Avete una storia decennale, cosa difficile da vedere nel panorama italiano attuale. Qual’è il vostro segreto per andare avanti senza troppi problemi?
PlaySys nasce nel 2007 grazie a Luca Deriu, Founder e Lead Developer, proprio dalla passione per il mondo dei software e dei videogiochi e con l’obiettivo di portare al pubblico prodotti di qualità e di intrattenimento.
Ogni sforzo e investimento che abbiamo messo nel nostro lavoro viene ripagato dall’apprezzamento dei nostri utenti. Pensiamo che il segreto sia appunto lavorare con passione senza perdere di vista l’obiettivo finale: creare un prodotto che possa dare al giocatore la possibilità di divertirsi ma che sappia anche essere monetizzabile per garantire a tutti i partecipanti i meriti dovuti.
I segreti quindi sono una bilanciata attività di sviluppo e le attività di investimento effettuate da Luca nel corso degli anni. Si aggiunge a queste lo slogan che caratterizza Luca ed il suo approccio: “il miglior progetto è il progetto concluso”. Parlando di progetti autoprodotti ma includendo i numerosissimi prodotti che abbiamo realizzato per le aziende, sempre conclusi in modo efficace e bilanciato tra tempo e risorse.
Insomma un approccio imprenditoriale che ci ha permesso di acquistare uffici in centro a Milano per operare al meglio e per affrontare un progetto ambizioso come quello di cui parleremo oggi.
Il vostro team si dedica a molteplici attività nel campo informatico. Come riuscite a gestire queste sfaccettature?
Abbiamo sicuramente diverse tipologie di prodotti all’attivo, che vanno da applicazioni in realtà virtuale a software, passando ovviamente per lo sviluppo di videogiochi. Lavorare in contemporanea a due o più di questi progetti è possibile grazie all’apporto di diverse competenze all’interno della nostra squadra, un team coeso e internazionale che riesce a lavorare in sintonia anche a distanza di migliaia di chilometri. É proprio questo mix di skill che, nel loro insieme, dà vita ai nostri prodotti, sia in campo videoludico che nello sviluppo di software in senso più ampio.
Abbiamo inoltre tutta una serie di tool interni, realizzati e perfezionati negli anni, che ci danno la possibilità di operare in maniera agile, inserendo talvolta nuovi talenti nei progetti.
Parlateci un po’ di PlaySys Project Dreams: cosa differenzia questo titolo dalla miriade di giochi narrativi in circolazione?
Ogni videogioco ha indubbiamente le sue peculiarità e i suoi punti di forza che lo rendono unico.
Il genere dell’avventura è sicuramente più di nicchia al momento, ma con una storia alle spalle davvero lunga e costellata di grandi prodotti che ne hanno garantito l’immortalità.
La nostra ispirazione è nata in modo totalmente naturale, abbinando ricerche ed aspettative alle meccaniche di gioco che preferiamo maggiormente in veste di giocatori.
Quello che ne sta uscendo è un titolo difficilmente etichettabile. Usiamo il paragone con le avventure grafiche perché la componente narrativa è dominante, ma la presenza di open world, mini-giochi, mappe esplorabili, puzzle ambientali, NPC e quest, svecchiano un po’ la visione classica delle avventure punta e clicca.
Il nostro augurio è che questo mix potrà avere un effetto sorprendente per i giocatori nostalgici ed allo stesso tempo possa avere quel brio per i più giovani.
Che consigli dareste ad uno sviluppatore indipendente che vuole creare qualcosa di simile a Project Dreams?
Sicuramente il consiglio migliore che possiamo dare è quello di fare come abbiamo fatto noi: scrivere l’idea e mettere il foglio in una busta. Aspettare dieci anni lavorando a progetti vari ma di fatto pertinenti. Aprire la busta e capire se l’idea è ancora valida e se si è pronti ad affrontare il progetto. Se la risposta è “sì” ad entrambe le domande si può iniziare lo sviluppo. In alternativa si consiglia di chiudere la busta per altri dieci anni.
Sembra uno scherzo ed indubbiamente il tono è ironico, ma probabilmente questo è il miglior consiglio che siamo in grado di dare perché abbiamo visto troppe volte con grade tristezza, tanti team giovani che iniziano lo sviluppo con l’idea che “fare un videogioco sia un gioco”.
State per iniziare la vostra avventura come publisher. Viviamo in un periodo particolare durante il quale i publishers in generale sono visti con sospetto, principalmente a causa di varie storie legate a sfruttamento di developers, crunch insostenibili ed altro ancora. Vi sentite pronti a questa sfida?
Noi personalmente abbiamo avuto esperienza positiva con il nostro publisher cinese in passato per i nostri progetti. Il publisher ci ha supportato nella ricerca e sviluppo, portando i nostri titoli a E3, gamescom e ChinaJoy come prodotti di punta per i loro dispositivi retail.
In linea di massima ci sentiamo quindi lontani da queste dinamiche oscure. La nostra storia, infatti, si basa sulla positività e può sottolineare al meglio come questo non sia mai accaduto, avendo mantenuto internamente la produzione e lo sviluppo. Inoltre, cerchiamo di favorire il più possibile diverse attività di coinvolgimento con la nostra azienda.
Ad esempio, negli anni quasi cento persone si sono affiancate a PlaySys, chi per progetti più piccoli, chi per progetti più a lungo termine. L’idea di Luca, infatti, è sempre stata quella di portare talenti nell’industria italiana e non l’opposto, cioè lasciar andare i talenti italiani all’estero. Grazie alle nostre attività, spesso ci capita di ospitare nello studio trainees che aiutiamo a crescere professionalmente, coinvolgendoli in tutte le nostre attività.
Oppure organizziamo seminari e attività di incubazione di piccoli team all’interno del nostro studio.
Cerchiamo di creare, per quanto riguarda la nostra realtà lavorativa, un ambiente stimolante e coinvolgente, per una continua crescita nostra e, volendo, del mercato stesso.