La storia de La-Mulana è una di quelle che un po’ ti fa sorridere. Nasce in Giappone quindici anni fa più per passione che per farci soldi, ci rimane silenziosamente per un bel po’ riuscendo a creare un nugoletto di appassionati hardcore, poi dal nulla arriva come free game nel vecchio continente e boom, fa breccia nei cuori dei giocatori europei più vecchietti, pazientemente addestrati da una gioventù fatta di mappe imparate a memoria e di allenamenti che esercito russo levate. Quelli che con Metroid e Castlevania ci sono cresciuti sin dai primissimi giorni, per capirci, e che amano da 30 anni a sta parte i pixel grandi come uno schermo. Il successo del “giochino” di Nigoro, sviluppatore indie con base nella terra del Sol Levante, è così alto che, nel 2011, all’acerbo La-Mulana viene riservato un remake dalle vesti più aggraziate, nonostante l’immancabile stile a 8 bit, ma identico in quella che ne era l’anima portante: l’essere schifosamente bastardo oltre ogni limite. Se From Software viene costantemente citata come paradigma per la difficoltà, è perché sono pochissimi quelli che hanno giocato – e finito – il titolo di Nigoro senza poi essere scambiati per Jack Nicholson in Shining. Che poi con La-Mulana 2, dopo un Kickstarter strepitoso, quelli di Nigoro devono averci preso parecchio gusto a farsi mandare “sapete-pure-voi-dove” dai propri giocatori: ma di quanto la coppia di titoli arrivata su Switch sia “la brutta copia di Lucifero ad 8 bit” o di quanto entrambi siano l’ultimo titolo sulla faccia del pianeta a fare davvero per voi, ne parleremo a breve… Ora servono una frusta, un cappello alla Indiana Jones in testa e via, che l’avventura non aspetta nessuno.
Indiana Jones, solo molto più bastardo…
Che il primo La-Mulana ne debba parecchie al buon vecchio Indiana Jones, non è affatto un segreto. La frusta di Lemeza Kosugi potrebbe trarre in inganno, vista la similitudine con un tale Belmont, ma tutto l’ordito narrativo che ruota attorno a questo tempio misterioso, la ricerca del Tesoro Segreto della Vita, le trappole, i Guardiani e via dicendo beh, signori, questa è Avventura con la A maiuscola. Non fosse che, a differenza di un normale film dove l’eroe ha sempre più vite di un gatto, il nostro buon Lemeza morirà così tante volte da perdere il conto dopo appena tre ore di gioco. Non solo, proprio NON come il buon Indy, per la maggior parte del tempo ci ritroveremo a girare senza meta dentro a questa dannata La-Mulana, senza avere la minima idea di cosa fare, visto che all’apparenza è tutto bloccato. Il motivo? La-Mulana è un titolo ostico ed enorme, che richiede – se va bene – almeno una trentina di ore per essere concluso e, non stiamo scherzando, un blocco, un foglio un qualsiasi cosa dove VOI dovrete prendere appunti, anche all’apparenza quelli più stupidi, se non vorrete ritrovarvi inesorabilmente bloccati. Non bastassero dei mostri difficili come la morte stessa, la difficoltà di alcuni enigmi è così pazzesca che, unita alla distanza fisica che collega il luogo dell’enigma dal suo possibile indizio, sarete costretti ad inventarvi qualcosa pur di procedere. Non esiste una sola strada per arrivare alla fine, sappiatelo, ma possiamo garantirvi che tutte sono costellate di difficoltà. E di trappole, soprattutto, celate in modo a volte subdolo, altre volte al limite della denuncia al tribunale dei diritti dell’uomo, che rischiano di vanificare venti o trenta minuti di playthrough per un passo falso o una mossa troppo azzardata.
Tale padre, tale figlia…
La-Mulana 2, con la bella Lumisa Kosugi decisa a proseguire l’attività del padre a Eg-Lana, ossia l’equivalente del Castello Capovolto di SotN secondo Nigoro, non solo prosegue su questa strada malefica, ma rende tutto ulteriormente più impossibile. Vale esattamente quanto detto nel caso del predecessore, ma raddoppiato: ci vorranno almeno 60 ore per riuscire a venirne a capo, e già questo dovrebbe essere uno spartiacque mostruoso per capire se un titolo del genere possa davvero fare al caso vostro, la mappa già prima enorme ora diventa un labirinto capace seriamente di minare la vostra salute mentale, aumentano gli enigmi e con loro la relativa difficoltà, i mostri sono la cosa più difficile che mai vedrete in vita vostra, o quasi. Aumenta tutto il male immaginabile, insomma, all’interno di un Metroidvania che comunque non possiamo che definire eccezionale. C’è moltissimo backtracking, nonostante sia possibile attivare una sorta di fast travel, i livelli di frustrazione raggiungono picchi inenarrabili così come le bestemmie di fronte all’ennesimo trapasso, maledetta trappola nell’ombra, dopo mezz’ora senza salvataggio. Si avrà l’impressione costante di andare a vuoto, di perdere indizi, di omettere un percorso migliore di quello intrapreso e, di fronte a quel maledetto enigma, di non essersi appuntanti l’info corretta. E allora si torna indietro a cercarla, quell’informazione: magari cambiando percorso, per ritrovarsi nel mezzo di una sezione che non si è ancora pronti a risolvere (magari il pc di Lumisa non è aggiornato, manca un software specifico o chissà quale altra diavoleria), magari controllata da un Guardiano che, in quel momento, non possiamo certo affrontare. Detta in modo veloce, La-Mulana 2 è un incubo costante ad occhi aperti, la cosa che più profuma di avventura mai annusata su console ma, allo stesso tempo, capace di trasformarsi in un incubo per chiunque non sia disposto a scendere a patti con il tempo, la pazienza, la capacità di riflettere.
Un porting avventuroso, ma non troppo…
Che siate Lemeza o Lumisa, preparatevi ad un andirivieni costante tra stanze di un labirinto che non ha la minima pietà dei vostri nervi, decessi immotivati e frequenti, enigmi sbattuti sul muso per i quali non sembra esserci soluzione. Aggiungetevi trappole spietate che vanificano lunghissime sessioni di gioco, boss ancor più spietati che richiedono riflessi da funambolo tonnellate e tonnellate di indizi all’apparenza inutili e avrete un’idea di massima del livore che La-Mulana e le sue maledizioni nascondono, dietro a quella squisita grafica retrò. Perché, nonostante tutto, due cose servono per avventurarsi in compagnia della famiglia Kosugi: tantissimo tempo e tantissima abnegazione. Ve ne mancasse anche solo una delle due, fuggite senza voltarvi.
Se invece sarete abbastanza coraggiosi da restare (e nessuno vi vieta di utilizzare il milione di walkthrough disponibili nell’internet), indossare le vesti da Indiana Kosugi e sparire per un totale di ore che si aggira comodamente attorno al centinaio, nella versione per Nintendo Switch troverete esattamente quanto già visto nelle precedenti versioni PC, con l’aggiunta però di una modalità portatile che ben si presta alla tipologia di gioco. Manca il supporto al Rumble, a dirla davvero tutta, e non è implementato nemmeno il touch: ma si tratta comunque di problemi secondari, visto e considerato che, se davvero entrerete nel mood dei due La-Mulana, finirete per stare con la console tra le mani per ore ed ore. Il che si traduce in esaurimenti ripetuti di batteria e un formicolio alle mani da farvi venir voglia di staccarle: però oh, di avventure così, con uno stile così e con delle musiche così se ne vedono davvero poche in giro. E, fortunatamente, un motivo c’è…
PRO
- Avventura Old School con un fascino strepitoso, stile impeccabile e ottima colonna sonora
- Centinaia di ore di gioco, come ridere…
- Valanghe di enigmi, bivi, indizi…
- Metroidvania all’ennesima potenza.
CONTRO
- È difficile come la morte
- Servono quintali di pazienza, dedizione e totale abnegazione.
- Molti indizi si trovano a mezz’ora di distanza dal luogo dell’enigma
- Alcuni Mostri sono imbattibili, specie se incontrati troppo presto
- Il porting non aggiunge nulla di nuovo al pacchetto.
Versioni disponibili: PS4, Xbox One, Nintendo Switch
Versione provata: Nintendo Switch