Se pensate che le stelle siano corpi celesti composti di gas che bruciano a milioni di miliardi di km di distanza da noi, beh, siete in errore. Lo sanno tutti che le stelle, e pure certi pianeti, in realtà sono palle composte da oggetti vari, come matite, tonni, antenne paraboliche, grattacieli o gomme da masticare, lanciate nella stratosfera dal Re dell’Universo. Lo insegnano a scuola, dai. O almeno… in alcune scuole… come quelle nipponiche che devono aver frequentato i creatori del folle Katamary Damacy, il capitolo che precede il gioco oggetto di questa recensione: We Love Katamari REROLL+ Royal Reverie. Se siete del tutto digiuni della serie Katamari mettetevi comodi, aprite le orecchie e preparatevi per l’inaspettato. Perché quel che vi ho raccontato fino a ora è solo la punta dell’Iceberg ludico e narrativo di una delle esperienze più nonsense di sempre. Ma il nonsense è bello eh, non quello fatto male. Tutto pronto per la recensione di We Love Katamari REROLL + Royal Reverie.
“Così è troppo piccolo: fallo più grande!”
Vi hanno mai detto “è troppo piccolo”? Non in quel senso ovviamente: sto parlando del vostro Katamari. In che senso non ne avete uno? Parliamo del dispositivo gravitazionale più famoso di sempre, con potere di attrazione praticamente illimitato, che se fatto rotolare nelle giuste condizioni e con sufficiente forza può inglobare praticamente di tutto, dalla formica all’elefante… e pure di più: dei pianeti interi! A che scopo? Beh, perché il protagonista, rotolatore professionista di Katamari, è il figlio di un azzardato re dell’Universo, che per errore ha cancellato intere costellazioni dai cieli.
Proprio come vi raccontavo poc’anzi (pensavate fosse uno scherzo eh? Invece no!) L’ingrato compito di ripristinare il panorama notturno è spettato a noi, i suoi figli, addestrati a far rotolare i Katamari sulla terra per ricostruire sferoidi di dimensione adeguata per sostituire quelli spariti. Nel frattempo, sulla terra una versione alquanto squadrata degli esseri umani assiste impotente alla venuta “a palla” degli alieni, cantando assurde canzoncine propiziatorie. La musica è importantissima in Katamari, è fondamentale per imprimere il giusto mood alle situazioni e ai livelli. Parliamo di testi del calibro di:
“Ball it up and roll it around, I love you, always smile for you
You’re my only Love Moon, so we’ve gotta hang in there!
Com-presssssion, com-presssSION!”
“Arrotolalo e rotolalo, ti amo, sorrido per te
Sei la mia sola luna d’amore, quindi resta appesa per me!
Compre(n)ssione, com-pre(n)SIONE!”
Diversi anni dopo sia in gioco che fuori, in seguito alla rimasterizzazione in alta definizione di Katamari Damacy, anche We Love Katamari, suo sequel, riceve il trattamento “REROLL”. Ed è altrettanto spensierato, inutilmente fiero di sé e banalmente eccezionale. Un fiorire di caos (altro che quello di Stranger of Paradise!) da cui sboccia un nonsense d’autore, coerente con le sue “regole sregolate” e coloratissimo.
Ci sono pochi elementi, pochi controlli e ancor meno vincoli da memorizzare per cimentarsi in We Love Katamari REROLL. Fra l’altro sono gli stessi dettami di Katamari Damacy, perciò se lo avete già completato siete diversi passi avanti. Nell’incipit di ogni stage vi viene dato un Katamari, una zona in cui ingigantirlo il più possibile e vari arredi. Alcuni sono semplici, come un domino di evidenziatori nella stanza di un bimbo. Altri invece possono lasciare interdetti, ma solo finché non entrate nella mentalità di Katamari. Per esempio, in uno stagno di periferia non è impossibile veder aggirarsi un gatto con pinne, maschera e boccaglio. L’unica cosa che conta è che qualunque diavoleria troviate, vi farà sempre venire voglia di buttarla giù e assorbirla, complice un level design eccezionale e studiatissimo, molto più di quanto potreste pensare.
A quel punto, una volta iniziata la mattanza, “la palla pazza che strumpallazza” inizia ad attirare a sé mentre rotola solo gli oggetti di volume pari o superiore al suo. Ovviamente considerando la “dimensione totale” di riferimento come la somma di quella del Katamari di base, con cui iniziamo i livelli, e di tutti gli orpelli che vi restano attaccati nel frattempo. Man mano che la sfera cresce e il gameplay accelera, la visuale sul mondo di gioco si allontana, gli oggetti che prima erano enormi diventano la normalità. Ora che possiamo inglobarli, scopriamo di aver appena grattato la superficie esplorabile della zona. Infatti, una palla più larga riesce magari a guadare un fiume che prima era insuperabile, o scalare un gradino che fino a qualche istante fa sembrava la muraglia cinese. Oppure, che era proprio la Muraglia Cinese, ma adesso siete così enormi che sembra fatta coi Lego.
“La palla pazza che strumpallazza”
Come se fosse uscito da un programma TV anni ’80 o ’90 della tv giapponese, We Love Katamari esplora ancor più profondamente la direzione artistica peculiare già sperimentabile in Damacy. Senza mai esagerare, aumentando il volume, alterando forme e colori della natura con un’impronta onirica, fino a distorcerne i già tortili paradigmi. Però, per fortuna, sa quando fermarsi. Sarebbe stata la strada più facile per un sequel, andare oltre sempre più velocemente al motto di “grande è meglio”. Che è vero comunque, grande è meglio, ma tra “grande” e “gonfio” c’è una bella differenza.
We Love Katamari REROLL è proprio un prosieguo perfetto di Katamari Damacy REROLL. Identico nella forma, nella sostanza e nella strampalanza, ma più approfondito. Se per voi, come per me, Damacy era troppo corto, We Love Katamari dura molto, molto di più. Non vuole però rischiare di ripetersi, non oltre quanto è naturale debba farlo per sua natura. Rotoli, ingrandisci, rirotoli, riingrandisci, non c’è grande varietà nel cuore del gameplay. Così, questo sequel cambia e si allarga nell’unico comparto possibile: nelle richieste fatte al nostro protagonista e nella trama. Che stavolta non esplora gli accadimenti del mondo intorno al principe mentre egli si dedica alla sua palla, bensì, affronta di petto le difficoltà di suo padre, il re dell’Universo, mentre era ancora un principe a sua volta costretto ad obbedire a un esigente padre-padrone. Ma non sperate di commuovervi, se non per via delle troppe risate.
Laddove le missioni basilari restano le stesse, chiare, come “crea un Katamari grande così”, o “raccogli solo questo tipo di oggetti”, per citarne due fra tante, il pool di quest spazia scoprendo molte altre situazioni. Vi lasciamo il piacere di scoprirle da soli, sappiate solo che sono tantissime e che, comunque, anche quando non sembrano poi così originali ci pensano i personaggi in ballo a renderle uniche. Il re dell’Universo infatti non è coinvolto nel gioco solo nella sua forma “bambina”, nei ricordi cut-scene e nei relativi livelli-memorie che sbloccano di volta in volta. Nel presente, da adulto, è diventato una sorta di protettore e abitante della terra e dei terrestri, di cui ascolta le richieste facendosi convincere alla prima lusinga ben piazzata. I siparietti che lo vedono protagonista spaziano dall’esilarante al “cringe”, ma non poteva essere altrimenti: ci piacciono così.
Alla domanda “perché?” Katamari Damacy REROLL rispondeva “perché posso”, mentre We Love Katamari replica “perché no!”. E’ una sfumatura linguistica sottile, certo, ma efficace per comunicare quanto questo sequel sia più conscio delle sua possibilità e dei suoi limiti. Che non supera mai e casomai allontana, con l’introduzione di molteplici innovazioni. Vedasi i nuovi costumi puramente estetici per il principe, la possibilità di accedere ai livelli esplorando una specie di “mini mappa”, da cui si può selezionare (o ri-selezionare) in modo più diretto lo stage parlando con esseri umani intenti a… fare cose. Cosa? Cose! E poi ci sono i livelli multigiocatore in locale: aiuto. Dirvi di più sarebbe ridondante: Katamari non si può spiegare senza fargli perdere parte della magia. Se i miei sproloqui fin qui non vi hanno spaventato, se vi sentiti affini alla spensieratezza colorata del Re dell’Universo e dei suoi figli, beh, vi invito piuttosto a “rotolare nel buio”. A lasciarvi sorprendere.
La recensione in breve
Credetemi, quando dopo aver finito di giocare mi sono approcciato a questa recensione, volevo scrivere solo "bello". Lo è davvero. Non per tutti, non per forza. Ma lo è. "Datemi una leva e muoverò il mondo". Datemi un Katamari e lo arrotolerò in una palla cosmica. "C'era un Katamari tondo tondo, che voleva essere il più forte del mondo. Che voleva tutti quanti superare. Un bel giorno, si mise a… rotolare.": era il day 1 di Katamary Damacy. Da quel 18 di marzo del 2004, non ha mai smesso di farlo nelle menti degli appassionati del Katamari, intrippati dalla trama/lore improbabile, dalla direzione artistica, dalla capacità di tutti i titoli della saga di scacciare i pensieri negativi dalla mente, lasciandoci un vuoto mistico dove solo le neo nate stelle del Re dell'Universo sembrano trovare il giusto posto. E pensare che per muovere tutto bastano due analogici e un po' di coordinazione. Vabbè, forse anche un pizzico di pazzia non guasta...
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Voto Game-Experience