Con in nuovo film su Superman uscito qualche giorno fa nelle sale, James Gunn inaugura ufficialmente la sua nuova visione del DC Universe, dando il via a un ambizioso progetto di rilancio che punta a riportare coerenza, cuore e identità a un franchise che negli ultimi anni ha faticato a trovare una direzione stabile. Dopo la chiusura dell’era Snyder e una sequenza di film spesso scollegati e incostanti, DC Studios — sotto la guida di Gunn e Peter Safran — sceglie di ripartire dal simbolo stesso della speranza: Superman.
Non si tratta solo dell’ennesima origin story o di un semplice recasting: questo Superman è il fondamento di un universo narrativo tutto nuovo, il punto zero di una saga che promette di intrecciare cinema, serie TV e animazione sotto un’unica, chiara visione autoriale. Il film, scritto e diretto da Gunn, cerca l’equilibrio tra il rispetto per la mitologia classica di Kal-El e un approccio più umano e contemporaneo, capace di parlare tanto ai fan di lunga data quanto a una nuova generazione di spettatori.
L’attesa era alta, le aspettative forse ancora di più: Superman non è soltanto il primo tassello del “Chapter One: Gods and Monsters”, ma il banco di prova su cui si misura la credibilità di tutto il nuovo DCU. La domanda è inevitabile: James Gunn è riuscito a restituire all’Uomo d’Acciaio (e all’universo DC) la forza, la luce e l’ispirazione che meritano?
Nessun eroe può salvare tutti, nemmeno Superman
Il film si apre in medias res, presentandoci un Superman (David Corenswet) già noto al mondo da circa tre anni. Fin da subito, l’Uomo d’Acciaio ha chiarito le sue origini e il suo scopo: è l’ultimo figlio di Krypton, un pianeta ormai distrutto di un altro sistema solare, inviato sulla Terra dai genitori per proteggere e servire l’umanità. Le sue azioni eroiche e disinteressate gli hanno garantito un ampio consenso tra l’opinione pubblica, ma non tutti vedono in lui un salvatore. Tra i suoi principali oppositori c’è Lex Luthor (Nicholas Hoult), miliardario brillante e scienziato visionario, deciso a minare la reputazione dell’alieno. Il suo obiettivo non nasce da semplice rivalità personale, ma da un profondo sospetto nei confronti dell’”altro”, del diverso che non può essere controllato.
Dopo anni passati a studiarlo nell’ombra, Luthor mette in moto un piano subdolo per screditarlo: manipola la percezione delle azioni di Superman in Jamahnpur, dove l’eroe è intervenuto per fermare l’invasione della vicina Boravia, storicamente alleata degli Stati Uniti. L’obiettivo di Luthor è chiaro: trasformare Superman da simbolo di speranza a possibile minaccia, spingendo il governo americano a metterne in discussione le azioni e la legittimità.
Da questo incipit narrativo si sviluppa una trama articolata, suddivisa in tre grandi filoni che riflettono altrettanti obiettivi fondamentali per Superman.
Il primo, il più diretto, riguarda lo scontro fisico e ideologico con Lex Luthor, il suo esercito privato e il potente metaumano che Luthor ha arruolato e addestrato per contrastare l’Uomo d’Acciaio. Nonostante la sua forza apparentemente ineguagliabile, Superman subisce una sconfitta in battaglia: un evento clamoroso che segna un punto di svolta nella storia e nella percezione dell’eroe.
Il secondo obiettivo è più profondo: riconquistare la fiducia perduta. Il piano di Luthor ha incrinato l’immagine pubblica di Superman, trasformandolo agli occhi di molti da simbolo di speranza a potenziale minaccia. Toccherà a lui, passo dopo passo, ricostruire quel legame con l’umanità — non solo con figure chiave come Lois Lane (Rachel Brosnahan) o i metaumani della Justice Gang, ma anche con l’opinione pubblica che una volta lo vedeva come un faro di luce.
Il terzo e più intimo traguardo è quello esistenziale: ritrovare sé stesso. Le manipolazioni di Luthor non si sono limitate a minare la reputazione dell’eroe, ma hanno fatto vacillare anche le sue certezze più profonde. Superman inizia un viaggio interiore segnato da dubbi, incertezze e un senso di smarrimento — teme di aver perso la propria umanità, di non sapere più quale sia il suo posto nel mondo. Saranno i valori trasmessigli dalla sua famiglia adottiva, i Kent, a guidarlo nella riscoperta della propria identità e del vero significato del suo ruolo sulla Terra.
Ma un vero eroe non smette mai di provarci
Il tema della famiglia è una costante nella filmografia supereroistica di James Gunn, spesso declinato attraverso dinamiche complesse e imperfette tra genitori e figli — basti pensare ai numerosi esempi presenti sia in Guardiani della Galassia che in The Suicide Squad. Anche in Superman questo filo rosso è ben visibile, ma assume una dimensione più intima e riflessiva. Il protagonista si trova diviso tra due famiglie: da un lato, quella biologica che lo ha generato e caricato di aspettative; dall’altro, quella adottiva che lo ha cresciuto con amore, guidandolo con valori semplici ma profondi. Il film esplora così il duello identitario tra l’eredità di Krypton e l’umanità del Kansas, tra chi ha tracciato un destino per lui e chi, invece, gli ha insegnato a scegliere da solo la propria strada.
Il rapporto tra Superman e le sue due famiglie — quella biologica e quella adottiva — si presta a una lettura simbolica che riflette un dibattito molto attuale: che cos’è davvero una famiglia? Da un lato c’è la visione più tradizionale, legata al legame di sangue; dall’altro, un’idea più inclusiva e moderna che identifica la famiglia nei legami affettivi e nell’amore, indipendentemente dall’origine genetica. Il film di Gunn sembra schierarsi con forza su questa seconda linea, valorizzando l’importanza di chi ti cresce e ti guida rispetto a chi semplicemente ti ha generato.
Un altro tema centrale, già accennato in precedenza, è la paura del diverso, incarnata dall’odio di Lex Luthor nei confronti di Superman. Quello che spaventa la società non sono soltanto i poteri smisurati dell’Uomo d’Acciaio, ma soprattutto la sua natura aliena. Una parte dell’opinione pubblica comincia a domandarsi se un essere non umano possa davvero condividere i valori, la morale e gli interessi degli esseri umani — e questo sospetto basta a generare diffidenza, timore e ostilità.
Per Luthor, però, la questione è ancora più personale. Come ha spiegato lo stesso Gunn, la sua avversione verso Superman nasce da una gelosia profonda, un risentimento alimentato dall’invidia per poteri che lui non potrà mai possedere. Il suo ego, smisurato e narcisista, è minacciato dall’esistenza di qualcuno che incarna un ideale irraggiungibile: Superman non può essere corrotto, manipolato o comprato. È proprio questa incorruttibilità — il suo essere un simbolo puro e incrollabile — a renderlo il bersaglio più insopportabile per un uomo che misura il valore in termini di potere e controllo. Si tratta comunque di due tematiche che fanno parte della storia editoriale di Superman da decenni, sviscerate in passato dagli autori che si solo alternati nelle varie run editoriali.
Un altro tema ricorrente nella filmografia di James Gunn è quello degli animali, e anche Superman non fa eccezione. In particolare spicca Krypto, il cane kryptoniano, ispirato esteticamente e caratterialmente al vero cane del regista. Krypto non è solo una spalla comica o un elemento affettivo: funge da motore narrativo in più momenti chiave e, talvolta, da vero e proprio deus ex machina, intervenendo in situazioni cruciali. Sebbene in tono più sottile rispetto ad altri lavori di Gunn, il film include anche riferimenti a temi animalisti, come la denuncia implicita della sperimentazione sugli animali e un più generale appello alla salvaguardia della fauna.
È un uccello? È un aereo? No, è Superman!
Con una durata di 2 ore e 10 minuti, il film si presenta come un prodotto pienamente riconoscibile nello stile del regista: una miscela di azione frenetica, a tratti volutamente caotica (in senso positivo), e momenti più intimi e introspettivi, capaci di restituire la dimensione profondamente umana del personaggio di Superman. L’umorismo, marchio di fabbrica di Gunn, è sempre presente, ma ben dosato: non svilisce mai la tensione drammatica, né spezza il pathos delle scene più emotive.
In un’opera incentrata su un eroe che trae forza dalla luce del Sole giallo, è naturale che luminosità e colore abbiano un ruolo centrale. L’estetica del film è infatti dominata da toni vividi e accesi, in omaggio alla tradizione fumettistica del personaggio, e in netta discontinuità con l’approccio cupo di alcune precedenti versioni cinematografiche. Dal punto di vista visivo, Gunn si dimostra ormai pienamente a suo agio nel linguaggio supereroistico: l’azione è dinamica, ricca di energia, ma sempre leggibile, senza sacrificare la chiarezza in favore dello spettacolo. In alcuni momenti, però, affiora un certo gusto per l’auto-citazione: ad esempio, il volo di Superman all’inizio del film ricorda da vicino quello di Adam Warlock in Guardiani della Galassia Vol. 3, come notato da diversi spettatori.
Le interpretazioni dei tre protagonisti risultano perfettamente calate nei rispettivi ruoli. David Corenswet non possiede soltanto il physique du rôle ideale per incarnare il kryptoniano, ma il suo volto riesce a trasmettere con efficacia l’umanità e l’innocenza di un eroe che ripone una fiducia profonda — a volte forse eccessiva, come gli fa notare Lois — negli altri. Rachel Brosnahan, invece, dà vita a una Lois Lane dall’indole schietta e indipendente, con un ruolo attivo e determinante nella narrazione. La sua interpretazione sfuma abilmente tra un atteggiamento quasi “punk” e la disillusione di chi ha più volte dovuto fare i conti con le dure realtà della vita. La chimica tra Corenswet e Brosnahan è palpabile, rendendo la loro relazione credibile sia nei momenti di passione sia in quelli più intimi, quando Lois offre conforto a un Clark Kent messo in discussione da chi lo circonda — forse persino da lei stessa.
Nicholas Hoult, infine, costruisce un Lex Luthor convincente nella sua veste di manipolatore subdolo e spavaldo, incapace di nascondere un ghigno soddisfatto ogni volta che i suoi piani iniziano a incastrarsi perfettamente.
I difetti principali del film si concentrano soprattutto sulla sceneggiatura, che in alcuni momenti indulge in dialoghi eccessivamente didascalici. Frasi che ribadiscono concetti già evidenti rischiano di appesantire il ritmo e rendere i personaggi meno credibili, proprio perché parlano più per spiegare al pubblico che per interagire tra loro in modo naturale. A questo si aggiunge una sottotrama geopolitica — il conflitto tra Boravia e Jamahnpur — che, pur essendo un efficace punto di partenza narrativo, finisce per dilungarsi inutilmente nel corso del film. Il suo sviluppo appare ridondante rispetto all’arco personale di Superman, e sembra più funzionale a dare una chiusura alla storyline della Justice Gang, con una punta di satira politica: il dittatore della Boravia, infatti, sembra strizzare l’occhio a una figura contemporanea, facilmente riconoscibile per chi segue l’attualità internazionale. Tuttavia il film poteva essere forse asciugato in alcuni suoi elementi narrativi per renderlo ancora più ritmato e godibile.
La recensione in breve
James Gunn colpisce ancora nel segno, firmando un film capace di parlare a ogni tipo di pubblico, indipendentemente dal livello di familiarità con il materiale originale. Superman riesce a essere accessibile e godibile, ma al tempo stesso coerente con l’archetipo classico dell’eroe, ormai radicato nell’immaginario collettivo. È un’opera che intrattiene, diverte e, senza mai prendersi troppo sul serio, riesce comunque a veicolare temi profondi e messaggi rilevanti.
Non si tratta di un film perfetto — soprattutto se confrontato con alcune delle punte più alte della filmografia dello stesso regista — ma rappresenta comunque un solido punto di partenza per il nuovo DCU. Più di tutto, però, riesce a dissipare le paure di una fanbase scottata da troppi reboot e false partenze: Superman non è l’ennesimo tentativo destinato a naufragare, ma un segnale chiaro che la visione di Gunn ha una direzione e una voce ben definita.
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Voto Game-Experience