Ah, i pirati! Un sogno, spesso ricorrente nei nostri ormai svaniti mondi fanciulleschi, in cui ci ritroviamo a bordo di un vascello pronti a salpare verso avventure incredibili e ricchi tesori da scoprire. C’è un fascino incomprensibile nel voler “essere un pirata”, soprattutto considerato che molti morivano di scorbuto, pugnalati dai propri compagni quando le cose andavano male o annegati a causa di avverse fortune. Vi pare una premessa poco avventurosa ed alquanto macabra? Non sono dello stesso avviso i ragazzi del team indipendente Red Zero Games. La loro opera prima ci catapulterà in un mondo di avventure che ci porterà nella tomba più spesso di quanto ci piacerà ricordare. Here Be Dragons ci trascina, vento in poppa, fuori dai confini della mappa: qui ci sono i mostri… e brutti colpi di sfortuna.
CASO VUOLE CHE…
Partiamo da un presupposto basilare del game design: tutto ciò che in un videogioco è governato dal caso, va adeguatamente controbilanciato da pesanti aggiustamenti lato giocatore. Perché inizio con questo preambolo? Lo scoprirete presto. Innanzitutto va specificato che Here Be Dragons è un titolo che punta la sua esperienza di gioco sui combattimenti a turni, in perfetto stile boardgame. La storia, per quanto ironica e scanzonata, ricopre un ruolo tutto sommato marginale e non sarà strano ritrovarsi a saltare parti narrative per tornare in mare aperto a combattere. Un giovane ed avventato Cristoforo Colombo che ambisce alla vita del pirata (!!) diventerà uno dei nostri nemici ricorrenti, fortunatamente stemperato dalla classica sfortuna tragicomica di molti villain scapestrati di film e (più spesso) anime e cartoni animati.
Le vicende si svolgono durante il 1500, parecchio prima della classica “età dei pirati” che siamo tutti abituati a ricordare. La pirateria fine a sé stessa in realtà esiste da quando esistono i trasporti via mare, quindi fin dal mondo antico, ma siamo più propensi ad immedesimarci nelle avventure piratesche del 1700. Here Be Dragons ci catapulta nella “vecchia Europa” subito dopo la scoperta del Nuovo Mondo, ma avremo ben poco tempo da dedicare a faccende di rilievo storico: bisogna sparare, e sparare per primi.
Il comparto gameplay del gioco si focalizza su un sistema di combattimento agile ed interessante sulla carta, e non dico “sulla carta” a caso. Come si puntualizzava prima, il titolo ha molto in comune con giochi da tavolo strategici e punta tutto su un combat system che va compreso a fondo per evitare di ritrovarsi sul fondo del mare a far da cibo per i pesci. Il problema? Vi ci ritroverete comunque e, spesso, neppure per colpa vostra.
IL DADO APPESANTITO
Ricordate il preambolo della recensione? Parlavamo appunto di caso e casualità. Il sistema di combattimento di Here Be Dragons è basato su dadi a 6 facce (noti agli addetti ai lavori come D6) che vengono soffiati sul campo di battaglia da un cherubino a dorso di nuvola. I dadi sono uguali al numero di contendenti in campo per entrambi gli schieramenti (fatta eccezione per alcune situazioni particolari) ed hanno specifici utilizzi in base alle navi sotto il nostro comando. Sebbene alcuni effetti siano “fissi”, come il 6 utilizzato per potenziare l’attacco ed il numero 1 utilizzato generalmente per ripristinare HP, i numeri usciti dal lancio vanno assegnati con cura e strategia per scatenare determinati effetti che variano da nave a nave. I nostri nemici, spesso orrendi mostri marini, tenteranno di fare la stessa cosa. Il tutto funziona governato dal malefico sistema dell’iniziativa: lo schieramento che, alla fine dell’assegnazione dei dadi, si ritroverà con la somma più bassa avrà iniziativa durante il turno e potrà agire per primo.
Vi sono varie fasi in ogni turno, ma è anche possibile raccogliere bottiglie di inchiostro galleggianti tramite click del mouse. Collezionare inchiostro renderà possibili particolari azioni come cambiare il valore dei dadi o riparare parte dei danni su una nave a nostra scelta. L’inchiostro dovrebbe, in linea teorica, permettere al giocatore di mitigare l’effetto dei tiri di dado che sono ovviamente governati dal caso. Costringere il nemico a “bruciare” un dado lasciandogli una scelta di soli risultati non applicabili alle sue mosse particolari è fondamentale. Sulla carta funziona tutto bene e risulta anche appassionante all’inizio. Il problema si presenta quando il gioco ci mette di fronte a sfide più serie.
Un intero sistema di combattimento basato sul caso è semplicemente inaccettabile in qualunque videogioco. Poco importano i palliativi derivati dall’uso sapiente dell’inchiostro, che comunque richiede svariati turni, onde poterne accumulare a sufficienza per ogni azione: spesso verremo massacrati (oppure vinceremo facile facile) soltanto grazie alla buona sorte che ci ha regalato tiri fortunati. Alcune battaglie mi hanno personalmente tenuto impegnato più di trenta minuti tra imprecazioni e riavvii per poi risolversi quasi automaticamente grazie ad una fortunata congiunzione astrale.
Questo pesante difetto influisce inevitabilmente sulla godibilità dell’intero gioco, considerato comunque che Here Be Dragons punta al 90% sul gameplay e sui combattimenti. Gli stili grafico e sonoro senza infamia e senza lode completano il quadro e non aiutano la produzione a risollevarsi dopo il pesante colpo inferto dal combat system, malamente affidato al caso. Un vero peccato poiché le meccaniche, sulla carta, funzionano bene e potrebbero essere molto divertenti. Di certo questo titolo può divertire, ma non è per chi spera di poterla spuntare con attenta pianificazione: un tiro fuori posto ed vi ritroverete tra le schiere dei “morti che non parlano”. Pirata avvisato, mezzo affondato.
PRO
- Ambientazione ironica e ben concepita
- Buone idee di gameplay basate su combat a turni e strategia…
CONTRO
- … che vengono quasi completamente annullate dalla componente “randomica” onnipresente
- Comparto tecnico non propriamente esaltante
Versione provata: PC
Voto: 6.5