All’E3 2018 a Los Angeles si è parlato di tantissime cose, tra cui forti accenni alla (forse) prossima rivoluzione in salsa cloud computing nel mondo del gaming che porterà all’inesorabile morte e rinascita dell’hardware casalingo verso servizi di streaming. Lo vediamo con la beta di GeForce Now, o ancora, come qualche settimana fa vi riportai, l’acquisizione di GameFly Inc. da parte di EA. Insomma, ci sono molti segnali, tra cui notizie di investimenti e progressi tecnologici, che rendono ovvia la futura transizione – totale o parziale che sia – verso il cloud gaming. Ma… sarà esattamente così?
1. La Svizzera, l’Italia, il Mondo
Da anni vivo in Svizzera. Ma non la Svizzera delle cartoline con mucche e cioccolato, tra paesaggi montuosi e sperduti. Vivo nella grande città di Ginevra: tecnologicamente avanzata, treni in orario, lago pulito e soprattutto culla di tante aziende che basano il loro successo sulla banda – bella – larga: finanza, multinazionali, tecnologia, etc.
Eppure io, nonostante il contesto con fondamentali favorevoli al cloud gaming, devo ancora accontentarmi di 45 MB/s nel mio palazzo anni ’60. Ovvio, c’è chi altrove pagherebbe… ma voglio vedermi comunque tra un paio d’anni a streammare The Elder Scrolls 6, magari in coop (please Bethesda!) sul 4K a 60 fps e la mia Xbox 2.
Perdonate la digressione – cosa voglio dirvi con tutto questo? Ci sono mille investimenti strutturali dal lato publisher e first party, ma il mondo consumer va abbastanza veloce da seguirli? Insomma, se io a Ginevra farei fatica a giocare a TES 6 e guardare Netflix allo stesso tempo, la domanda é: quando, se, e dove si potrà prescindere dall’impacchettare hardware potentissimi per le future generazioni di gamer? Meglio se non parlo di paesi con fastidiosissimi data cap – vi racconterò dell’Australia un’altra volta.
2. L’infrastruttura
La next-gen non sarà solo streaming devices come qualcuno prevedeva quando la One e Ps4 erano considerate next-gen. Ci sarà sempre più game streaming? Sì. Come e con quali benefici? Ancora non si sa. Per molti il cloud gaming e dietro l’angolo, ma non nella forma e nell’impatto che altrettanti pensano. Ripescate il punto 1: lo streaming è ad oggi (e fidatevi, anche nei prossimi anni) elitario per definizione. E se pensate che avere la fibra Fastweb vi salverà (sì, sto pensando a te, Simone Milone), vi sbagliate (probabilmente): nessun publisher né first-party investirà esponenzialmente nello streaming finché il mondo é a collo di bottiglia dal lato consumatore: grosse fette di business sarebbero o inarrivabili oppure difficilmente efficienti nella loro acquisizione/sfruttamento. Pertanto, prima bisognerà risolvere i colli strutturali, e poi si vedrà un investimento esponenziale nello streaming. Quanto tempo? 5, 8, 10+ anni.
Considerate anche un’altra cosa ora: 5, 8, 10+ anni sono tanti anni. Quante cose a livello tecnologico possono cambiare? Steve Jobs mi farebbe probabilmente l’occhiolino. Ora il mio scrausissimo One Plus 3 performa graficamente quando un Nintendo Switch (calmi, calmi…) – é così difficile da immaginare un futuro in cui invece nuovi chip con nuovi materiali sono facili da produrre, a costo basso, upgradabili e che quindi renderanno il cloud gaming desueto in partenza? Una speranza in più per Nvidia, Intel etc.
3. I costi
Ah! La mia parte preferita: se solo Farenz mi leggesse, citerei volentieri la sua miniserie ”Il Videogiocatore Rabbino”. Scherzi a parte: un conto è vendere i giochi online e offrire server per il download, un conto è vendere i giochi online e offrire server per lo streaming di TES 6 in 4K a 60 fps per 50-100-200 ore di gioco. Per lo stream video in 4K, Netflix consiglia almeno 25Mb/s – ma se la banda è, come spesso accade, occupata da altre fonti, 25Mb/s non basteranno. In termini di consumo dati, Netflix dice di tenere conto di almeno 7Gb/ora. Anche dimenticandoci dei maggiori costi di upload, del potere computazionale dal lato publisher/first-party, etc. The Elder Scrolls 6 richiederebbe tra 350 e 1400 GB. Sempre disponibili e ad altissima efficenza. Cosa da poco?
Tutti vogliono essere Netflix. Ma hanno le spalle per coprire tutti un’infrastruttura così potente? Quante mega-centrali Google-style si devono costruire, e dove, una volta che lo streaming diventa mainstream?
Facile allora, lanciamoci più in là: p2p (peer-to-peer) infrastructure: decentralizziamo il potere computazionale, così che Giovanni (io) possa ciucciare potere da Emanuele (l’amico). Ma in questo caso, come compenso Emanuele dell’elettricità e della banda consumata? E ancora, Emanuele dovrebbe avere un modello di console non-streaming, per offrire il suo computing power a me.
Insomma, io ho ancora molte domande, e sono dubbioso. Vedo lo streaming di videogiochi come un servizio complementare e non disruptive. Sempre di più, ma sempre in percentuale ridotta. Sbaglio?