C’è un’espressione che torna spesso a cicli in ambito industriale: “Se vuoi pensare in grande, guarda a est”. Una frase che per anni è rimasta più suggestione che programma strategico, almeno per i colossi occidentali dell’entertainment. Ma qualcosa è cambiato. Microsoft, e più precisamente Xbox, ha iniziato a muoversi sul serio, con decisione, e con una nuova assunzione che fa rumore: quella di una figura professionale dedicata al business development in Cina. A primo sguardo può sembrare solo una posizione aperta, una fra tante, ma è molto di più. È un segnale preciso, che racconta la volontà di Xbox di costruire ponti solidi con l’industria cinese del videogioco e non solo per vendere qualche console in più, ma per ridefinire gli equilibri globali della produzione e distribuzione videoludica.
Un gesto che pesa, in un mondo in cui la Cina rappresenta non solo uno dei mercati più ricchi al mondo, ma anche uno dei più complessi, regolamentati e politicamente delicati. In questo scenario, Xbox non punta a “entrare in Cina”, vuole qualcosa di più: collaborare, co-produrre, integrare. Ma cosa significa davvero tutto questo? E soprattutto: cosa comporta per gli sviluppatori cinesi, per le politiche di censura e localizzazione, per i titoli che giocheremo domani?
Il China Gaming Business Development Lead
Partiamo da un fatto concreto: Microsoft ha pubblicato un annuncio di lavoro per una figura dedicata alla gestione dello sviluppo commerciale del comparto gaming in Cina. Un ruolo che non è tecnico ma strategico, che non si limita a vendere ma costruisce relazioni. Il compito sarà identificare studi locali, supportare la loro integrazione nel catalogo Xbox, Game Pass e PC, facilitare i processi di localizzazione, e – cosa ancora più significativa – collaborare con enti governativi per navigare la complessa giungla normativa del Paese. Chiunque mastichi un minimo di publishing sa che si tratta di un’operazione delicatissima. La Cina è un mercato blindato, che richiede certificazioni, licenze e una profonda conoscenza dei limiti imposti dalla censura statale, ma è anche un paese con centinaia di milioni di videogiocatori attivi e un’industria creativa in fermento. Microsoft vuole sedersi a quel tavolo, e vuole farlo con rispetto, non colonizzando ma dialogando. E questo cambia tutto.
Questa nuova direzione di Xbox apre scenari interessanti, e per certi versi anche inediti. Non si tratta solo di portare i giochi cinesi in occidente, o viceversa, ma si tratta di creare un ecosistema in cui titoli pensati in Cina possano nascere già con una vocazione internazionale. Una co-produzione vera, capace di superare la dicotomia est/ovest, ed è qui che iniziano le prime tensioni. Perché se da un lato le possibilità sono enormi – accesso a budget più alti, know-how tecnico, visibilità globale grazie a Game Pass – dall’altro le criticità sono già dietro l’angolo. I giochi pensati per il mercato cinese devono rispettare regole severe. Le tematiche trattate, i personaggi, perfino l’uso di certi simboli o meccaniche di gameplay, possono essere soggetti a restrizioni. La censura non è un rischio, è un dato di fatto. E se Xbox vuole davvero collaborare con i team locali, dovrà confrontarsi con queste regole. Tradotto: i giochi “co-prodotti” rischiano di nascere già autocensurati. La sfida sarà duplice: riuscire a mantenere integrità creativa, e allo stesso tempo costruire titoli che siano pienamente compatibili con le aspettative normative della Cina. Non facile ma non impossibile, se affrontato con intelligenza.
Game Pass: la piattaforma ideale per l’integrazione
Uno degli strumenti più potenti a disposizione di Microsoft è il suo ecosistema. Game Pass, in particolare, può diventare una vetrina ideale per i titoli cinesi. La possibilità di lanciare un gioco direttamente all’interno di un servizio globale, già sottoscritto da decine di milioni di utenti, cambia radicalmente le prospettive di visibilità e successo. Per uno studio indipendente cinese, finora confinato al mercato mobile locale o a pubblicazioni limitate su Steam, la partnership con Xbox può significare un salto di qualità. Accesso alle tecnologie di Azure, supporto tecnico, QA, marketing, localizzazione. Tutto ciò che spesso manca nel percorso di crescita di un team emergente. E Xbox ha interesse a trovare nuovi contenuti da integrare nel proprio catalogo, contenuti che abbiano una voce diversa, una visione alternativa, e che possano distinguersi in un panorama sempre più affollato. Ma anche qui, attenzione. L’integrazione non deve trasformarsi in assimilazione. I giochi cinesi non devono diventare una copia dei modelli occidentali, ma devono mantenere la loro identità, la loro estetica, il loro ritmo narrativo. Solo così potranno davvero arricchire il panorama globale.
È impossibile parlare di videogiochi in Cina senza affrontare il tema della regolamentazione. Il governo cinese ha un controllo capillare sull’industria, attraverso la National Press and Publication Administration (NPPA), che approva ogni singolo gioco che viene pubblicato sul mercato. E parliamo di processi lenti, imprevedibili, con vincoli pesanti su contenuti violenti, riferimenti religiosi, rappresentazioni di sangue, scheletri, e qualunque cosa possa essere considerata “contro i valori sociali cinesi”. Microsoft, per riuscire a navigare in questo sistema, dovrà costruire una rete solida di relazioni istituzionali. E non è detto che basti. I rischi di blocchi, modifiche forzate o cancellazioni dell’ultimo minuto sono sempre dietro l’angolo. Anche per questo, probabilmente, la strategia è quella di puntare su co-produzioni o su contenuti “originati in Cina”, che abbiano quindi un percorso più facilitato, ma il prezzo potrebbe essere alto. Questo perché ogni scelta creativa dovrà passare attraverso il filtro di due sensibilità: quello del pubblico internazionale e quello delle autorità locali. E i due approcci non sempre si conciliano. Il rischio è che per cercare di piacere a tutti, si finisca col diluire tutto ed è qui che Microsoft dovrà dimostrare di saper trovare l’equilibrio.
Un’opportunità anche per gli studi occidentali?
C’è un aspetto poco discusso ma molto interessante: questa apertura di Xbox alla Cina potrebbe diventare anche un’opportunità per gli studi occidentali. In che senso? Semplice: un team europeo o americano che vuole pubblicare in Cina potrà farlo attraverso l’ecosistema Xbox, sfruttando la rete di relazioni costruita dal nuovo business development team. Immaginate uno studio italiano che sviluppa un gioco narrativo e che, grazie alla mediazione di Xbox, riesce a trovare un partner locale per la distribuzione. O che riesce a ottenere la certificazione NPPA più rapidamente, proprio perché sostenuto da una multinazionale che parla la lingua giusta. Non è fantascienza, è una possibilità reale. A patto, ancora una volta, di accettare eventuali modifiche o limature.
Certo, non tutti i giochi sono “esportabili” in Cina. Ma per quelli che lo sono – puzzle game, avventure, platform, strategie – si apre una strada prima quasi impraticabile. Quello che Xbox sta facendo non è semplice espansione commerciale, ma un cambiamento di paradigma. Sta cercando di diventare un ponte tra culture, tra mercati e sensibilità diverse. Non è detto che ci riesca. Le difficoltà sono molte, ma l’intenzione è chiara, e il potenziale enorme. La speranza è che questa apertura non si traduca in una perdita di libertà creativa, ma in un arricchimento reciproco. Che i giochi cinesi possano insegnarci qualcosa di nuovo e che le piattaforme occidentali sappiano offrire strumenti per raccontare storie mai ascoltate prima?
Perché alla fine, il videogioco è anche questo: un linguaggio globale. E se Microsoft vuole davvero parlare con il mondo intero, non può ignorare un miliardo e mezzo di voci. Il futuro si scrive anche così: con una posizione aperta su LinkedIn, ma dietro quella riga c’è tutta una visione e se sarà coraggiosa, aperta e coerente, potrà cambiare molto più di quanto immaginiamo.