C’è sempre una certa curiosità nel cercare di decifrare la traiettoria creativa di Quantic Dream. Laddove altri studi inseguono trend consolidati, la casa francese guidata da David Cage ha storicamente scelto sentieri divergenti: narrativa sperimentale, regia cinematografica, meccaniche che mettono l’enfasi sull’interazione emotiva piuttosto che sulla competenza ludica. Nel 2025, con Spellcaster Chronicles, il team si presenta nuovamente sul mercato con un’opera che promette di ridefinire il proprio vocabolario estetico e tematico.
L’impressione generale è che questa volta Quantic Dream non cerchi solo di raccontare una storia interattiva, ma di proiettare un’idea di ruolo magico in un mondo più sfaccettato e dalle regole ibride. Non è una semplice svolta action. Più che allinearsi a ciò che funziona, prova a disturbare le forme note. Vi raccontiamo le nostre impressioni nel provato di Spellcaster Chronicles.
Un mondo d’incanto

La prima cosa che colpisce, è la coerenza stilistica dell’universo immaginato. Spellcaster Chronicles non è un fantasy che vuole imporre il suo mondo: non ci sono draghi al centro della scena o incantesimi che distruggono montagne al primo colpo. L’immaginario si muove in territori più vicini a The Green Knight che a Skyrim. Foreste fitte, città silenziose, santuari erosi dal tempo, un costante senso di antichità che permea ogni dialogo, ogni scorcio, ogni battaglia. Nonostante la libertà esplorativa sembri più limitata rispetto alle altre opere della software house, ogni ambientazione mantiene il controllo del ritmo. Anche l’uso della luce – naturale, fioca, filtrata attraverso ambienti opachi – restituisce una sensazione più meditativa che epica. C’è una cura nella messa in scena che richiama la volontà di evocare, più che impressionare.
Non si tratta di dimostrare potenza tecnica, ma di creare densità atmosferica. E su questo fronte, Spellcaster Chronicles riesce già a distinguersi. Le ambientazioni non sono solo sfondi: sono luoghi che parlano, suggeriscono, evocano storie mai dette. La verticalità degli ambienti non è solo una questione topografica, ma simbolica: si sale e si scende anche nel tempo non solo nello spazio.
Il combat system

Uno degli aspetti più discussi è sicuramente il sistema magico. Qui Quantic Dream decide di attingere a piene mani dalle iconografie classiche di maghi e incantatori proponendo colpi e abilità elementali d’impatto. Interessante anche la componente di evocazione dei minion che subisce l’impatto dei level up. Ogni livello acquisito non solo sbloccherete la possibilità di usare nuove abilità ma anche la possibilità di aumentare vita, resistenza, attacco e numero di minion evocabili, a voi la scelta. Questo costringe il giocatore a ragionare molto in termini di efficienza.
L’esperienza MOBA nelle partite 3v3 effettuate è sicuramente prevalente anche rispetto alla componente action in terza persona, Il problema però è che nonostante Spellcaster Chronicles sia un gioco molto divertente, risulta costantemente in tutto e per tutto un titolo fuori dal tempo e dallo spazio che si aggrappa alle possibili innovative scelte di narrativa interattiva che Quantic Dream potrebbe inserire al suo interno. Troppo poco per un titolo che si inserisce in un mercato saturo e che non cambia di una virgola l’esperienza rispetto ai già visti titoli come Predecessor.
Un’interfaccia più pulita, ma ancora da perfezionare

Uno dei limiti più evidenti emersi dalla demo riguarda l’interfaccia. Quantic Dream ha scelto un approccio minimalista, ma questo porta in alcuni casi a incertezze. Mancano indicazioni chiare su certi effetti secondari, alcune voci nei menu sono poco leggibili e non sempre il gioco segnala con chiarezza il peso delle scelte compiute.
La componente Deck Building per la scelta delle abilità infatti non era tentabile e ci chiediamo la libertà offerta al giocatore nella personalizzazione di personaggi già precostituiti quanto sarà d’impatto? Quanto profonda ed effettivamente divertente? Tecnicamente il titolo si distingue per colori accesi, sgargianti e un motore grafico che regge perfettamente l’azione concitata supportando anche la grande quantità di particellari e nemici a schermo grandi, piccoli e giganti.
Deludente anche il comparto sonoro che non offre guizzi memorabili sia nel sound design che nelle musiche. Da capire anche quanto l’investimento di ampliamento studi effettuato dall’azienda di Cage abbia poi ripercussioni sul futuro di titoli molto attesi come Star Wars nel caso di un flop di questo progetto.

Commento finale
Spellcaster è un gioco difficile da incasellare. Non vuole essere un MOBA classico e neanche uno di quei titoli dimenticabili che hanno provato a cambiare il paradigma di genere. Eppure, nonostante la dinamica Free-To-Play, se manterrà quanto visto nella demo, il gioco segnerà sicuramente una svolta per Quantic Dream: il passaggio da studio autoreferenziale a interprete di un modo intricato e complesso di concepire la magia nei videogiochi. Ma sarà anche una svolta in termini di potenza e successo per l’azienda? O sarà un netto passo indietro rispetto alla reputazione accumulata negli anni di mosca bianca del settore?
