Pochi titoli sono stati rimasterizzati uscendo da questo processo a testa alta, senza suscitare dubbi sull’opportunità di una seconda edizione. Odin Sphere è uno di questi, grazie ad uno stile grafico superbo, che ha beneficiato dell’adattamento in alta definizione con risultati di rara bellezza.
La “classica” ambientazione Scandinavo-giapponese
La grafica disegnata a mano, completamente bidimensionale, al giorno d’oggi è merce rara a causa degli elevati costi che richiede per essere realizzata, portando addirittura molte produzioni rinomate per la qualità nell’impiego di questo stile a virare verso il tridimensionale, più economico e veloce.
Odin Sphere uscì nel 2007, durante la fine del ciclo di Playstation 2, ritardando addirittura di un anno nella conversione per il mercato europeo. In pieno 2008 ormai l’attenzione del pubblico era completamente rivolta alle console che sdogavano le importanti novità di quel periodo: i controller di movimento, la grafica in alta definizione e l’infrastruttura per il gioco in rete di massa. Di conseguenza Odin Sphere venne celebrato dalla critica e da un’utenza di nicchia, ma senza sfondare. Questo suo ritorno però è all’insegna di ottime motivazioni per giustificare una rimasterizzazione in HD: si tratta di un titolo uscito da quasi dieci anni, modifica diversi aspetti importanti e adatta il comparto grafico su risoluzioni un tempo inaccessibili.
Caliamoci quindi nel regno di Erion, scosso da una guerra che sembra la condizione necessaria a far partire quasi tutte le trame dei videogiochi fantasy. Sullo sfondo di vari schieramenti che lottano, aleggia una minaccia ben più grande: una spada di Damocle che potrebbe portare alla fine del mondo. La battaglia tra l’esercito di Odino, le fate (più agguerrite e meno gentili di quanto siate abituati) e le altre fazioni coinvolte, non riguarda quindi solo il Calderone del Potere, artefatto capace di donare un potere immenso a chi lo possiede, ma anche una serie di relazioni personali intessute di amori, doveri, inganni e violenza.
La storia è incentrata su personaggi come Gwendolyn, la valchiria disperatamente alla ricerca dell’approvazione del padre Odino dopo la morte della sorella e il principe Cornelius pervaso da un amore non concessogli dalla ragion di stato. Ciascuno porta avanti una sua avventura densa di intensità, inscenando un bel braccio di ferro con l’epicità del conflitto, che a tratti sembra quasi secondario rispetto le coinvolgenti vicende private dei protagonisti. L’ambientazione invece è imbevuta di mitologia nordica e rielaborata attraverso uno stile grafico che mescola la morbidezza di una favola illustrata con la durezza di un racconto di guerra, creando una combinazione ottima, suggestiva come poche e capace di affascinare e colpire al tempo stesso. Anche tecnicamente non si riscontra alcuna sbavatura, tutto gira fluidissimo e ancorato ai 60 fotogrammi al secondo. Musicalmente niente da eccepire, grazie ai temi pieni di richiami celtici, fiabeschi e medievali che calzano alla perfezione.
“Aniene, nun te fà pignorà er martello Mjolnir da Equitalia”
Preso in mano il joypad, Odin Sphere sa essere molto dinamico e votato all’azione, forse persino più rispetto alla versione originale. Le meccaniche difatti si basano sullo sconfiggere i nemici presenti su schermo, usando anche un sistema di schivate, salti e mosse speciali, a metà strada tra un action e un picchiaduro a scorrimento (ma in questo settore rientra più Dragon’s Crown, altra produzione Vanillaware).
Muoversi quindi non sarà facile e richiederà una buona alternanza delle varie mosse a disposizione, siano esse offensive, difensive o magiche. Sul perchè invece il ritmo sia cambiato rispetto la versione PS2 è presto detto: l’assenza della barra di energia, che obbligava a fermarsi dopo una serie di attacchi, simulando un indicatore di stanchezza. Una scelta che ha rivoluzionato la gestione delle battaglie, scandendolo in modo molto più serrato. Se da un lato questa scelta permette di annullare qualsiasi pausa confondibile con un tempo morto, dall’altro però smussa l’autogestione che veniva imposta per dosare le proprie combo e impostare attacco e difesa in modo meno avventato. Il flusso d’azione ora è molto più fluido al prezzo di un gioco più permissivo, tuttavia il livello di difficoltà tiene impegnato qualsiasi giocatore, costringendoci a migliorare la qualità della nostra prestazione. Per chi fosse in cerca di qualcosa di più ostico è comunque presente la modalità originale come bonus.
Quanto al resto rimane invariata la gustosa struttura 2d, in cui si esplorano livelli segmentati per varie stanze, non soltanto secondo una progressione lineare, ma anche in altre direzioni, creando delle specie di dungeon. Ogni stanza è popolata da un gruppo di nemici oltre che da oggetti e forzieri da reperire e sottoposta da una valutazione della propria bravura su criteri come il numero di combo raggiunto, l’utilizzo di tecniche e la velocità, al pari di un Devil May Cry bidimensionale.
La crescita del personaggio invece si basa sui Fozoni, luci rilasciate dai nemici equiparabili ai punti esperienza ed impiegabili per un gran numero di attività, dal potenziare il nostro protagonista all’ottenere oggetti utili. Qui è interessante notare i frutti coltivabili, utili a recuperare energia, che vanno “innaffiati” con i Fozoni in nostro possesso, lasciando il giocatore responsabile di gestire questa risorsa. Meglio gonfiare le abilità speciali o ampliare l’inventario? Questo ultimo aspetto difatti non va trascurato; se molta enfasi del gioco è posta nella bravura, però anche l’uso di magie, tecniche e pozioni può semplificare la battaglia contro un boss pericoloso. La longevità è più simile a quella di un gioco di ruolo, vantando 6 scenari (5 dedicati ai protagonisti più uno finale) diversi e una durata di circa 40 ore. Numeri decisamente alti, ma capaci di reggere grazie alla complessità e varietà generale delle meccaniche.
Odin Sphere Leifthrasir è disponibile per PlayStation 4, PlayStation3 e PSVita sia in formato fisico che digitale. Consigliatissimo per gli utenti Playstation 3 e Vita anche il succitato Dragon’s Crown, altra produzione di George Kamitami, dotato dello stessa grafica potente e degno successore del picchiaduro a scorrimento di Dungeons&Dragons targato Capcom.
Pro
- grafica disegnata a mano di alta qualità
- ibrido tra action e gdr molto riuscito
Contro
- l’assenza della resistenza potrebbe rendere il gioco troppo semplice