i colori: Final Fantasy X-2 era troppo una soap opera, Final Fantasy XII snaturava troppo l’essenza della serie, Final Fantasy XIII era un passo indietro, Final Fantasy VII Remake è brutto perché la storia è diversa (e ommioddio sia mai che in un remake qualcuno provi a cambiare le cose), salvo poi lamentarsi anche che il remake non era necessario perché tutto è rimasto uguale. Dai, basta.
Sì, Final Fantasy XVI non sarà il solito Final Fantasy, cosa che l’ultimo State of Play, se non fossero bastate le occasioni precedenti, ha sottolineato nuovamente con decisione. Ma il solito Final Fantasy, che ci vogliate credere oppure no, non tornerà mai più. Non nell’accezione che sperano i detrattori, quantomeno, e non nella forma che molti sperano di vedere.
Con una Square Enix in piena fase riorganizzativa, ri-accentrando le sue produzioni sull’impronta nipponica dopo debacle gargantuesche come Marvel’s Avengers o quel Deus Ex che ancora grida vendetta, la saga JRPG più famosa di sempre è in procinto di essere spremuta all’inverosimile (anche più di prima), e questo porterà a tanti prodotti, tante forme di intrattenimento e tante possibilità. Un nuovo World of Final Fantasy, ad esempio, non sarebbe affatto sgradito.
Ma la saga principale, quella con i numeri romani davanti per intenderci, è ormai passata a un altro livello. Final Fantasy ora è come una simil compagnia di trasporti su rotaia: ci sono i capitoli principali, belli, agili, veloci, puliti; su un altro binario troviamo i titoli minori, quelli piccoli, magari un po’ sporchi e rurali ma comunque funzionali e apprezzati da una buona dose di fan, specie quelli nostalgici, come i convogli regionali. Nel mentre, vi lasciamo alle nostre impressioni e reazioni al gameplay trailer di Final Fantasy XVI.
Il gameplay: azione su tutti i fronti
Nel mentre che il dibattito va avanti, Square Enix (e Sony, di rimbalzo) se la ride in tutta tranquillità, perché dopo l’ultimo State of Play non solo Final Fantasy XVI è diventato il gioco più atteso in Giappone superando addirittura The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, ma i suoi preorder sono anche saliti alle stelle, a riprova del fatto che ancora oggi il brand gode di ottima salute – se trattato a dovere, ovvio.
E sebbene persistano ancora alcuni legittimi dubbi, in particolare sull’importanza della componente ruolistica, nonostante le ulteriori rassicurazioni, è abbastanza evidente che l’ultima comparsata della sedicesima Fantasia Finale di fronte al pubblico di tutto il mondo abbia conquistato moltissimi utenti, mettendo in evidenza un combat system apparentemente inattaccabile e frutto di un meticoloso studio che non lascia scampo alle sbavature. Almeno per quello che ci è stato mostrato, ovviamente.
Lo State of Play ha in particolare ribadito alcuni concetti già espressi in passato, come il fatto che Clive sia l’unico personaggio giocabile, la presenza del tanto affettuoso quanto temibile cane Torgual che lo accompagnerà ovunque, e soprattutto la straordinaria imponenza delle battaglie tra gli Eikon.
Se già il combat system di Final Fantasy XVI, nella sua modalità principale, presenta chiari punti di contatto con grandi esponenti del genere action e hack ‘n’ slash (non è un caso che Ryota Suzuki, responsabile del gameplay di Devil May Cry V, sia coinvolto nel progetto), le battaglie tra Eikon esaltano la magnificenza dell’azione, trasformando lo scontro in una sorta di picchiaduro tridimensionale profondo e su vastissima scala – vedere per credere: alcuni Eikon, che altri non sono se non le varie evocazioni classiche della saga come Ifrit, Titano, Bahamut e Garuda, sono grandi quanto intere montagne.
Nel corso della fase introduttiva dello State of Play, sono state inoltre mostrate alcune nuove e spettacolari sequenze di combattimento di Clive, scintillante e maestoso in ogni suo attacco, e non si parla solo di meri effetti luminosi o particellari. Lo stesso producer Naoki Yoshida ha voluto sottolineare a più riprese quanto il gioco sia nato per essere il primo vero GDR action della storia del franchise, un modo velatamente sarcastico per specificare che questo nuovo titolo, con Final Fantasy XV, avrà ben poche analogie. Ma del resto lo sappiamo, il gioco del 2016 ha subito una gestazione più complessa di Beyond Good and Evil 2 – no, scherzavamo, è impossibile.
Il mondo di gioco
Il mondo stesso di Valisthea appare molto più vivo, vario, piacevole da esplorare. I misteri, a detta di Yoshida, abbonderanno, e questo spingerà i giocatori ad abbracciare le gioie dell’open world concedendosi divagazioni dalla storia principale. Gli scorci mostrati nel video gameplay sono evocativi, artisticamente sublimi: di fronte a cotanta bellezza, non facciamo fatica a pensare che più di un giocatore si perderà ad ammirare ogni singolo angolo di queste magiche ma tetre terre – esplorandole, perché no, in spalla a un fidato Chocobo. L’importanza rivolta al lato artistico, fin troppo dimenticato in FF15 (o meglio, presente a intermittenza), porta alla luce situazioni e ambienti molto differenti tra loro, da profonde grotte/miniere a città e villaggi dallo stile molto differente tra loro a seconda della regione climatica nella quale si trovano.
Tornando al gameplay, Yoshida ha voluto ricordare che Final Fantasy XVI resta improntato su una forte componente ruolistica. Clive, nel corso del suo viaggio verso la vendetta, apprenderà numerose abilità grazie agli Eikon incontrati, oltre ad aumentare le proprie capacità e sfoderare tecniche sbalorditive, fondendo tra loro incantesimi di varia natura.
Per i giocatori meno abili nei titoli action, inoltre, ecco arrivare gli Accessori Rapidi, speciali oggetti che, a quanto detto, semplificheranno la vita e permetteranno agli utenti di godersi con più leggerezza il gioco. Una scelta azzardata ma comprensibile: il radicale cambiamento, specie per un fan di vecchia data, potrebbe essere un ostacolo per fruire dell’esperienza, e inoltre gli Anelli e oggetti in questione non renderanno automatici i combattimenti, spingendo comunque l’utente a cercare una build adatta e migliorarsi.
Nel corso dello State of Play sono state poi mostrate altre caratteristiche a contorno del gioco, in larga parte ormai una consuetudine per il genere. Clive potrà sperimentare i propri attacchi nel Training Mode, una sorta di arena virtuale di addestramento che consentirà di verificare skill e build; non mancheranno i classici negozi sparsi in tutto il mondo per acquistare nuove armature ed equipaggiamenti, e ovviamente i fabbri per migliorare le armi; stesso dicasi per le missioni secondarie, tra le quali si trovano anche le importanti taglie d’élite; con la modalità Arcade, inoltre, potrete consultare i punteggi degli altri giocatori nel resto del mondo, nella speranza di non ritrovarvi tra i peggiori combattenti del globo terracqueo.
Dubbi e perplessità
Il lungo e intenso State of Play ha dato una panoramica generale molto chiara su Final Fantasy XVI, e molti elementi sono ora usciti allo scoperto. Forse l’unico vero, grande dubbio, oltre ovviamente a quello legato alla storia che potrà essere sciolto solo dal 22 giugno, riguarda l’effettiva importanza della componente ruolistica, a dire il vero non particolarmente approfondita in questo frangente che ha lasciato invece sbalorditi per la ricchezza del combat system. Un elemento che richiede una notevole attenzione, ma a quanto si è visto, tra statistiche, approccio al nemico e interpretazione dello scontro, una buona base sembra esserci.
Noi ci fidiamo del buon Yoshida, l’uomo capace di ricostruire da capo FF14 e farlo diventare ciò che è oggi, ma siamo sicuri che l’elemento GDR non sia stato eccessivamente semplificato?