L’appuntamento di oggi con la nostra rubrica Gamebuster è dedicato a Ubisoft. La casa francese, madre di titoli tra i più conosciuti nell’industria del videogioco ha un problema con i Tripla A. Nonostante l’incredibile successo di saghe come Assassin’s Creed, The Division, Ghost Recon e Far Cry Ubisoft continua a cadere nei propri errori, rinnovandosi soltanto di rado. Tutt’altro discorso vale invece per le produzioni minori, Ubisoft è capace di sfornare vere e proprie perle, spesso sottovalutate, capaci di mettere in ombra il più commercializzato degli Assassin’s Creed.
Lo so, è un inizio aggressivo e provocatorio ma se smettete di affilare i forconi, vedrete che probabilmente il discorso fila più di quanto pensiate. Partiamo con un doveroso riconoscimento al contributo di Ubisoft all’interno dell’industria del videogioco. Ubisoft è riuscita a mantenere una produzione di titoli di grosso calibro laddove il resto dell’industria era troppo spaventata per proporre qualcosa di nuovo, ripiegando su remastered, remake e collezioni di ogni tipo. Durante la scorsa generazione abbiamo conosciuto Watch Dogs, For Honor, The Division ed un ritorno in grande stile di saghe da tempo dimenticate come Ghost Recon e Rainbow Six, dando in quest’ultimo caso anche un incredibile apporto al mondo degli e-sport.
Ubisoft è capace di osare, lo ha fatto con The Crew sfidando il colossale Forza Horizon e, almeno con The Crew 2, riuscendo anche a mettere in difficoltà i titoli più amati del genere. La perseveranza e la proattività nei confronti di un’industria troppo spesso stantia e incapace di reagire garantisce a Ubisoft un posto nel nostro cuore.
Osare tuttavia vuol dire anche esporsi a critiche, eventualmente fallire, riprovare. Lo abbiamo visto con For Honor, Watch Dogs: Legion ed Assassin’s Creed Syndicate e Ghost Recon: Breakpoint ma, come una fenice risorge dalle sue ceneri, Ubisoft non si da mai per vinta. Questo Gamebuster nasce dall’esigenza di portare alla luce un problema che affligge tutte le produzioni Tripla A più recenti sviluppate dalla casa francese: i titoli Ubisoft, in special modo quelli usciti negli ultimi anni, sono dei pachidermi enormi e spesso privi di vita che si limitano ad ingozzare il giocatore di contenuti poco ispirati.
Io, come molti, sono un completista, l’idea di lasciare qualcosa di non scoperto, non raccolto o comunque di irrisolto mi infastidisce eppure, di fronte alle dimensioni di titoli come Assassin’s Creed: Odissey e Ghost Recon Wildlands ho gettato la spugna “limitandomi” a finirli. Tutti i titoli Ubisoft, stiamo parlando sempre di titoli di grande rilievo, sono accomunati da alcuni elementi di gioco ormai riconoscibilissimi. Dalle mappe immense, spesso vuote, ai punti di osservazione utili per scoprire una parte della mappa agli avamposti da liberare, la grande famiglia di Ubisoft difficilmente riesce a produrre titoli AAA capaci di stravolgere il genere.
La rottura avvenuta tra Assassin’s Creed Syndicate ed Assassin’s Creed Origins ha permesso a Ubisoft di riorganizzare le idee, facendo risorgere ancora una volta una saga ormai sulla strada del tramonto, rivoluzionando in maniera incredibile l’intera struttura del titolo e portando sugli schermi dei giocatori un videogioco fresco e ricco di idee, è davvero sconfortante vedere come il modello Origins non sia stato seguito con Odissey e Valhalla, riportando la saga in quella situazione di stallo dalla quale è veramente difficile uscire, ancora una volta. Allo stesso modo le produzioni più grandi come The Division e Ghost Recon hanno sofferto moltissimo nelle loro seconde iterazioni, arrancando in un mondo che continua ad avanzare senza però riuscire a proporre delle novità concrete e delle soluzioni di gameplay soddisfacenti.
Questo ci porta al cuore del nostro Gamebuster, Ubisoft non è infatti soltanto Assassin’s Creed o titoli ad altissimo budget, Ubisoft è anche sinonimo di produzioni dal costo ridotto ed è lì che, come un Novecento in terza classe, Ubisoft riesce a suonare la sua tarantella. Perché, nel momento in cui Ubisoft smette di essere Assassin’s Creed e comincia ad essere Rayman, Valiant Hearts e Child of Light, la maschera del colosso degli open world vuoti cade per far spazio a qualcosa di molto più interessante.
Ultimo nel filone dei titoli sottovalutati troviamo Immortals Fenyx Rising, il titolo propone tutto quello che un videogioco di questo genere dovrebbe avere e lo fa con una leggerezza che non soffoca, proponendo un mondo ricco di attività che tuttavia non vanno a sopraffare il giocatore. La mia esperienza nell’antica Grecia ha ispirato questo episodio di Gamebuster in quanto, al netto delle due esperienze, ho trovato in Immortals Fenyx Rising un titolo immensamente più valido di Assassin’s Creed: Valhalla, da lì al flusso di coscienza tra le produzioni minori ed i colossi di Ubisoft il passo è breve.
Analizzando le esperienze di titoli come Trials, Rayman, Anno e tutte quelle produzioni che non fanno tremare le conferenze a suoni di grafica, ho ritrovato una passione per il videogioco che troppo spesso va a perdersi all’interno di esperienze troppo dispersive e diluite. Immortals Fenyx Rising è un titolo che sicuramente non farà la storia del videogioco ma è qualcosa di concreto, un titolo coinvolgente, spensierato e ricco di piccole sorprese che riescono laddove l’avventura di Eivor fallisce miseramente su molti, troppi punti.
Chiaramente, la possibilità di sperimentare con i titoli minori dipende dal successo dei titoli più importanti e, almeno seguendo questa linea di pensiero, non voglio infierire troppo sui prodotti confezionati per la massa, possiamo trovare un aspetto positivo, sebbene titoli come Far Cry Primal e Watch Dogs Legion siano capaci di far crollare questo immenso castello di carte.
In conclusione, pur avendo due pesi enormemente diversi, le produzioni di Ubisoft riescono ad essere perfettamente bilanciate nella loro totalità e, se i Tripla A vi sembrano troppo diluiti e spesso privi di anima, gettatevi a capofitto sulle produzioni minori, non ve ne pentirete assolutamente. Dal nostro canto continueremo a seguire con attenzione quelli che sono i titoli proposti da Ubisoft in quanto, guardando il panorama dei grandi publisher, soltanto Bethesda riesce a proporre un parco titoli paragonabile a quello della casa francese. In fin dei conti non importa quanti titoli a cadenza annuale possa produrre Ubisoft, arriverà quel momento in cui riuscirà a rinnovarsi come ha già fatto in passato, nel frattempo vedremo arrivare nuovi titoli, spesso troppo audaci, altre volte poco ispirati ma è sempre meglio che trovarsi tra le mani l’ennesima remastered.