A Giugno di 21 anni fa, e fa quasi male ricordarlo, chi vi scrive stava preparando l’esame di maturità. O forse è il caso di dire “ci stava provando”, visto che nel gruppetto di nerd sfigati (sì, a quei tempi essere nerd non era proprio sto gran vanto) immancabile anche nella nostra classe non si parlava d’altro che dell’arrivo di Diablo II. Quella volta il Signore del Tempismo era stato propizio: tolta di mezzo la matura, sarebbe rimasta un’estate quasi intera per incollarsi al PC, cuffie strette in testa e via, che Diablo, Baal e soci mica s’ammazzano da soli. Inutile dire che non sarebbero bastate quattro estati di fila per permettere a noi eroi-wannabe di raggiungere il famigerato livello 99, scovare ogni segreto infilato sadicamente da Blizzard (tipo il famigerato Cow Level, a cui non credeva nessuno ma quanto ci abbiamo provato!) e, in sostanza, dominare come si sarebbe dovuto la vetta più alta mai raggiunta dal genere hack’n’slash: i vecchi Pentium 3 tennero botta, nonostante le temperature estive folli, permettendoci di vivere non solo una delle esperienze più belle che si ricordi a memoria di videogioco, ma – e soprattutto – di essere testimoni di una delle pietre miliari del genere, un titolo seminale di cui, per lustri a venire, non si sarebbe smesso di discutere. Nell’anno del Signore 2021, in quello che forse è il momento più buio nell’intera storia di Blizzard, il colosso di Irvine scende in pista proponendo il remake della punta di diamante, almeno sino a questo momento, del diabolico franchise. Un ritorno in grandissimo stile, questo Diablo II Resurrected, che di certo farà la gioia degli affezionati di lunghissima data ma che, chissà, riuscirà ad arruolare nuove leve di aspiranti eroi in quello che storicamente è un titolo che non perde mezzo istante per prendere il giocatore a calci nei denti. Ma dal più iconico Signore del Male, del resto, difficile aspettarsi altro…
Diavoli di nuova generazione
Nella recensione che andrete a leggere, per questa volta, cercheremo di limitare al minimo la componente emotiva – anche perché rischieremmo di chiudere bottega dopo tre righe con un punteggio rasente la perfezione “perché oh, stiamo parlando di Diablo II” e tutti a menare scheletri col sorriso stampato in faccia. Partiamo dall’aspetto meno “emozionale” del pacchetto, la componente tecnologica della versione PlayStation 5 da noi testata. Ebbene, non che nutrissimo dubbi sulle doti di Vicarious Visions, ma possiamo affermare tranquillamente che cali drammatici di fps riscontrati nell’alfa sono soltanto un brutto ricordo. Spariti anche i fenomeni di lag occasionale che, nelle partite online, costellavano i primi giorni di lancio del titolo: una situazione comprensibile (“nulla” a confronto del lancio di Diablo III) nelle fasi iniziali, ma la cui risoluzione permette già da ora di godere del titolo al meglio. In termini schiettamente grafici, il lavoro del team con sede a New York è indubbiamente ottimo: nulla in grado di far cadere la mascella al suolo, ma basta attivare per una frazione di secondo la modalità legacy (e giù di commozione incontrollata) per accorgersi di come, almeno in termini di aging, lo sviluppatore sia riuscito a fare un lifting non solo bello da vedere, ma rispettosissimo del materiale originale, di cui mantiene spirito ed atmosfera.
La rivisitazione delle animazioni porta senza dubbio i propri frutti, e pur presentando qualche occasionale calo di fluidità (nelle sequenze più concitate, dove la concentrazione nemica è elevata) riesce comunque a donare un valore aggiunto sensibile all’esperienza di gioco, senza però rinunciare al fascino squisito dell’“old school”. L’illuminazione globale di Diablo II Resurrected è un ulteriore tocco graditissimo a questa nuova formula, corroborato da una nuova gestione degli effetti volumetrici e particellari (fuoco, esplosioni, fulmini e qualsiasi altra diavoleria tipicamente diablesca vi venga in mente) che ora appaiono più corposi. Nel complesso, la texturizzazione di nuova generazione dona un bel carisma a Diablo II Resurrected anche su PS5, che permette di affrontare questa memorabile avventura in due modalità grafiche: la prima, qualità, con 4K e 30fps costanti, e la seconda, prestazioni, a 60fps che scorrono come una meraviglia, col dazio di una risoluzione minore. Quale delle due sia migliore lo sceglierete voi, ma lato nostro abbiamo notato come i 60 frame, in un gioco come questo, siano autentica manna dal cielo.
Per quanto riguarda invece il comparto sonoro beh, si vola davvero alti. La soundtrack originale è ancora lì al proprio posto, in tutta la sua gloriosa magnificenza – sarà anche una rimasterizzazione stereo delle tracce sinfoniche originali, ma mai come in questo caso la parola “accontentarsi” farebbe ridere: musiche cupe, maestose e allo stesso tempo asfissianti, che a distanza di 21 anni suonano ancora in un modo impeccabile. Al netto della localizzazione completa nella nostra lingua, vale la pena sottolineare che Diablo II Resurrected supporta l’audio direzionale: in compagnia delle Pulse 3D sarà dunque possibile godere al meglio dell’impianto sonoro del titolo Blizzard, il cui ordito FX risulta ancora una volta preciso e affidabile. Bello da guardare, bello da sentire: peccato per dei comandi alle volte poco reattivi tramite DualSense, che in svariate occasioni significheranno morte prematura e “altro giro, altra corsa”, e per i numerosi crash del titolo che, su PS5, hanno afflitto gran parte delle nostre partite con personaggio online. L’auto-salvataggio permette di mantenere equipaggiamento e amenità dell’inventario, ma vista la dimensione generosa delle mappe (che, ricordiamo, vengono generate casualmente all’avvio della partita) e l’assenza di indicatori di direzione, un crash nel mezzo dell’esplorazione di una nuova area, prima di averne attivato il relativo waypoint, potrebbe essere particolarmente frustrante. Per non dire diabolico.
Mama mia el Diablo…
Lasciataci alle spalle la componente tecnica di Diablo II Resurrected, facciamo un rapido recap del suo telaio narrativo, che rimane immutato – come del resto è giusto che sia – in tutta la sua complessità. Si riparte dalle ceneri dell’epilogo del capitolo originale, con il vecchio eroe leggendario incapace di cedere alla corruzione di Baal e Mephisto e destinato, pur dopo aver sconfitto il terribile Diablo in uno scontro epico, ad abbracciarne l’eredità come nuovo Signore del Terrore. È tempo dunque di nuovi eroi, chiamati in questo periodo di disordine a salvare il mondo dalla dannazione eterna: il destino di Sanctuary è ancora appeso ad un filo, un lungo filo demoniaco che ci porterà ad attraversare foreste oscure, paludi letali, deserti e regioni infuocate, costellate da migliaia di creature letali, alla ricerca del peggiore dei diavoli. Fino ad una nuova, incredibile resa dei conti, la cui posta in gioco è il destino dell’umanità stessa.
Se narrativamente siamo di fronte ad una storia “prevedibile”, o comunque abbondantemente all’interno del solco tracciato anni prima dal capostipite, è in termini di lore che Diablo II spinge sull’acceleratore, scavando ulteriormente nelle profondità di Sanctuary per portare alla luce una costellazione di mitologie, bestiari e tradizioni demoniache. Con questo secondo episodio, Diablo smette di essere “semplicemente” un (grande) gioco per diventare un vero e proprio mondo, un universo documentato pregno di storie e leggende che fungono da fondamenta su cui, nel corso degli anni, Blizzard ha continuato a edificare. L’eredità di questo secondo episodio è eclatante e nitida per tutto il playthrough di Diablo III, ma sappiamo per certo – anche basandoci su quanto rilasciato negli ultimi mesi da Blizzard stessa – che quanto appena descritto sarà alla base della lore di Immortal e, soprattutto, di Diablo IV. Dovreste quindi aver capito per quale motivo, a 21 anni di distanza, Diablo II è il capitolo del franchise più amato da milioni di giocatori.
Mazzate demoniache, anche su console
Sul fronte gameplay, che ci crediate o meno, le cose non sono cambiate così tanto rispetto a quanto visto (o meglio, sofferto) due decadi or sono: anzi, verrebbe quasi da dire che dopo aver preso le prime mazzate sulle gengive ed essersi fumati ingenti somme d’oro nei cunicoli più profondi del primo di molti dungeon, i giocatori più attempati difficilmente non si sentiranno già a casa. In realtà, Diablo II Resurrected un po’ di upgrade con sé li porta, e se da un lato non ne stravolgono di una virgola il gameplay selvaggio, dall’altro vanno a migliorare una serie di attività “quotidiane” che, nella release originale, si configuravano come il mal di denti più odiato dall’utenza. La raccolta dell’oro è automatica (basterà camminarci sopra e via, bottino preso), sarà possibile consultare bonus e statistiche degli item in possesso – o confrontare il loot raccolto con l’equipaggiamento – in modo più veloce di quanto visto in passato, seppur non per questo non macchinoso a tratti. Ma, e qui c’è di che gioire, la gestione del forziere è stata rivisitata, con un numero maggiore di slot dove salvare l’oggettistica raccolta e nuove sezioni che permettono a tutti i nostri personaggi di condividere bottino, leggendari e quant’altro vi venga in mente in modo comodo e reattivo – con buona pace all’anima dei cari vecchi muli.
Bottino che, tanto nel forziere quanto nell’inventario e nelle cinture potrà essere riorganizzato, su console, tramite la pressione dello stick sinistro.
Certo, questo “nuovo” Diablo II nasce ancora una volta con il PC codificato nel proprio DNA, e per quanto le versioni console (nella fattispecie PS5) abbiano un comportamento decisamente al di sopra della soglia della soddisfazione, è impossibile non notare una certa macchinosità in alcuni dei suoi passaggi chiave: la raccolta del loot “ammucchiato” al suolo è caotica e di difficile gestione, organizzare l’esiguo inventario (sia maledetto lui e la sua tendenza a riempirsi dopo cinque minuti di gioco) riuscirà spesso a far uscire la vostra parte peggiore (fare tetris con le levette diverrà il vostro incubo peggiore), alcune shortcut per attivare abilità speciali o attacchi ad area potenti risultano scomode all’aumentare di livello e di skill del PG, con conseguente innalzamento del rischio di incappare in errori.
Ribadiamo il concetto: seppur non esista combinazione più vincente di mouse e tastiera su PC, anche con un DualSense stretto tra le mani, al netto di un fisiologico rodaggio iniziale, ci si riesce a muovere come si deve: poi per carità, l’introduzione dell’auto-target per gli attacchi long/mid range aiuta non poco, ma nulla di paragonabile alla fruibilità sulla master race. L’integrazione effettuata da Blizzard per Diablo III “Console Edition” è più avanzata e reattiva – basti pensare alla versione Switch, giocabilissima persino in modalità handheld – ma vale la pena sottolineare che, a 21 anni di distanza e con qualche compromesso, Diablo II Resurrected è indubbiamente alla portata di tutti. Il gioco non è invecchiato di un giorno, nel caso ve lo steste chiedendo: il che è assolutamente un bene, ma sappiate che questa scelta sarà allo stesso tempo la vostra condanna.
Non si batte il classico…
Per il resto, ormai l’avrete capito, siamo di fronte a quel Diablo II – e da qui non si scappa. Resurrected include Lord of Destruction, indimenticabile espansione che, oltre ad aumentare un già consistente playthrough complessivo, aggiunge ai cinque personaggi giocabili base (Paladino, Negromante, Barbaro, Incantatrice e Amazzone) la letale Assassina e il Druido. Non scenderemo nei dettagli di ciascuna classe, anche solo per evitare di rendere questa recensione un manoscritto interminabile al pari dei tomi di Diablo, ma vi basti sapere che, oggi come allora, a ciascuna classe corrisponde un determinato stile di combattimento, che non si esaurisce nel semplice “long-mid-close range” ma, al contrario, spazia lungo una serie di attributi che rendono differente, e dannatamente complessa, l’avventura che deciderete di abbracciare. Anche all’interno della stessa classe, la possibilità di expare differentemente quattro attributi standard (forza, destrezza, vitalità ed energia) unita alla build che nella progressione di gioco si andrà a creare renderanno il vostro personaggio più unico che raro: metteteci poi la diversificazione all’interno dell’albero delle Abilità Speciali, legata anch’essa alla raccolta di punti esperienza, e capirete da soli come circoscrivere una classe come “buona da lontano, meno da vicino” et similia sia un banale errore da principiante.
Sia chiaro, scegliere la classe che più si avvicina alle proprie strategie è solo il primo di una lunga serie di passi: per massimizzare le possibilità di successo sarà necessario expare i rami e le abilità più idonee al proprio stile, senza dimenticare l’importanza del grinding qualora si voglia immagazzinare più esperienza in brevi tempi. Nella complessa equazione di Diablo II, lo ripetiamo, anche la build con cui ci muoveremo ha un’importanza monumentale: da qui deriva la centralità assoluta del loot, che sarà anche casuale (come da bravo hack’n’slash che si rispetti), ma mettici la perseveranza, mettici la sorte propizia, ogni tanto la dea bendata guarderà dalla vostra parte.
E a quel punto sarà tutto in mano vostra: craftare, vendere oggetti per racimolare oro, infonderli, incastonarci pietre preziose e talismani sono solo alcune delle alternative possibili – e spesso vincenti – offerte da Diablo II. Un meccanismo autoalimentante che si regge perfettamente in piedi, spingendo il giocatore a progredire costantemente in una spirale di esplorazione, combattimento, loot e gestione, per poi ricominciare e avventurarsi verso nuove terre. E se proprio la build non vi dovesse andare a genio o, cosa non impossibile, non basterà a respingere al mittente l’enorme demone di turno, sarà possibile optare per un respec e ridistribuire i propri attributi. È tutto così semplice e “scontato” che, ai giocatori di vecchia data, potrebbe sembrare sin troppo facile: ma la realtà è che i tempi sono cambiati, ma al male assoluto di Diablo non si è davvero mai del tutto pronti.
La recensione in breve
Diablo II Resurrected è un gioco difficile. Spietato, a onor del vero, che non tende mai la mano al giocatore e, al contrario, lo lascia poco più che inerme, una volta superato l’accampamento, nel mezzo del male assoluto. Mappe generate casualmente, assenza di indicatori di missione, dungeon che sbucano dal nulla che, al proprio interno, celano avversari così OP da rendere la fuga l’unica alternativa percorribile, almeno fino a quando l’exp non ci permetta di dire la nostra. Aggiungeteci quanto detto in termini di inventario ed equipaggiamento, abilità sbloccate, statistiche: il risultato è che mai, per un solo istante, avrete la certezza di essere sufficientemente carrozzati per riuscire a tener testa al male insormontabile che affligge Sanctuary. Morirete, sappiatelo, morirete così tante volte da perdere il conto: e a qual punto dovrete improvvisare, reinventare una strategia temporanea per raggiungere le vostre spoglie, recuperare l’equip e ripartire. A testa ancora più bassa di prima, studiando il nemico e il terreno che lo ospita, via fino al prossimo punto di “teletrasporto”. Perché non importa quante volte cadrete e vi rialzerete, quanti demoni farete a pezzi lungo il vostro cammino o con quanto oro coprirete l’ennesimo mercante di turno, per garantirvi l’arma più potente del villaggio: Diablo e i suoi fratelli saranno sempre lì ad aspettarvi, pronti a rendere un incubo gli ultimi istanti della vostra vita. Un incubo meraviglioso nel lontano 2000 e, nel 2021, immutato nel suo glorioso splendore. Ma questo, ammettetelo, lo sapevate già.
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Voto Game-Experience