30 FPS o 60 FPS? Questo è il dilemma. Per gli utenti PlayStation 5 i 60 FPS sono fondamentali, su PC sono quasi una garanzia per chi dispone di build anche mid-tier. Su ogni piattaforma costituisce un benchmark sinonimo di solidità dell’esperienza e alta qualità del prodotto. Tuttavia, in ogni lido i giocatori hanno subito duri colpi nel corso degli ultimi anni.
Videogiochi ottimizzati malamente, rilasciati con un framerate tutt’altro che granitico, per problemi di stabilità evidenti e spesso costanti. Diversi titoli AAA, e non solo, sono stati colpiti da questa piaga. Delusione, indignazione, se non addirittura ira, e perdita di fiducia sono state le reazioni più immediate anche verso gli sviluppatori più blasonati. Più recentemente, a suscitare sconforto è stata la conferma del blocco a 30 FPS per Hellblade 2: Senua’s Saga su Xbox Series X|S.
Ma quanto va condannata una scelta simile? Cosa significa davvero questo salto da 30 a 60 frame al secondo e qual è il prezzo che gli sviluppatori devono pagare? Cerchiamo di trovare risposte definitive tra compromessi e problemi tecnici.
Dilemma degli FPS: il discorso puramente tecnico
Il dialogo sul framerate va visto in primis dal punto di vista di chi lavora dietro le quinte per servire il gioco sul piatto. Per dibattere in merito al numero ideale di fotogrammi al secondo bisogna parlare anzitutto del frametime, ovvero il tempo impiegato per renderizzare un singolo frame. A 60 FPS il tempo di generazione è pari a 16,6 millisecondi; a 30 FPS si sale a 33,3 millisecondi. Maggiore è il tempo, ovvero inferiore è il numero di frame al secondo, migliore sarà la resa grafica effettiva e superiore sarà la quantità e qualità dei dettagli su schermo.
Le prestazioni di un titolo nei benchmark vengono espresse in FPS, ma attenzione al rapporto con il frametime. La media dei 60 frame al secondo potrà essere anche garantita offrendo una sensazione di fluidità notevole. Eppure, un frametime non omogeneo con picchi ben distanti dai 16,6 millisecondi per frame può portare allo stuttering. Il risultato? Un gioco che, pur arrivando al traguardo dei 60 FPS, non è piacevole da vedere e risulta problematico da giocare.
Ricapitolando, allora, i fotogrammi al secondo rappresentano quante immagini appaiono sullo schermo ogni secondo a prescindere dalla qualità. Al contempo, il tempo di generazione dei frame consente di farsi una idea migliore della coerenza del flusso di immagini, senza stuttering e lag. Cosa influisce nella definizione del “numero giusto” di FPS?
Un limite è determinato dalla potenza dell’hardware: meno potente è, più tempo impiegherà a produrre un frame e minori saranno quindi i frame generati ogni secondo. A volte è anche la qualità a risentirne profondamente oltre alla fluidità, trovando infine un risultato non frutto di compromessi, bensì di scarsa potenza dell’hardware. Un altro “limite”, invece, è costituito dalla visione degli sviluppatori.
La dimensione artistica degli FPS
Cosa vuole trasmettere un gioco all’utente? Fluidità e performance, o solidità e bellezza? La risposta la dà il tipo stesso di gioco. Un racing game e uno sparatutto competitivo, ad esempio, portano il giocatore e i developer a prediligere la strada degli FPS sparati al massimo. Chi ama Counter-Strike, Apex Legends o iRacing sa bene che la resa grafica viene se il compromesso è la massima fluidità dei movimenti, per una rapidità di risposta più vantaggiosa nelle gare e nei match. Giochi di avventura come il succitato Hellblade 2: Senua’s Saga, o un poderoso God of War Ragnarok, possono invece essere godibili anche a 30 frame al secondo. La ragione è palese: bisogna far gioire occhi, orecchie e mente con storie e comparti audio-video di alta caratura. La dimensione ludica diventa un mezzo per godersi la narrazione e l’opera d’arte virtuale.
Da qui la definizione di “gioco cinematografico”, limitato volutamente a 30 FPS cosicché la qualità grafica possa incrementare. In tali casi si guarda alla massima fedeltà, al realismo dell’esperienza per un’immersività più intensa. È una questione di design e dimensione artistica, praticità e veduta d’insieme. Può entrare in gioco la preferenza personale, o andrebbe superata?
Il desiderio del giocatore
Il desiderio del giocatore medio di vedere il “magico numerino” degli FPS raggiungere o addirittura superare la barriera dei 60 FPS resterà sempre. Come già detto, nei benchmark è quello il dato che viene letto per primo dall’utente. Se un videogioco può raggiungere tale cifra, pensiero comune è che sia un bene che al giocatore venga concessa la possibilità di godere della tanto voluta fluidità. Bisogna valutare, pertanto, due elementi: il compromesso dovuto all’hardware e la decisione inamovibile presa dagli sviluppatori.
Nel primo caso bisogna considerare che il numero degli FPS su console è destinato a non variare, salvo aggiornamenti legati all’ottimizzazione post-lancio del gioco. Su PC la situazione è differente, correlata alla diversità dei computer e al rapporto tra singoli componenti. Sostituendo CPU, GPU e RAM, evitando quindi bottleneck e potenziando il dispositivo, è più semplice andare oltre i 60 frame al secondo e non incorrere in stuttering e ritardi o, comunque, accettare il compromesso dei 30 ottenendo prestazioni solide.
Il secondo fattore, ovvero la decisione degli sviluppatori di limitare gli FPS, incorre proprio in virtù della impossibilità di sostituire i componenti su console. Dando il beneficio del dubbio sul fronte ottimizzazione, si tratta del tanto necessario compromesso affinché il progetto possa giungere nelle mani dei giocatori diventando fruibile.
Il problema si trova proprio nel “beneficio del dubbio”. Il desiderio emerge ed è prorompente quando l’abitudine diventa quella di accedere a progetti non propriamente godibili dal Day One. La triste tendenza del mercato videoludico, vista negli ultimi anni in titoli AAA e non solo, è stata quella di notare giochi rilasciati con gravi difetti sul fronte tecnico, rendendo le console incapaci di reggere il peso di una scarsa ottimizzazione e richiedendo, sul fronte PC, build estremamente prestanti e, dunque, più costose e inaccessibili.
Esiste una soluzione?
Per risolvere positivamente la questione “30 FPS o 60 FPS?”, servirebbe quindi l’accettazione del compromesso. In altre parole, approvare l’adozione dei 30 FPS per un determinato genere di videogiochi, comprendendo i limiti nei quali incorrono gli sviluppatori e la visione artistica del progetto. La percezione dell’esigenza dei 60 FPS su console, evidenziata dal malcontento e dai commenti aspri di una parte della comunità di giocatori, emerge tuttavia anche come segno di protesta. Come ci si può fidare delle case di sviluppo quando queste consegnano al pubblico progetti difettosi, addirittura sgradevoli, a prezzo pieno?
Serve più trasparenza, questa è la soluzione. Con occhio critico, giustificare il limite dei 30 frame al secondo non è affatto impossibile. Più complesso è arginare l’impeto della community, insoddisfatta dagli avvenimenti degli ultimi anni. È vero che le cicatrici della pandemia si vedono ancora e che gli effetti ancora si stanno verificando. Ciononostante, migliorando la comunicazione tra developer e community, anche i più fervidi sostenitori della impellente necessità dei 60 frame al secondo potrebbero addolcirsi, accettando la limitazione al fine di godersi l’esperienza ludica e artistica, solida anche se non estremamente fluida.