Dacché hanno visto la luce le prime forme di intrattenimento digitale, il mercato videoludico giapponese ha sempre avuto un istinto innato alla chiusura e alla preservazione. Una propensione all’isolamento figlia della particolare conformazione geografica dell’arcipelago in questione e di un malessere di tipo sociale che negli ultimi anni ha visto il radicalizzarsi sempre più forte della cultura otaku.
E nell’ultimo decennio, complice la crisi economica, quell’istinto che sembrava essersi assopito è riemerso dal suo torpore colpendo anche il settore videoludico. Prodotti confezionati ad hoc – principalmente per smartphone – per il pubblico del Sol Levante hanno iniziato ad affollare il mercato giapponese che è divenuto così sempre più autoreferenziale e sempre meno interessato ai gusti dell’utenza occidentale.
Eppure da quel buco nero che tutto risucchia, ogni tanto, qualche titolo riesce a mettersi in salvo, guadagnandosi l’internazionalità e alimentando le schiere di proseliti che guardano al Giappone come alla panacea di ogni male. Peccato che “il male” – dal punto di vista di chi scrive – risiede proprio nell’incapacità di innovarsi e nell’ostinazione di voler perpetrare e trasporre cliché vecchi di ormai dieci anni in ogni espressione della propria cultura. E le produzioni firmate Compile Heart, software house la cui serie di punta, Hyperdimension Neptunia, vanta estimatori anche in terre occidentali, sono l’emblema di questa tendenza.
SQUADRA CHE VINCE NON SI CAMBIA (?)
Fairy Fencer F: Advent Dark Force, non è che una versione rivista e corretta per PS4 e Steam del titolo pubblicato nel 2013 su PS3.
Le aggiunte, per lo più, riguardano la presenza di nuovi archi narrativi di alcuni personaggi e qualche extra come dungeon e accessori di cui davvero nessuno sentiva la necessità. Al contrario, i veri problemi che ammorbano questo titolo sono rimasti lì, in bella vista, a partire da un comparto tecnico davvero scarno e dalla presenza a dir poco ingombrante degli innumerevoli tutorial che tempestano le prime ore di gioco.
In compenso il numero dei personaggi utilizzabili in battaglia è salito da tre a sei…
Ma vediamo di andare con ordine, partendo dalla storia: un ragazzo buono a nulla e perdigiorno di nome Fang, risveglia a sua insaputa una piccola fata, Eryn, rinchiusa all’interno di una gigantesca spada.
L’arma in questione, una Fury, è legata a doppio filo con i sigilli che secoli prima hanno costretto ad un sonno eterno le divinità del bene e del male. E ovviamente il giovane Fang, divenuto controvoglia un Fencer (nome affibbiato a coloro che sono in grado di brandire le suddette armi) avrà il compito di spezzare le catene che legano una delle due mitologiche creature. Distruggere il mondo o salvarlo, in poche parole, è una scelta che viene demandata al giocatore, seppur sussistano diversi “ma” che eviteremo di approfondire.
Ma come fare a liberarle?
Semplice: basterà collezionare le Fury sparse per il mondo. Ne esistono infatti un centinaio e all’interno di ognuna è nascosta una fata che dona al possessore dell’arma poteri sovraumani. Il compito “ideale” per un perdigiorno come Fang, interessato esclusivamente al suo benessere personale: in poche parole al cibo e a un letto caldo per dormire.
L’incipit come si può capire in queste poche righe, è alquanto banale e funge da semplice pretesto per spingere il giocatore a tirare fendenti passando da un’area di gioco all’altra. Tutte estremamente scarne, tutte noiosamente ripetitive. Scordatevi open world o quant’altro a cui siete abituati dalle produzioni contemporanee: ogni spostamento da un’area all’altra avverrà in maniera diretta attraverso la scelta di un punto di interesse presente sulla mappa principale. Per il resto solo tante cutscene in stile light novel dove i protagonisti parleranno per ore e ore. Non che i dialoghi siano tutti da buttare, anzi, alcuni risultano estremamente divertenti ma la mancanza di una localizzazione in italiano potrebbe far storcere il naso a chiunque abbia poca dimestichezza con la lingua anglosassone.
Evitando futili polemiche sull’argomento, è comunque possibile scegliere il doppiaggio originale in giapponese, ma questo è più un feticcio personale che un vero motivo per spingere all’acquisto del gioco.
Nonostante le innumerevoli pecche, l’unico elemento che riesce a divertire è, ovviamente, il gameplay; nulla di trascendentale, soprattutto se avete già giocato a un qualsiasi capitolo della serie Hyperdimension Neptunia. Fairy Fencer F: Advent Dark Force propone i classici combattimenti a turni tipici del genere J-RPG ma ibridati da meccaniche action che lo avvicinano, per certi versi, al ben più variegato sistema di gioco tipico della serie Tales of. Molto simile, per chi ne ha memoria, a Breath of Fire: Dragon Quarter, titolo non certo brillante uscito anni orsono su PS2.
In buona sostanza, seguendo la classica scaletta dei turni presente sullo schermo, nel corso dello scontro sarà possibile muovere i propri personaggi all’interno di un’area circolare e colpire il nemico dalla posizione che più ci aggrada. Range di attacco permettendo. Ogni personaggio giocabile, inoltre, disporrà di magie elementali legate alla propria Fury ma non sarà possibile sostituire l’arma equipaggiata per tutto il corso del gioco: al contrario, si potrà soltanto potenziarla e sbloccare combo o attacchi aggiuntivi spendendo punti accumulati in battaglia.
Ciascuna magia o attacco speciale ha un suo costo in termini di SP e, a seconda della potenza, inciderà sui tempi di attesa del personaggio per sferrare il colpo successivo. Menare a casaccio e a piena potenza servirà dunque a ben poco, pena il restare imbambolati in balia del nemico nei turni successivi.
Dulcis in fundo, è il caso di spendere qualche riga anche sulla modalità Fairyze. Il tutto funziona in maniera estremamente semplice: raggiunto un certo livello di tensione, accumulabile inanellando combo, sarà possibile fondere un personaggio con la propria fata. Tale modalità garantisce un boost non indifferente alle sue statistiche nonché consente di accedere a spettacolari attacchi speciali. Semplice ed efficace, soprattutto negli scontri più concitati.
In definitiva il gameplay, seppur lento nelle dinamiche, riesce a divertire e intrattenere per diverse ore grazie soprattutto alle ampie possibilità di personalizzazione dei membri del proprio party.
Riguardo alla difficoltà, Fairy Fencer F: Advent Dark Force offre, di base, i classici tre livelli tra qui scegliere – facile, normale, difficile – e fin qui nulla di strano, se non fosse che acquistando i DLC sarà possibile fin da subito accedere ad accessori e armature dalle statistiche altissime, così da falsare praticamente buona parte dell’esperienza. Peccato, anche perché il gioco offre un grado di sfida davvero interessante.
Il MIO FALEGNAME CON TRENTAMILA LIRE LA FACEVA MEGLIO…
Uno dei tasti dolenti di Fairy Fencer F: Advent Dark Force è indubbiamente il versante tecnico.
Comparto grafico old, old-gen, ambientazioni estremamente scarne e nemici dimenticabili costellano questa riedizione confezionata da Compile Heart. A poco giova la presenza di Yoshitaka Amano, celebre artista legato principalmente al brand Final Fantasy, senza contare che alcune illustrazioni sembrano copiate e incollate proprio dalla famosa serie Square Enix.
Stesso discorso vale per quanto riguarda il fronte audio: anche qui, la presenza di Nobuo Uematsu riesce a fare ben poco per dare risalto alla colonna sonora, infarcita di tracce dimenticabili e spesso completamente avulse dal contesto nel quale vengono collocate.
PRO
- Gameplay profondo e ben strutturato
- Buono il design dei personaggi
- La storia principale si completa in una quarantina d’ore
CONTRO
-
Design dei nemici dimenticabile
- Esplorazione ridotta all’osso
- Comparto tecnico vecchio di almeno due generazioni
Versione testata: PC