Silent Hill. Queste due semplici parole faranno risuonare nella mente di molti giocatori ricordi e sensazioni. La serie targata Konami ed ideata dal game designer Keichiro Toyama si è imposta nel tempo come punto di riferimento per l’horror psicologico, ultraterreno e melanconico in contrapposizione alle atmosfere più militaresche e scientifiche del marchio Biohazard/Resident Evil targato Capcom. Nel corso del tempo si sono formate due “fazioni” tra gli amanti del survival horror, identificate principalmente nell’apprezzamento di un’atmosfera più eterea (Silent Hill) ed invece la voglia di potersi confrontare con un orrore fin troppo tangibile (Resident Evil). Oggi il genere survival horror vive un’epoca di grande lustro ed amore da parte della community dei videogiocatori, cresciuta esponenzialmente di numero rispetto all’epoca in cui la creatura di Keichiro Toyama muoveva i suoi primi passi alla fine del millennio. Silent Hill si è reincarnato in numerosi episodi con anche una riduzione cinematografica all’attivo, ma l’ideatore della serie ha abbandonato la sua “creatura” (ed il Team Silent che si occupava della realizzazione) nel 1999 subito dopo il lancio del primo episodio. Si spostò in Japan Studio, team fondato da Sony, per dedicarsi al misterioso “Project Siren”.
Questo incipit corposo è importante da tenere a mente, altrimenti sarebbe difficile spiegarsi perché due titoli ideati dallo stesso autore (e con atmosfere molto simili) godono di così diversi livelli di popolarità. Siren (noto come Forbidden Siren per la versione PAL) venne rilasciato nel 2003 in esclusiva per Playstation 2, all’epoca console di punta del mercato e con una base installata enorme. Probabilmente molti tra voi non avranno mai sentito parlare di questo titolo, nonostante queste premesse. Stiamo parlando di un gioco all’avanguardia per l’epoca, sia a livello tecnico che di gameplay: un esperimento survival horror decisamente stravagante sia per impostazione che per feeling, nonostante l’influenza del creatore di Silent Hill si sentisse pesantemente (in senso buono) ovunque.
Il gioco presenta uno scenario straniante e complesso, storie intrecciate con al centro un inquietante “Butterfly Effect” che rende la storia di un personaggio influenzabile (ed influenzante) la storia degli altri. Vicende oscure che si sviluppano attorno al villaggio di Hanuda e che riguardano la comparsa dei misteriosi non-morti Shibito, al tempo stesso ostacoli e vettori di un potere particolare nelle mani del giocatore.
E’ impossibile narrare in poche parole ciò che Siren rappresenta: il senso di angoscia che è in grado di trasmettere supera i limiti persino della serie Silent Hill, di fatto consacrando questo titolo come opera più spaventosa di Keichiro Toyama. Eppure nell’immaginario collettivo è sempre Silent Hill ad occupare il posto di maggior rilievo, nonostante entrambi i giochi provengano dalla mente dello stesso creatore. Non va infatti dimenticato che Siren ha visto i suoi natali sulla console più venduta della storia, mai raggiunta neppure al giorno d’oggi nonostante il maggior numero di giocatori presenti sul mercato.
A volte basta scavare un po’ nel passato per capire come sia possibile una determinata situazione attuale. Se andiamo a vedere le recensioni dell’epoca saltano fuori commenti relativi al gameplay, azzoppato dalle troppe sezioni trial & error e da un generale livello di difficoltà elevato con controlli legnosi. E’ forse possibile escludere i primi episodi della serie Silent Hill dalla lista di titoli che sono affetti da questi particolari difetti? Certamente no.
Eppure, per qualche motivo, Siren è lentamente scivolato nell’oblio ed ha tirato fuori la testa soltanto alcuni anni dopo nel 2006 con il sequel (accolto allo stesso modo) ed il remake del primo episodio arrivato su Playstation 3 nel 2008 con il titolo di Siren: Blood Curse. Il gioco ha ottenuto finalmente credito, almeno in termini di critica, grazie ai sostanziali miglioramenti apportati al gameplay ed al sistema di movimento. Siren è un titolo dotato di enorme carisma e con molto altro da dire: è un caso strano e curioso che sia rimasto così a lungo confinato in una sorta di “mondo sotterraneo” esplorato costantemente da appassionati del genere e retrogamers desiderosi di scoprire molte perle scomparse dell’epoca PS2. Se ci sono amanti della serie Silent Hill tra voi (e sono certo che siete in molti) non perdete l’occasione di recuperare questo pezzo importante della storia videoludica. Non ve ne pentirete.