Nel grande oceano del panorama indipendente, Stray è sicuramente uno dei titoli più interessanti degli ultimi tempi. Presentata a più riprese, l’avventura felina di BlueTwelve Studio è riuscita a farsi amare dal pubblico ancora prima di arrivare sui nostri scaffali virtuali. Gattini ed ambientazione Cyberpunk costituiscono infatti una miscela magnetica difficile da ignorare. Dopo tanti silenzi, misteri ed attese, Stray è finalmente arrivato nelle nostre case, si tratterà davvero di una perla oppure è soltanto un fuoco di paglia?
Everybody wants to be a cat
L’amore del web per I gattini si è ormai cristallizzato nel firmamento virtuale delle nostre vite tanto da sfociare nel meme metafisico. I gatti, oltre ad essere creature immensamente espressive, misteriose ed affascinanti, costituiscono una buona parte di internet. Provate a cercare video divertenti di gatti e probabilmente non basterebbero nove vite per vederli tutti. Flusso di coscienza felino a parte, Stray si è dimostrato sin da subito un progetto fortemente ispirato e dal taglio artistico raffinato, fuori dal comune nonostante i numerosi interrogativi in materia di fattibilità: un gioco in cui impersoniamo un piccolo gattino randagio è sicuramente interessante, sarà anche divertente?
A rinforzare il magnetismo di Stray, come se un tenero gattino come protagonista non dovesse bastare, troviamo inoltre un’ambientazione Cyberpunk post-apocalittica ricca di neon e fascino. Una decadenza sfavillante, simbolo del fallimento umano che si concretizza nella distopia intrinseca del Cyberpunk.
Nonostante la premessa sicuramente articolata e ricca di spunti narrativi, Stray è, pad alla mano, un’avventura semplice e molto lineare che fa della non-narrazione, nonostante le diverse linee di dialogo, un piccolo pregio, imbastendo un mondo quasi incomprensibile per il nostro piccolo protagonista.
In Stray, come ormai ben saprete, vestiremo i panni di un piccolo gattino randagio separato dal suo branco a causa di un incidente. Durante le prime fasi di gioco ci ritroveremo infatti catapultati in un mondo oscuro e privo di luce solare, i bassifondi di una città sotterranea, eredità di un mondo ormai svanito. Gli unici abitanti sono degli androidi che, in qualche modo, sono riusciti ad ottenere una vera e propria anima, innalzandosi da uno status puramente robotico per sviluppare una vera e propria coscienza, dei legami affettivi e, in alcuni casi, delle credenze religiose.
Stray: tra androidi e gatti
Al di là della natura felina e puramente istintiva, Stray è un titolo che cerca coerenza nel suo mondo, il nostro piccolo amico ha sicuramente i suoi limiti cognitivi per sua natura e, proprio per colmare questo gap, verremo affiancati sin da subito da un piccolo androide di nome B-12. Questo espediente ha implicazioni sia ludiche che narrative, grazie a B-12 il giocatore riuscirà a comprendere il mondo di gioco, a dialogare con altri personaggi, raccogliere oggetti e gestire un piccolo ma utile inventario. Si tratta di una finezza molto interessante che non scardina del tutto la dissonanza ludo-narrativa del titolo ma riesce a creare un espediente logico e plausibile per dar vita ad un’avventura concreta. Il nostro gatto senza nome, in Stray, è semplicemente un gatto, non è una creatura sovrannaturale ed il modo in cui BlueTwelve Studio è riuscita a costruire un’avventura credibile su questa premessa è davvero delizioso.
Presto scopriremo di trovarci in una città “coperta” da un enorme coperchio metallico durante l’apocalisse umana, una condizione di chiusura talmente importante da far sviluppare un vero e proprio credo quasi religioso all’interno della comunità robotica che abita la città, molti mistificano sull’esistenza del cosiddetto “Oltre” fatto di cieli azzurri, natura rigogliosa e vita brulicante mentre altri androidi pensano si tratti soltanto di una leggenda, un sogno irrealizzabile. L’esistenza stessa di un gattino all’interno di una città inorganica è dunque la testimonianza che esiste qualcosa al di fuori delle mura e del firmamento metallico, su queste note comincia l’avventura di Stray.
Come accennato in precedenza, al di là del fascino del mondo di gioco, della premessa e della lore, Stray è un’avventura molto lineare, l’interazione è ridotta all’osso a favore di un’esperienza più vicina al concetto di walking simulator sebbene questa venga spesso ritmata da sequenze più adrenaliniche e, in alcuni momenti dell’avventura, alcune sezioni puramente stealth anche in questo caso estremamente basilari. Stray ha evidenti difficoltà nel concretizzarsi nel medium videoludico, da un lato a causa di un sistema di comandi troppo basilare, dall’altro a causa delle interazioni con il mondo di gioco davvero troppo rigide e stringate. Non è presente il salto “libero”, ad esempio, ovvero non è possibile saltare come e dove vogliamo ma sarà necessario premere il tasto di salto soltanto in prossimità di sporgenze dedicate. La libertà non manca e la verticalità è ben implementata nel mondo di gioco; tuttavia, è possibile saltare soltanto quando il gioco vuole che sia possibile. Se pensavate di esplorare il mondo saltellando in giro, scordatevelo. Non si tratta di un limite molto difficile da digerire ma è sicuramente una forte limitazione in materia di libertà del giocatore e va a standardizzare anche quella piccola ed appena accennata parte di platforming che costituisce l’esperienza. Non sarà dunque necessario pensare bene a quando e come saltare, basterà premere X vicino ad una sporgenza ed il gioco è fatto, niente equilibrio, niente danno da caduta, niente di niente.
Quanta fretta, ma dove corri?
L’esperienza di Stray fa affidamento quasi completamente sulla bellezza del mondo di gioco, la lore ed il taglio artistico del titolo. In termini di vero e proprio game-design, l’esperienza pensata BlueTwelve Studio non riesce ad emergere quasi mai e, quando lo fa, porta con sé alcuni problemi legati ad un sistema di controllo non sempre precisissimo. L’avventura scorre comunque in maniera abbastanza fluida e gli eventi legati alla progressione ed alla narrazione non incontrano particolari difficoltà durante il cammino verso i titoli di coda. Si tratta di un’esperienza molto breve, una prima run potrà impiegarvi dalle 5 alle 6 ore pur prendendovi la libertà di esplorare, raccogliere eventuali collezionabili e portare a termine qualche piccola quest secondaria. Stray è sicuramente un’esperienza interessante, non dimentichiamo la natura indipendente del titolo nonostante l’esclusività console su Playstation 5. A tal proposito, una menzione d’onore va fatta sicuramente all’implementazione con il DualSense. Il pad di casa Sony arriva perfino a fare le fusa e il feedback aptico dei grilletti ed il sistema di vibrazioni immergono il giocatore ancor più in profondità nell’esperienza di gioco. Al di là dei limiti ludici, Stray è un titolo che comunica l’amore per il mondo felino, sono presenti infatti tantissime interazioni ambientali legate alle abitudini dei nostri piccoli animali pelosi. L’attrazione per le scatole, la voglia di affilare i propri artigli su qualsiasi superficie e la possibilità di giocare, pur limitatamente, con alcuni oggetti che incontreremo sul nostro cammino.
Stray cerca inoltre di abbozzare un piccolo sistema di combattimento durante l’avventura, non si tratta di un vero e proprio combat system quanto di un piccolo aiuto per combattere gli Zurks, ovvero delle creature che minacciano la piccola città, capaci di divorare anche il metallo che compone gli androidi. Ci sarebbe piaciuto poterci difendere in maniera più attiva, magari qualche artigliata o la possibilità di mordere, fare agguati e tutte quelle caratteristiche che rendono i gatti delle creature letali nel mondo animale. Stray, almeno da questo punto di vista, è sicuramente un perla da provare. Immergersi in un mondo silenzioso e surreale dal punto di vista di un piccolo felino è qualcosa di assolutamente fresco e nuovo, avremmo preferito vedere un impianto ludico molto più solido e dinamico, sicuramente meno passivo di quello proposto.
Bellezza felina
Analizzando Stray da un punto di vista tecnico, salta subito all’occhio la cura per il dettaglio da parte del team francese, Stray è un titolo molto bello da vedere grazie ad un taglio artistico veramente superbo e ad una gestione delle luci e soprattutto dei riflessi molto ben curata. Non si tratta di un titolo strabiliante dal punto di vista puramente grafico, il dettaglio di alcune textures non è sicuramente il massimo ma il complesso dell’esperienza da un colpo d’occhio davvero interessante. La qualità grafica del titolo si mantiene costante per tutta l’esperienza ed alcuni scorci sono davvero impressionanti. Ancorato su un frame-rate di 60FPS, non abbiamo trovato particolari problematiche durante la nostra prova su Playstation 5, qualche piccola incertezza sporadica nel frame-rate ma nulla di veramente rilevante. Anche in termini di stabilità, Stray è sicuramente un titolo molto solido e ben impiantato, la gestione minimale dell’HUD e dell’inventario confluiscono direttamente nel game-design del titolo, Stray da questo punto di vista è un titolo molto basilare che non richiede particolari attenzioni, dunque sarebbe stato inutile proporre un HUD sviluppato con informazioni. L’impianto musicale costituisce invece il picco qualitativamente più alto raggiunto dal titolo, Stray è un titolo che non parla, non ha dialoghi parlati ma soltanto scritti dagli androidi che incontreremo, l’esperienza audiovisiva è dunque di vitale importanza. La colonna sonora, accompagnata dalle musiche ambientali, i rumori e lo sfondo costante forniscono a Stray una pavimentazione sonora quasi perfetta, sempre azzeccata e mai fuori posto.
In conclusione, Stray è uno dei titoli più interessanti di questa estate. Si tratta di un titolo molto affascinante e ricco di ispirazione, un’esperienza che va sicuramente provata. Le incertezze del titolo affiorano quando questo prova ad osare qualcosa in termini di gameplay, l’esperienza in questi termini è purtroppo molto passiva e poco interattiva. Si tratta inoltre di un’avventura davvero breve soprattutto in relazione all’intensità del titolo. Accattivante, affascinante e ricco di mistero, Stray è un titolo che sa sicuramente gestire i tempi narrativi, lasciando spazio a qualche momento più commovente durante il finale e gestendo un messaggio di fondo molto importante. Non si tratta di una vera e propria “perla” ma è sicuramente un titolo da prendere in considerazione per questa estate.
Stray è un'esperienza da provare. Partendo da questo assiomatico dogma ed a fronte dell'analisi fatta di pro e di contro, il messaggio di fondo resta sempre uguale. L'esperienza di gioco offerta da Stray è qualcosa di "piccolo" ma incredibilmente intenso, ricco di implicazioni narrative, affascinante e dallo stile unico. Sebbene in termini di gameplay l'esperienza offerta dal titolo non sia propriamente brillante, il taglio artistico e l'esperienza di gioco offerta nel suo complesso, compensano sicuramente le lacune descritte in sede di analisi. Stray è un'avventura giustamente ma inevitabilmente breve che vi lascerà sicuramente qualcosa e per questo deve rientrare assolutamente nei prossimi titoli che giocherete.
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Voto Game-Experience