Come tradizione autunnale insegna, anche questi ultimi mesi di current gen non potevano non regalarci un glorioso ritorno sul parquet più celebre del pianeta. Il monopolio del basket digitale di casa 2K, iniziato un ventennio fa con il glorioso Dreamcast, fa un ultimo capolino su PC, PS4 e Xbox One in questo inizio settembre con NBA 2K21, iterazione ibrida del celeberrimo franchise di casa 2K Sports di cui torneremo a parlare tra qualche mese, quando PS5 e Xbox Series X approderanno nei nostri salotti. Un canto del cigno in grande stile, che farà sicuramente parlare di sé a prescindere dalla piattaforma in cui deciderete di provarlo ma che, è bene tenerlo a mente, non garantirà un passaggio “automatico” alle versioni next-gen: la sola Mamba Edition, disponibile nei formati fisico e digitale a 99.90 €, sarà destinata – almeno per ora – a godere dell’aggiornamento gratuito per le nuove console. Una scelta opinabile, quella del Publisher, che gli amanti della palla a spicchi, specie in questo periodo, non dovrebbero sottovalutare. Fatta questa premessa, NBA 2K21 si configura come una killer hit per gli appassionati del genere, forte di una lunga serie di novità – sia in termini di gameplay, sia di modalità di gioco – e capace di spremere fino al midollo un hardware giunto oramai al proprio epilogo generazionale. Inutile quasi sottolineare che gli affezionati di 2K anche quest’anno potranno andare sul sicuro, godendo di un titolo profondo, ad alto tasso di giocabilità e strapieno di attività: certo, le odiatissime micro-transazioni sono ancora lì al proprio posto, che vi piaccia o meno, ma per la prima volta nella storia recente del franchise potrebbero non essere queste ultime il tallone d’Achille più pericoloso. Scopriamo insieme il perché nella nostra recensione.
Via il dente, via il dolore…
Dai, inutile girarci troppo attorno, tanto lo sapete tutti. Se il giorno del lancio di NBA 2K21 un certo Damian Lillard twitta, sconvolto, di non riuscire a metter dentro un solo libero, forse c’è un problema. Uno di quelli grossi, a onor del vero. Con la nuova declinazione del franchise, 2K rivoluziona in modo del tutto inaspettato la meccanica di tiro, ridisegnandone completamente il suo sistema di controllo. La chiave dello swoosh non sarà più il tempismo nel rilascio, come tradizione vuole: al contrario, sarà prima necessario mirare con cautela all’interno di una mezzaluna (che compare non appena si inclina lo stick destro verso il basso), per poi porre l’attenzione sulla nuova barra cercando, stavolta, di rilasciare all’interno dell’intervallo ottimale. Detta così può sembrare un casino mostruoso – e tranquilli, fintanto che non ci prenderete mano, continuerà ad esserlo. Vedere manine d’oro come George, Harden o lo stesso Lillard prendere dei lisci clamorosi sotto canestro, magari con una marcatura a uomo piuttosto blanda (informazione che, assieme alla precisione del vostro tiro, verrà mostrata a schermo in occasione di ogni vostra azione), dapprima potrebbe far sorgere qualche domanda sul proprio livello di arrugginimento, per poi sfociare in furia selvaggia (o addirittura frustrazione) quando, dai uno e dai due, vi ritroverete con un parziale negativo di 12-0 e con l’esito dell’incontro praticamente compromesso.
Positiva la decisione di 2K, a 24 ore di distanza dalla release del titolo, di rilasciare una patch che va parzialmente a correggere la componente cabalistica di questa meccanica almeno nei tre livelli inferiori di difficoltà (Rookie, Pro e AS, ad esclusione della modalità online e 2K Beach di cui parleremo a breve). Se da un lato l’obiettivo dichiarato di 2K era quello di rendere il tiro non solo più reale, ma più “immediato” e a portata di polpastrello possibile, dall’altro il risultato può considerarsi riuscito solo a metà. Certo, l’allenamento e la pazienza renderanno accessibile anche questa novità per ora indigesta (specie alle difficoltà maggiori, dove la vera potenza di NBA 2K21 affiora in modo evidente), ma questa sarà sicuramente una scelta di cui sentiremo ancora parlare parecchio. Nel caso ve lo chiedeste: sì, è ancora possibile tirare premendo il tasto quadrato (su console Sony), ma anche qui dovrete fare i conti con una nuova barra orizzontale che ne valuta il tempismo. Ma vi accorgerete da subito come, nelle azioni più concitate, questa soluzione rischi soltanto di creare ulteriore confusione…
Profumo (leggero) di next gen…
Sappiamo che NBA 2K significa da sempre due cose: giocabilità stellare e grafica di altissimo livello. Della prima parleremo poi, soffermandoci per ora sulla seconda. Non che ci sia moltissimo da dire, in realtà: anche per quest’anno non troverete una simulazione sportiva tecnologicamente più all’avanguardia di questa, seppur la transizione dalla passata stagione, stavolta, è decisamente meno evidente. Un’affermazione comprensibile da due lati: il primo è che la nuova generazione dietro l’angolo ha costretto gli sviluppatori agli straordinari su PS5 e Xbox One Series X, lasciando “meno contingency” sulle versioni current. Il secondo, forse più scontato del primo, è che in questa fase vitale sarebbe difficile spremere ulteriormente le console, oramai arrivate al punto di ebollizione e spremute su ogni singolo registro. Certo, quanto appena affermato non giustifica però un paio di aspetti tutto sommato spigolosi.
La versione PC di NBA 2K21, ad esempio, risulta molto più “current gen” di quanto ci potessimo aspettare. Non è un segreto che, per la Master Race, ormai i 4k e i 60 fps siano il pane quotidiano: eppure, in questo settembre, i possessori di NBA 2K21 su PC troveranno un titolo decisamente accattivante, bellissimo da vedere ma a cui manca quella marcia in più che sarebbe stato lecito aspettarsi. Restando nel perimetro console, è impossibile non notare il lavoro dello sviluppatore, che ricrea controparti digitali sontuose e precise al millimetro, animate alla perfezione e ricchissime di dettagli. La vita nel parquet e a bordo campo è realizzata in modo esemplare, ma è nei dettagli di MyCareer, fiore all’occhiello di NBA 2K, che la situazione vira pericolosamente. Non mancano scenari più slavati e decisamente meno “puliti”, che saltano come un pugno nell’occhio quando la telecamera indugia sul pubblico; per non parlare di personaggi secondari (nonostante un cast di tutto rispetto) che non godono dello stesso trattamento riservato a Junior e alle altre star dell’NBA. Nulla di drammatico, chiaro, a cui la next gen – con buona probabilità – metterà una pezza sopra senza troppi problemi.
Most Valuable Player?
Sul fronte gameplay, le novità sono nel complesso contenute. Tolta la drastica innovazione legata al discusso sistema di tiro, le meccaniche principali su cui si muove NBA 2K21 sono grossomodo le stesse dell’edizione precedente, opportunamente limate e migliorate sotto numerosi punti di vista – e rese ancor più gradevoli, a video, da una fluidità generale dell’azione di gioco (almeno su PS4 Pro) semplicemente perfetta. Indubbiamente, gli appassionati di NBA avranno di che gioire dall’ulteriore introduzione delle Signature, una sorta di riproposizione delle giocate più distintive e uniche che contraddistinguono i top player della season americana. Un pizzico di ulteriore realismo che non guasta affatto, corroborato ulteriormente dalla nuova gestione del dribbling (demandata, ovviamente, allo stick destro) che permette di districarsi tra finte, piedi perno o step back “alla Curry” con una maggior naturalezza, anche quando sotto canestro non sembrano esserci particolari aperture.
Netti sono i miglioramenti anche in termini di squadra, con un’intelligenza artificiale indubbiamente rinvigorita che garantirà, fin dove possibile, un maggior affiatamento con i compagni di squadra, che sapranno proporsi al meglio con tagli sotto la lunetta, smarcamenti sulla linea da tre punti o rapide aperture delle ali per contropiedi più efficaci. L’azione di gioco, insomma, scorre fluida e precisa come da tradizione, permettendo di mettere a proprio agio (beh, conclusioni a parte) chiunque abbia un minimo di dimestichezza con le regole del gioco 2K.
Un’ombra lunga sopra il Quartiere…
Parlando di cose “nuove”, NBA 2K21 accende i riflettori su Junior, protagonista di MyCareer – chiamata, quest’anno, The Long Shadow. Che si tratti di una modalità molto cara a 2K è scontato, basta osservarne sia la sceneggiatura/regia (non siamo all’altezza di quanto visto in NBA 2K16, ma neanche così distanti), sia la cura riservata alla scelta di un cast decisamente all’altezza, con attori presi in prestito da serie televisive (The Wire, Grey’s Anatomy, Boardwalk Empire) e realizzati in modo impressionante. Poco vi diremo sui sogni di gloria e sulla realtà, non sempre generosa, di Junior, se non che sarà possibile partire letteralmente dal campetto di casa (o meglio, dalle scuole superiori) per un lungo percorso che ci condurrà nel parquet sfavillante dell’NBA: lungo la strada sarà necessario prendere alcune scelte, alcune delle quali particolarmente importanti – sia nell’ottica di un Draft vincente, sia per racimolare ulteriore VC, la virtual currency dei simulativi 2K.
Una volta afferrata l’NBA, verrà reso disponibile anche l’ingresso al Quartiere. Badate, sarà possibile saltare l’intero prologo e iniziare già nel draft della lega principale, trovandosi da subito tale modalità sbloccata: ma vi sconsigliamo vivamente di farlo, sia per motivi prettamente narrativi, sia perché vi privereste di una lunga serie di incontri “al college” comunque interessanti. L’accesso alla 2K Beach permetterà di cimentarsi nelle classiche partite “su strada”, nelle modalità 3vs3 e ProAM 5vs5 – che potrete affrontare esclusivamente nei panni del personaggio creato per MyCareer. Inutile dire che, per potenziarlo a dovere, saranno necessarie ingenti quantità di VC guadagnata a fatica; oppure potrete accelerare il tutto con le microtransazioni, a voi la scelta…
Immancabile ritorno, MyTeam arriva su NBA 2K21 con una serie di aggiustamenti interessanti, specie dopo le critiche della passata stagione. La FUT di Visual Concepts permetterà di creare il proprio Dream Team a suon di buste, aggiungendo per l’occasione una nuova serie di eventi periodici e competizioni aggiuntive. Il risultato, sia off che online, è sicuramente positivo e offre svariate possibilità di gioco – al netto di alcuni problemi di matchmaking, fisiologici nei primi giorni di gestazione del titolo. Certo, non siamo ancora ai livelli del piccolo prodigio di casa FIFA, ma le basi per una alternativa cestistica di alta qualità non mancano. Chiudono il cerchio delle modalità aggiuntive MyLeague e MyGM, invariate nell’anima rispetto a NBA 2K20 ma, questa volta, aggiornate in termini di eventi e calendari (con maggior attenzione anche agli effetti del recente COVID nella pianificazione dei match). Poco da dire sulla WNBA, che al netto di un parziale revamp grafico e un aggiornamento delle squadre ricalca l’offerta della stagione passata.
Versione testata: PlayStation 4 Pro
Versioni disponibili: PC, Nintendo Switch, PlayStation 4, PlayStation 5 (TBR), Xbox One, Xbox Series (TBR), Google Stadia
La recensione in breve
NBA 2K21, come prevedibile, rappresenta anche per quest’anno quanto di meglio abbia da offrire la simulazione cestistica su PC e console. Non è tutto rose e fiori per l’opera di Visual Concepts, che pur offrendo un prodotto d’altissimo livello nonostante l’epilogo generazionale che ne accompagna il rilascio, nel tentativo di rendere più “realistico” e abbordabile il sistema di tiro si fa artefice di una contro-rivoluzione inaspettata che, dati alla mano, non convince appieno il fandom di appassionati. Patch o non patch, la nuova meccanica farà indubbiamente parlare di sé anche nella versione next-gen del titolo, a meno di nuove intuizioni dello sviluppatore da qui ai prossimi mesi. Per il resto, difficile pretendere di più, sia in termini di grafica che di modalità di gioco, da NBA 2K21: questo, ovviamente, al netto della politica di free-update alle versioni next messa in atto dal Publisher, che rischia di rivelarsi una pericolosa lama a doppio taglio in termini di vendita. Ma questo, come sempre, lo scopriremo soltanto più in là.
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Voto Game-Experience