Serviva una ventata d’aria fresca. Quando le grandi aziende non riescono più a stupire, schiacciate tra AAA troppo tradizionali o fastidiosissimi live service che nascono con l’intento di durare un decennio e si sciolgono invece come neve al sole dopo un paio di settimane (ogni riferimento è puramente casuale), devono intervenire gli indie. Ambiziosi, colorati, creativi. Ecco, creativi. La parola che forse più si addice a The Plucky Squire, un vero e proprio trionfo di innovazioni e idee messe in campo per spronare i giocatori a pensare fuori dagli schemi, proponendo una familiare atmosfera Zelda-like ma senza cadere nell’errore della copia carbone. No, The Plucky Squire schiva questo pericolo e ne esce alla grande, confermandosi nella sua release definitiva come un gioco dagli elevatissimi valori artistici, come prova del trionfo di un team che è riuscito a dare forma a un titolo semplicemente imperdibile. Un serio candidato ai GOTY, dopo quel celebre It Takes Two di Hazelight che esaltò l’industria indipendente? Probabilmente sì, ecco. Ma bando alle ciance, parliamo di questo e altro nella nostra recensione di The Plucky Squire.
Una storia di coraggio, amicizia e… dimensioni
La storia di The Plucky Squire parte come una tradizionale favola per bambini, o quasi. Jot, protagonista di questa avventura, è il prode eroe senza macchia e senza paura, protagonista di una serie di libri per bambini da tempo. Sì, la base concettuale di The Plucky Squire è già di per sé molto allettante: Jot e il mondo di Mojo, dove lui vive, sono in realtà parte di una fantasia, dell’estro creativo di un autore che ha scritto una serie di libri per i più giovani nei quali il silenzioso protagonista vive una serie di avventure divertenti e magiche.
Eppure, stavolta la situazione è diversa. Il classico cliché di Jot che sconfigge Humpgrump, il malvagio stregone di queste terre, viene meno all’improvviso. Proprio Humpgrump, più determinato che mai, scopre che lui e tutto ciò che lo circonda sono appunto opere di fantasia, facenti parte di libri per bambini scritti da chissà chi. E lui, stufo di fare la parte del perdente a ogni singola occasione, decide che è il momento di tirare fuori il coniglio dal cilindro. O meglio, di tirare fuori Jot da Mojo, esiliandolo al di fuori del libro di storie… e portandolo nel mondo reale in tre dimensioni.
L’espediente narrativo non è altro che il motore che mette in azione tutto il caratteristico mondo di The Plucky Squire, frutto di scelte artistiche e creative che nel tempo si arricchiscono sempre di più con grandi intuizioni. Il gioco gioca (scusate la ripetizioni) sulla coesistenza di questi due mondi, quello in due dimensioni di Mojo e quello in tre della scrivania sulla quale si trovano il libro e gli altri strumenti utilizzati dall’autore per scrivere e colorare, che di continuo si fondono poeticamente. C’è un adorabile stile visivo 2D che rispecchia in tutto e per tutto quello che deve essere un libro per bambini, coloratissimo, vivace, allegro, nel quale poi i vari personaggi in stile sprite si muovono e vivono.
Il gameplay: sfogliare un libro può salvarti la vita!
Quando Jot salta fuori dal libro, ecco che non solo il gameplay e il gioco cambiano forma, ma anche lo stesso protagonista. La visuale si trasforma, Jot diventa un piccolo personaggio in tre dimensioni dalle stesse sembianze ma ora rappresentato con uno stile molto differente visto l’impatto reale del contesto, eppure The Plucky Squire è sempre quello. È riconoscibile, è tremendamente carismatico, è capace di spingere i suoi limiti in continuazione, pur restando fedelissimo a se stesso.
Se dovessimo incastrarlo forzatamente in un genere, The Plucky Squire si adatta molto bene alle definizioni di action-adventure dei primi The Legend of Zelda in 2D, con ambientazioni da esplorare e piccoli puzzle da risolvere. Il fatto è che questi puzzle, in realtà, diventano via via complessi, inteso non come difficoltà bensì come possibilità. Con il passare del tempo e il progredire dell’avventura (occorrono circa 7 ore per portarla a termine), si assiste poi a una continua esplosione di scelte creative, che portano Jot a nuove abilità consentendogli ad esempio di entrare e uscire a piacimento dal libro (esistono in realtà alcuni portali per farlo, dunque non è un passaggio totalmente libero), sfogliare le sue pagine per tornare a un momento del passato, addirittura aprirlo e chiuderlo per spostare oggetti o farli scivolare da una pagina all’altra.
Con la capacità di manipolare il libro che diventa via via più ricca e complessa, aumenta anche la difficoltà degli enigmi proposti e delle missioni da compiere, senza dimenticare che le parole stesse impresse nel mondo di Mojo hanno un peso importante. Poiché quello di Jot è un libro, questo è arricchito di didascalie e brevi frasi che raccontano le peripezie del protagonista, ma in modo alquanto bizzarro questo può decidere di spostare alcune parole e cambiare in modo imprevedibile lo scenario. Potrebbe ad esempio capitare che una pila di libri debba essere sparpagliata per consentire il passaggio, o che un blocco di pietra vada trasformato in scala per proseguire, o ancora che una foresta impenetrabile sia più utile sotto forma di labirintiche rovine antiche. E tutto avanza così, dolcemente cullati dalle fantasiose e solari musiche, di puzzle in puzzle, di pagina in pagina, alternando ambientazioni classiche a sezioni quasi platform, sia in due che in tre dimensioni, continuando a giocare con il passaggio tra una dimensione e l’altra per arricchire un gioco già pronto a diventare un must.
A tal proposito, non si può però segnalare un difetto di non poco conto. Gli enigmi a parole di The Plucky Squire non sono certo insormontabili, e anche chi non mastica inglese può facilmente intuire le conseguenze dei cambiamenti apportati da Jot nel libro, banalmente anche solo osservandone gli effetti. Risulta però difficile da accettare il fatto che il gioco sia stato adattato in ben 11 lingue, tra cui il russo e il tedesco, ma non in italiano. Una pecca che può allontanare qualcuno, specie un pubblico più giovane che poteva invece incastrarsi perfettamente nel target di riferimento dell’opera.
In conclusione
A livello di originalità e creatività, The Pucky Squire è insomma paragonabile tranquillamente a It Takes Two. Pur non toccando le sue altissime vette qualitative, il gioco di All Possible Futures è capace di stupire in continuazione il giocatore, cambiando il gameplay a proprio piacimento per dare nuovi spunti e situazioni. C’è un momento, ad esempio, in cui The Plucky Squire si trasforma in un vero GDR a turni, dopo che Jot va in cerca di alleati e preziose armi… all’interno di carte da gioco in stile Yu-Gi-Oh.
Ma non è solo questo: l’intero apparato di The Plucky Squire funziona perfettamente, in ogni aspetto. La capacità con la quale ciò che è in 2D viene trasposto in 3D, ad esempio, non è affatto banale, e ricorda ad esempio quanto sia stato difficile per alcuni grandi brand degli anni ‘90, come Mario e Rayman, compiere il balzo. Jot lo fa in maniera naturale, proprio come il gioco in sé, simpatico anche col solo impatto visivo. La terra di Mojo è gustosamente surreale e comica. La città di Artia, il centro reale di Mojo, non è solo la culla dell’arte con pastelli e colori, ma anche piena di personaggi che fanno riferimento visivo a famose opere d’arte come la Monna Lisa e L’urlo di Munch.
Il risultato è un gioco fenomenale, una sorpresa continua, un contenitore di idee vivaci e splendenti. Idee che continuano a dare lucentezza per tutto il corso dell’avventura, persino nel boss finale. Un rischio che gli sviluppatori si sono presi, perché non sempre variare spesso e talvolta radicalmente le meccaniche di gioco in un titolo porta a benefici. Per fortuna, The Plucky Squire ha messo in questo gioco cura e maestria, portandolo a essere una grande avventura da favola.
La recensione in breve
The Plucky Squire è un gioco fenomenale. Bellissimo. Coloratissimo. Divertente. Folle. Esagerato. Creativo in ogni istante, dal primo all'ultimo minuto, in 2 e in 3 dimensioni. Basta. Non serve sapere altro. Chiudete questo articolo e giocatelo subito. E se non sarà ai TGA, il buon Geoff avrà fatto un gigantesco buco nell'acqua con quello che è il gioco più sorprendente dell'anno.
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Voto Game-Experience