Su The Last Of Us Part II s’è detto tutto, forse anche troppo. S’è parlato dei pregi e dei difetti strettamente legati al gioco, ma anche e soprattutto d’altro. Naughty Dog è finita sul banco degli imputati per una serie di motivi, alcuni giustificati altri invece derivanti da polemiche sorte ben prima del lancio del gioco stesso. Nonostante una media di 94 su Metacritic il gioco è stato bersagliato da review bombing da parte degli utenti. I motivi sono diversi, s’è parlato per esempio molto di Neil Druckmann, game director del gioco, e del crunch work che sarebbe stato imposto ai propri dipendenti per portare a termine il gioco nonostante i due rinvii, fatto assolutamente deplorevole e che denota un trend negativo sempre più presente fra i giochi tripla A e sempre più ingiustamente ignorato. S’è parlato anche però dell'”eccessiva” presenza di personaggi femminili e LGBTQ+ all’interno dei videogames, con tanto di congetture decisamente folli riguardo ad una presunta lobby nell’industria del videogame che mira a promuovere la diversità a minaccia dei “sani principi” del maschio bianco alfa. Messi da parte i deliri e le isterie collettive createsi attorno al gioco (che ci teniamo a ricordare può tranquillamente piacere così come non piacere), vorremmo finalmente parlarvi del finale del gioco e di tutte quelle cose che, per non spoilerare, non potevamo dire nella nostra recensione. Vista l’esposizione mediatica e il conseguente turbinio di commenti positivi o negativi da parte della community, abbiamo preferito aspettare che gli animi si raffreddassero per discutere finalmente sul finale del gioco. Finale che, personalmente, trovo meritevole di spenderci alcune righe a riguardo. Inutile dirvi che, qualora non aveste ancora portato a termine il gioco, vi conviene salvarvi il link dell’articolo da qualche parte per riaprirlo a titoli di coda raggiunti per non incappare in spiacevoli spoiler. Uomo avvisato…
Essere Abigail Anderson
Raccontare The Last Of Us Part II senza fare spoiler e senza quindi parlare del dualismo e della faida fra Ellie ed Abby è stato veramente difficile in quanto l’alternanza fra le due protagoniste è sicuramente il fulcro del titolo Naughty Dog. Anziché puntare a plot twist e colpi di scena, il gioco poggia le sue fondamenta sul parallelismo e la contrapposizione fra le due protagoniste, diverse nel carattere e nella fisicità, ma mosse dalla stessa sete di vendetta che le porterà inevitabilmente a scontrarsi fra loro. La morte di Joel per mano di Abby è soltanto la scintilla che fa scoppiare la trama di questa Part II, un evento tragico quanto necessario per raccontare una doppia vengeance story dai toni sanguinosi e drammatici. Un’escalation di violenza dove l’opinione costruita dal giocatore durante la parte dedicata ad Ellie viene completamente frantumata e ribaltata al passaggio di testimone fra l’una e l’altra protagonista. Ellie ed Abby, innocenza (o presunta tale) ed odio, sensi di colpa e determinatezza, individualismo e senso di appartenenza, umiltà ed ego smisurato, freddezza e paura.
Tolta la scoperta del nefasto destino di Joel, svelato in maniera rapida e brutale nelle prime ore di gioco, e tolta anche la conferma che Ellie è a conoscenza dei fatti accaduti nell’ospedale delle Luci tempo addietro, la vera e propria sorpresa di The Last Of Us Part II è l’identità del ruolo di comprimario in questo sequel. Lo stratagemma diabolico architettato da Naughty Dog in questo sequel è stato infatti quello di farci prima odiare la nerboruta figlia del Dottore (senza civette di sorta), per poi lasciarci il completo controllo della stessa Abby per quasi la metà della durata complessiva del gioco. Scelta quella di rendere giocabile il villain definita scellerata da alcuni giocatori, i quali sembrano però dimenticare titoli come Star Wars: The Force Unleashed, la serie InFamous, oltre che qualsiasi Grand Theft Auto. Chiaro, farvi vedere prima l’uccisione di Joel da parte di Abby per poi renderla giocabile prima di districare il suo burrascoso passato denota un certo sadismo, ma non posso che condividere la scelta degli sviluppatori di eliminare qualsiasi barriera fra eroe e antieroe in questa Part II mostrando diversi punti di vista dello stesso avvenimento.
La metà di gioco, quella dedicata ad Abby, ci illustra un lato inedito della co-protagonsita, segnato principalmente dalla morte del padre per mano di Joel, fatto che l’ha spinta ad allenare il proprio corpo a tal punto da diventare una macchina da guerra (e non a causa di una presunta natura transgender della protagonista, come millantato da alcuni hater nel periodo precedente all’uscita). Come se non bastasse, il percorso di Abby all’interno della comunità dei WLF sarà ulteriormente minato dalla tormentata storia d’amore con Owen, troncata sul più bello e mai del tutto superata dalla protagonista, motivo per cui la stessa si troverà ad essere sempre più sola ed abbandonata. Questo la porterà a sviluppare un istinto quasi materno nei confronti di Lev, mostrando un lato di sé ben più fragile e sensibile di quanto palesato fino a quel momento. L’uccisione da parte di Ellie dei sui commilitoni la porterà a perdere completamente la lucidità mentale, andando a sgretolare definitivamente qualsiasi definizione di buono o cattivo all’interno del gioco.
La resa dei conti
L’epilogo di The Last Of Us Part II è incentrato sullo scontro finale fra Ellie e Abby. Dopo il (non) finale illusorio in cui Ellie si sta godendo una vita felice e spensierata in una fattoria di Jackson in compagnia di Dina e il figlio J.J. (non dobbiamo specificare il perché si chiami così, vero?), è l’arrivo di Tommy a spezzare l’idillio e a spingere la protagonista a concludere il suo percorso di vendetta, riportandola di fatto sulla via del conflitto e del massacro. La straziante separazione con Dina ci mostra quanto sia difficile per Ellie reprimere i propri istinti e il proprio rancore, essendo comunque nata e cresciuta in un ambiente ostile come quello descritto nella serie di The Last Of Us. La prospettiva di una vita tranquilla non è certamente nel DNA di una ragazzina che ha dovuto imparare ben presto a provvedere alla propria sopravvivenza in un America post-apocalittica, dove l’omicidio e lo spargimento di sangue sono all’ordine del giorno.
Giunta nella città costiera di Santa Barbara per compiere la sua vendetta, ad aspettarla ci sarà anche la fazione delle Serpi, un’organizzazione di schiavisti che tengono prigionieri, fra gli altri, proprio Abby e il piccolo Lev. Superate le difese nemiche delle Serpi e raggiunta la spiaggia, Ellie troverà Abby e Lev legati assieme ad altri prigionieri a dei pali svenuti e con segni di tortura sui propri corpi. Liberata Abby dalle corde, le due protagoniste si spostano sulla battigia, dove avviene un vero e proprio faccia a faccia a corpo libero senza alcuna esclusione di colpi. Ellie si trova così davanti ad un bivio: portare a termine la sua vendetta e completare la sua trasformazione in una macchina di morte, oppure conservare quel briciolo di umanità rimasta, lasciare in vita Abby e ricominciare una nuova vita daccapo. A un passo dall’annegamento, Abby viene risparmiata da Ellie che, ripercorrendo nei ricordi ancora un’ultima volta la violenta uccisione di Joel, lascia fuggire la sua acerrima rivale e la sua giovane amica su di una barca, mettendo così la parola fine alla sua disperata ricerca di vendetta. Fatto ritorno alla fattoria di Jackson, Ellie non troverà altro che una casa abbandonata e spogliata dei suoi mobili e ricordi. Solamente una stanza, la sua, è rimasta come prima, segno che Dina ha voluto che la sua amata compagna potesse ritrovare i suoi affetti personali in caso di ritorno. Ellie imbraccia un’ultima volta la chitarra che gli regalò Joel, scoprendo però di non riuscire più a suonarla a causa delle mutilazioni alle dita subite durante lo scontro finale con Abby. Con un gesto simbolico che pone fine (si presuppone) al ciclo narrativo di Ellie, la protagonista poggia lo strumento al muro, per poi lasciarsi tutto alle spalle proseguendo verso una non meglio definita destinazione.
Il finale di The Last Of Us Part II è eloquente e non ha bisogno di ulteriori spiegoni o di chissà quale altra chiave di lettura. Il titolo Naughty Dog ci parla quindi di violenza che genera altra violenza, un circolo vizioso di sangue che non può portare a null’altro se non disperazione. Due storie di vendetta che si incrociano fra loro in una catena di eventi che viene spezzata solo quando una vita, quella di Abby, viene finalmente risparmiata. All’interno della recensione del gioco uscita il mese scorso citammo non a caso un film Old Boy, film cult del 2003 che, soprattutto nello scoppiettante e inaspettato finale, tratta una tematica molto simile a quella vista in The Last Of Us Part II. Lungi da me paragonare il titolo Naughty Dog al capolavoro di Park Chan-wook (non vorrei trovarmi contro Jason Schreier per aver azzardato una similitudine fra un videogame ed un capolavoro del cinema), The Last Of Us Part II ci mostra anch’esso quanto il desiderio sfrenato di vendetta spesso non porti ai risultati sperati, finendo spesso di ritorcersi contro chi la compie. Part II si conclude con una malinconica scena flashback con protagonisti Ellie e Joel mentre chiacchierano in una veranda a Jacksonville, ambientata poco tempo dopo che gli attriti tra la coppia del primo capitolo iniziassero. Una sorta di testamento di Joel ad Ellie, così come un padre premuroso e intimorito che deve salutare la propria bambina ormai fattasi adulta ed indipendente ma ancora fragile e insicura, proprio come una falena libera nel buio della notte in cerca di una nuova luce.