Con The Games That Weren’t, BItmap Books e Frank Gasking regalano una lezione di storia del videogioco alternativa, che chiunque appassionato del medium dovrebbe leggere almeno una volta.
Recita un vecchio adagio, “la storia la scrivono i vincitori”. Che si tratti di quella storia che ai tempi della scuola ci ha fatto impazzire un po’ tutti, o di quella (di certo meno noiosa) del videogioco, è abbastanza normale associare a specifici periodi storici quelle “figure” che, nei tempi che furono, svolsero il ruolo di protagoniste. Non è infatti un caso, nel nostro settore, se ci si riferisca agli anni di Doom, alla golden age di World of Warcraft, all’era del punta e clicca alla Myst o agli anni di dominio di FIFA. Difficilmente, tuttavia, sentirete parlare del 2000 come l’anno del primo Resident Evil su Game Boy Color. Con ancor meno probabilità sentirete elogiare lo SNES per il successo (si fa per dire) di Lanterna Verde. Il motivo? Nessuno dei due titoli ha mai visto la luce o, parafrasando il proverbio in apertura, ha vinto la propria partita. Per motivi, situazioni, dinamiche di studio differenti: ma, alla fine di tutto, è semplicemente sparito, per essere alla lunga ricordato solo da poche persone.
Tra le file ristrette di questa memoria storica esistono appassionati del settore del calibro di Frank Gasking, creatore e curatore (da più di qualche anno a questa parte) del progetto Games That Weren’t – un sito in cui viene censita, raccontata e analizzata una pletora di titoli più o meno famosi che per qualche motivo (dalla cattiva gestione economica alla pessima fortuna) non hanno visto la luce. Un sito che definire interessante è riduttivo, che narra valanghe di storie, retroscena e aneddoti su titoli che, difficilmente, riusciremo a mai provare. Il progetto di Frank Gasking, grazie al supporto di Bitmap Books, si è concretizzato in un volume del noto editore britannico, The Games That Weren’t: un tomo monumentale che, in oltre 640 pagine, racconta le storie sfortunate di più di 80 titoli mai apparsi – salvo rarissimi casi, e non per vie “ufficiali”. Il tutto con l’eleganza e lo stile a cui l’editore britannico ci ha abituati, e di cui vi abbiamo già parlato in occasione di I’m Too Young To Die.
Never Forget
Tra le creature di Bitmap Books in nostro possesso (fidatevi, non son poche e ne parleremo presto per bene), The Games That Weren’t è quella di certo più lontana dagli standard stilistici dell’editore: gli stilemi più tradizionali dell’artbook o del compendio lasciano spazio ad un approccio più narrativo, dove immagini e diapositive d’epoca sono sì al proprio posto, rimanendo però funzionali alla testo che accompagnano. The Games That Weren’t non è un artbook: pittosto, un vero e proprio libro a 360 gradi, che (oltre alla minima conoscenza del medium) richiede una certa padronanza della lingua per essere apprezzato come si deve.
Di cosa parla The Games That Weren’t? Beh, ormai l’avrete capito: le oltre 640 pagine del volume Bitmap Books raccolgono più di 80 store di fallimenti più o meno clamorosi, di prototipi che non hanno superato la fase iniziale di sviluppo o, di contro, di titoli pressoché completi ma scivolati inesorabilmente a pochi passi dalla linea del traguardo.
Molti di questi titoli sono rimasti sconosciuti al grande pubblico: difficile pensare, giusto per citarne uno, che il nome MARSOC faccia vibrare così tante antenne. Un titolo previsto in origine nel 2010 per PC, PS3 e Xbox 360, sviluppato da Zombie Studios e incentrato, come suggerito dallo stesso nome, sul corpo speciale dei Marine: il precursore mai nato della saga di Call of Duty? Noi sicuramente stiamo un po’ esagerando, ma Gasking non si ferma alla superficie e ne approfondisce ogni dettaglio della sua storia, dalla nascita al fallimento, in circa 16 pagine – corredando il tutto con bozzetti preliminari, schizzi e altro materiale.
Perché proprio MARSOC? Ad essere del tutto onesti, abbiamo aperto a caso The Games That Weren’t ed è il primo gioco che ci è apparso. Ma di altri esempi interessanti, più o meno illustri, non ne mancano : dal citato Lanterna Verde (che a momenti sanciva la fine prematura dello SNES) al videogioco dedicato a Waterworld (fortunatamente mai apparso, nel 1995, per 3DO e PlayStation), senza dimenticarci di un Carmageddon TV che, nel 2005, avrebbe fatto faville su PC, PS2 e Xbox, c’è così tanto materiale nel volume di Gasking che difficilmente ci si ritrova a metà strada tra lo stupito e l’incredulo. Specie nell’apprendere alcuni dei motivi più assurdi che hanno sancito la cancellazione di una potenziale nuova IP.
The Games That Weren’t copre un arco temporale che va dal 1975 al 2015 e, nei casi più clamorosi, alza la posta in palio mettendo a disposizione del lettore foto esclusive, materiale promozionale e interviste a membri del team e/o addetti ai lavori. Viene da se che quello di Bitmap Books è un libro per una certa tipologia di appassionati, per una frangia di pubblico alla ricerca dell’approfondimento nel senso più assoluto. Gasking non si rivolge al lettore casuale, che troverà comunque informazioni a sufficienza per appassionarsi come si deve alla materia, ma strizza l’occhio a chiunque, da questa analisi, sia in gradi di capire cos’ha condotto la spietata industria del videogioco a quello che è il suo status attuale. Un’ottima raccolta, insomma, ma con una malizia in più che un lettore critico saprà di certo cogliere.
Stile Bitmap Books
Vorremmo poter dire qualcosa senza rischiare d’essere ripetitivi, ma in termini qualitativi c’è poco da fare: anche The Games That Weren’t, come i restanti purosangue della scuderia britannica, vanta cura e attenzione strepitose, con qualità di carta e di stampa litografica eccezionali che difficilmente ti aspetti da un editore indipendente. L’inchiostro fluorescente verde acido, che campeggia in copertina e ci accompagna nelle 644 pagine di Gasking, è quel tocco di follia in quello che, per scelta estetica, è un design minimalista e ultra-elegante. Un risultato che, pur spiazzando all’inizio, ci mette poco per convincere: e il segnalibro vecchia scuola dello stesso verde acido, beh, è davvero un tocco di classe.
Per il resto, c’è poco da dire: la rilegatura è quella tradizionale dei testi Bitmap Books, e permette di appiattire il tomo per una visualizzazione ideale delle immagini a doppia pagina (seppur, nello specifico caso, siamo meno numerose rispetto a quanto visto su altri volumi). Dall’impaginazione generale di testi/immagini al font usato, The Games That Weren’t convince sotto ogni punto di vista, sia esso leggibilità, estitica o semplice voglia di stupire.
In Conclusione
The Games That Weren’t, ancor prima d’essere un libro da esporre con fierezza nella propria collezione, è un testo dannatamente interessante. Una lezione di storia al contrario, un’analisi su fatti che non sono accaduti volta ad approfondirne dettagli e contesti, spinta dalla volontà di portare alla luce le motivazioni del fallimento usando come fonti primarie gli addetti ai lavori. Un contributo pazzesco, quello di Gasking, all’intera idustria del videogioco, che tanto tramite il progetto online quanto con la versione “ridotta” stampata permette di tracciare, identificare, capire quali siano i motivi alla base della fine prematura d’un progetto e, perché no, di evitare la loro reiterazione. The Games That Weren’t non è una semplice antologia di quello che non giocheremo mai: è un passo in avanti per far sì che, di titoli morti prematuri, ce ne siano sempre meno. E, a prescindere, è un libro davvero imperdibile.
Disclaimer: Una copia di The Games That Weren’t ci è stata gentilmente fornita da Bitmap Books per la stesura di questa recensione. Per maggiori dettagli, e per osservarne il catalogo sensazionale, vi rimandiamo al sito ufficiale dell’editore.