Quando l’industria degli AAA, o AAAA nel caso di colossali e ambiziose produzioni come l’impareggiabile Skull and Bones, falliscono o semplicemente non riescono più a sorprendere, tocca al settore indie fare la magia. Tirare fuori il coniglio dal cilindro. Sbrogliare il bandolo della matassa. Uccidere il vitello grasso. Ok, non esageriamo, ma la voglia di sorpresa e genuino divertimento, specie in un’estate torrida come quella appena vissuta e un’industria sempre più impantanata in live service che non vanno da nessuna parte, è tangibile. Ed ecco, come un faro nella nebbia, All Possible Futures con il suo primo videogioco.
The Plucky Squire è un miracolo. Un autentico miracolo. Un videogioco difficile da descrivere a parole, perché quelle che riesce a trasmettere più che altro sono sensazioni, emozioni, scaturite da un team di sviluppo che è riuscito ad accedere a un pozzo senza fondo di idee dal quale sembra che nulla sia stato scartato. Impossibile, dite voi? Non proprio, perché in The Plucky Squire c’è davvero di tutto. Ve lo raccontiamo dopo averlo provato per circa tre ore in questa anteprima, in attesa che il gioco sarà disponibile dal 17 settembre – al day one anche su PlayStation Plus.
Lo scudiero senza macchia, senza paura e senza confini
Quello di The Plucky Squire è un mondo da favola. Letteralmente. Il regno di Mojo, che fa da sfondo all’avventura, è proprio parte di un libro di favole per bambini, scritto da un umano che ha dato forma alle sue fantasie e forse immedesimandosi in Jot, il prode protagonista. Un simpatico ragazzino senza macchia e senza paura, all’apparenza gracilino ma sempre pronto a mettersi in viaggio per una nuova avventura, o per aiutare i suoi amici. Ma Mojo non è un reame come quello di Arendelle o Corona. Sì, anche qui ci sono strani animali parlanti, ma è tutto il contorno a essere strano e, soprattutto, coloratissimo. The Plucky Squire inizia in un mix tra Pokemon e The Legend of Zelda come contesto e visuale: Jot è nella sua piccola casetta, quando all’improvviso viene costretto a mettersi in viaggio. Visuale dall’alto verso il basso come il primo Link, una spada per attaccare e una schivata rotolante per evitare i colpi nemici, e tutto sembra pronto a un classico gioco di azione e avventura in due dimensioni nel quale Jot impara qualche nuova abilità lungo il tragitto.
Tutto classico, insomma. E invece no. In The Plucky Squire, la parola d’ordine è stupire il giocatore, sempre e comunque. Nelle tre ore della versione di prova, che rappresentano anche la parte iniziale del gioco, All Possible Futures mostra chiaramente ai giocatori le potenzialità sconfinate di un gioco come The Plucky Squire, per il quale risulta difficile non avvicinare il potentissimo It Takes Two di Hazelight Studio. In esso, il buon Josef Fares aveva dato a ogni singolo livello una precisa impronta nelle dinamiche e nel gameplay, accompagnando i giocatori verso una continua scoperta. Il titolo pubblicato da Devolver Digital, almeno da queste prime sensazioni, sembra pronto a replicare il miracolo, giocando diversi importanti assi nel suo mazzo ma senza mettere fretta all’arte.
Sì perché poco dopo il primo incontro con Moonbeard,il Merlino di Mojo ma più appassionato di musica techno che vero e proprio esperto di magia, inizia il viaggio di Jot, prima nel modo più classico possibile, citando i grandi del passato delle avventure in terre fantasy, poi lasciandosi andare alla creatività più assoluta, liberandosi dal giogo della possibile ripetitività e abbracciando la fantasia, in tutto e per tutto.
Capita così che The Plucky Squire, per qualche istante, si trasformi da gioco avventuroso a picchiaduro in terza persona, con Jot imbottito di steroidi e pronto a prendere a pugni un neanche troppo indifeso tasso del miele. O che inizi a giocare con la sua stessa realtà, quella di un libro di favole: spostando le parole scritte sul libro, Jot è letteralmente in grado di modificare il mondo circostante, aprendo vie prima inaccessibili o risolvendo enigmi altrimenti impossibili. O addirittura che passi alla terza dimensione.
Il perfido Humpgrump, mago cattivo di Mojo che si è stufato di perdere in ogni singola occasione come sempre avviene a tutti i cattivi, lancia infatti un incantesimo per spedire Jot lontano, dove non potrà più interferire con la sua storia e i suoi piani: lontano dal libro. E così, come per magia (ma va), Jot viene catapultato nella terza dimensione, sulla scrivania dello scrittore e proprietario di The Plucky Squire, e qui inizia un altro capitolo della sua stramba ma magnifica avventura.
Scoprendo sempre più di questo altro mondo al di fuori del libro, Jot impara anche come sopravvivere ai fastidiosissimi scarafaggi, ben più pericolosi di quei piccoli e insignificanti goblin nel suo mondo, fino ad assumere addirittura il potere di aprire il proprio libro ed entrare e uscire a piacimento, passando dalle due alle tre dimensioni di continuo e richiamando alla mente il già citato Link nel mitico A Link Between Worlds, nel quale accadeva qualcosa di simile. La chiave per capire al meglio The Plucky Squire è pensare quadrimensionalmente, per dirla à la Doc Brown di Ritorno al Futuro: ciò che è nel libro, o stampato su carta, può diventare utile nel mondo reale, e viceversa.
Il viaggio è tutto
Verrebbe quasi voglia di fermarsi qui con il racconto del gioco… E così faremo.
In The Plucky Squire il vero cuore dell’esperienza è rappresentato dal viaggio e le sorprese che questo riserva, non tanto sul fronte narrativo, con personaggi comunque simpatici e qualche classico cliché che viene sfruttato proprio per stimolare il divertimento, quanto invece su quello di un gameplay in continua evoluzione, e al di là dei classici potenziamenti acquistabili presso il classico venditore da pagare con le classiche valute in game. Quel che importa, in questo momento, non è tanto quante altre variazioni del gameplay saprà offrire The Plucky Squire ai giocatori, quanto la qualità delle sue divagazioni, con trovate sempre brillanti e mai banali, precise e divertenti da giocare tanto in fase action quanto in quella esplorativa o risolutiva degli enigmi.
Quella di The Plucky Squire è una demo triste da concludere. Triste perché il gioco fa di tutto, e lo fa benissimo, per spingere a chiedersi quali altre trovate gli sviluppatori potrebbero aver pensato per quest’opera, che si candida con estrema facilità a diventare non solo la più grande sorpresa del 2024, ma anche un videogioco capace di rivaleggiare con i grandi dell’industria, se le premesse saranno mantenute. Proprio come fece It Takes Two.
E non potrebbe farlo se non avesse dalla sua anche una direzione artistica semplicemente incredibile, con le fasi in due dimensioni che riproducono in tutto e per tutto un libro di favole in pieno movimento, e un passaggio alla terza dimensione naturale e semplice, che non solo non ha alcun tempo di caricamento ma dà perfettamente forma alle forme che prima era solo possibile immaginare. Che poi è quello che accadde negli anni ‘90 quando, tanto per dirne uno, Mario passò da sprite a modello 3D libero di muoversi ovunque.
Ci sono una palette cromatica vivacissima, colori pastello che dominano ogni angolo del libro/mondo di gioco, suoni allegri e frizzanti, un profondo narratore che accompagna la storia di Jot, un gruppo di personaggi amichevoli, livelli dominati dall’oscurità e ricchi di segreti, sorprese di ogni tipo. The Plucky Squire è un gioco che obbligatoriamente entra nella lista dei più attesi della fine del 2024, ancor di più dopo questa immensa e affascinante demo.