E così alla fine Mario + Rabbids Kingdom Battle è arrivato nelle nostre case: la joint venture Nintendo/Ubisoft ha ottenuto un successo di critica e pubblico molto soddisfacente. Un risultato ammirevole, soprattutto per il nostro paese considerato il coinvolgimento diretto della divisione milanese di Ubisoft. Come ho già scritto nelle fasi iniziali della mia recensione (che potete trovare qui) sono colpevolmente stato tra i primi detrattori del gioco al suo reveal: vuoi per la mia anima “nintendara”, vuoi perchè di Ubisoft mi fido a giornate alterne, vuoi perchè temevo di trovarmi tra le mani un pastrocchio fatto solo per vendere due nomi celebri del mondo videoludico. Fortunatamente le mie paure iniziali sono state spazzate via dal gioco completo che ho avuto la fortuna ed il privilegio di poter testare con mano in anteprima. Mario + Rabbids Kingdom Battle è un titolo di grandissimo spessore, un trionfo di giocabilità, di stile, di grafica e sonoro. Come si crea uno spin-off di questa qualità? Certamente l’esperienza e soprattutto la PASSIONE che il team milanese di Ubisoft ha riposto nella creazione di Mario + Rabbids Kingdom Battle ha fatto molto: la profonda ammirazione ed il rispetto verso le IP storiche Nintendo del team di sviluppo è manifesta e si può notare in ogni dettaglio.
Quando si ha tra le mani un brand specifico, ed un brand celebre come quello di Super Mario, è facile cader vittima di vari problemi e timori: il principale problema riguarda le alte aspettative che spesso accompagnano il lancio di un nuovo spin-off con protagoniste icone del videoludo. Nello specifico i titoli “non canonici” di Mario & soci sono celebri per essere molto spesso IP di alta qualità: Ubisoft, dal canto suo, ha sempre collaborato strettamente con Nintendo ma ritrovarsi tra le mani la gestione di un nuovo gioco con protagonista nientemeno che la mascotte videoludica più famosa del mondo è ben altra cosa. Come ben sappiamo la casa di Kyoto è iper-protettiva verso le sue IP, ed in particolar modo verso Mario che rappresenta un pò la storia di Nintendo in tutto e per tutto: Shigeru Miyamoto ha supportato e seguito personalmente lo sviluppo del gioco, ma ha fatto la stessa cosa anche con altri spin-off decisamente meno riusciti.
Il segreto di uno spin-off ben riuscito spesso si ritrova in un termine decisamente poco utilizzato nel descrivere videogiochi moderni: feeling. Quando si ha tra le mani Mario + Rabbids Kingdom Battle si viaggia indietro nel tempo senza rendersene conto, pur rimanendo saldamente ancorati ai moderni canoni qualitativi che ci si potrebbe aspettare da un titolo AAA. Di fatto, durante le numerose ore spese a seguire le avventure di Mario e dei bislacchi Rabbids, ho sinceramente creduto di giocare ad un titolo per Nintendo 64. D’accordo, una buona parte del lavoro l’ha fatta la superba colonna sonora ad opera di Grant Kirkhope. Per chi non lo conoscesse, si tratta del compositore che ha firmato alcune tra le più eccellenti soundtrack dell’epoca d’oro di Rare su console Nintendo come Banjo-Kazooie, Goldeneye, Donkey Kong 64 e Perfect Dark. Lo stile musicale del compositore è chiaramente riconoscibile fin da subito, ma non si tratta puramente di sensazione. Chiunque abbia vissuto consapevolmente l’epoca a 64-bit di Nintendo proverà sensazioni conosciute giocando a Mario + Rabbids Kingdom Battle.
Uno spin-off di successo è fondamentalmente questo: modernità e tradizione mescolati sapientemente in un unico prodotto. Un lavoro decisamente poco semplice da portare a compimento con successo. Il gameplay semplice da apprendere fa il paio con uno stile grafico coloratissimo e “pieno”, liberamente ispirato senza troppe catene dovute alla rappresentazione realistica di qualcosa. Le potenzialità di Nintendo Switch vengono ampiamente utilizzate anche per il multiplayer nell’Amicolosseo, ma il gioco è enormemente godibile anche dedicandosi esclusivamente al corposo comparto single player composto da sfide, contenuti extra e trofei.
Di fatto, Mario + Rabbids Kingdom Battle rappresenta una sorta di “corso di formazione” da giocare che qualunque sviluppatore in erba dovrebbe seguire. Mostra chiaramente come si può prendere tra le mani qualcosa che appartiene a qualcun altro e reinterpretarlo adeguatamente. Cosa serve per poter far questo? Amore e passione, molto semplicemente. Ogni poligono ed ogni pixel di Mario + Rabbids Kingdom Battle trasudano rispetto e passione verso il magico mondo di Super Mario, ed i Rabbids entrano a far parte di un contesto che non gli appartiene tramite un visore tecnologicamente avanzato e cosplay raffazzonati. Funziona tutto, funziona bene e tanto basta: funzionano pure i blaster, scelta inusuale eppur divertentissima, che mai avremmo pensato di vedere tra le mani di Mario. Come si crea uno spin-off di successo? Bisogna osare, bisogna guardarsi indietro e poi guardare avanti: attingere dal passato e trasportare nel futuro, senza cercare scorciatoie come “venderà di certo, c’è dentro un personaggio famosissimo”. Non si diventa un’icona videoludica per caso, serve tempo e soprattutto servono giochi di alta qualità che facciano amare un personaggio ed il suo mondo. Per creare uno spin-off di successo serve inventiva, servono conoscenze profonde della serie originale, serve un team affiatato e soprattutto serve una cosa sempre più difficile da trovare: passione.