Far Cry, con i suoi quattordici anni di attività, è una tra di brand più soldi targati Ubisoft. L’imminente arrivo del quinto capitolo ( 27 marzo) è per noi, in attesa della recensione, la giusta occasione di rivedere l’evoluzione e i cambiamenti della longeva saga.
Far Cry
Il primo capitolo della serie, rilasciato il 23 marzo 2004 solo su pc, fu l’unico interamente sviluppato da CryTech, Ubisoft svolse “solo” il ruolo di publisher. Apparentemente Far Cry sembra essere uno shooter come tanti altri, dalla trama non proprio esaltante, da tipico Blockbuster. Nel gioco vestivamo i panni di Jack Carver, un ex soldato delle forze speciali a cui era stata affidata la missione di scortare una giornalista di nome Valerie Costantine fino all’isola di Cabatu. Ovviamente era solo un minima parte della trama: più andavamo avanti con il gioco, più la storia si arricchiva di particolari, alcuni anche a tinte inquietanti. Insomma nulla di esaltante, ma perfettamente in linea con i tempi. Far Cry, nonostante la miriadi di shooter usciti in quell’ anno (DOOM 3, Half Life 2 tanto per citarne alcuni), riuscì farsi spazio e ritagliarsi un importante spazio nel genere. Come? Con la grafica. CryTech sviluppò Far Cry con uno scopo ben preciso, mostrare al mondo videoludico le gradi potenzialità del CryEngine, il motore grafico proprietario. I giocatori si trovarono nel 2004 di fronte a una vasta isola tropicale riprodotta in modo eccelso e dettagliato, con una vegetazione fitta rigogliosa presente per tutta la mappa di gioco. Inoltre vantava una profondità del campo visivo mai vista prima, nessun caricamento tra gli interni e gli esterni e un uso intensivo dei pixel shaders legati soprattutto alla realizzazione impressionante dell’acqua. Graficamente non poteva essere paragonato a nessun altro shooter open world presenti in quel momento. CryTech con il suo CryEngine alzò considerevolmente l’asticella. A livello di gameplay, Far Cry non era un innovatore, ma regalava spunti interessanti, come il multiplayer, la possibilità di sfruttare a pieno la struttura del gioco e un’intelligenza artificiale piuttosto ostica.
Il primo capitolo riuscì solo nelle prime quattro settimana a vendere 730,000 copie. Un’ eccellente inizio per un brand fortunato.
Far Cry 2
Il successo del primo capitolo fece carpire a Ubisoft le grandi potenzialità di Far Cry, tanto da decidere di acquistare l’intero brand, assumendo così il pieno controllo. A quattro anni di distanza dal primo capitolo ( con uno sviluppo non proprio idilliaco), uscì Far Cry 2. Il gioco si presentò in una veste del tutto nuova; il cambiamento si identificò non solo dalla nuova ambientazione (si era passato infatti dalla ricca e rigogliosa vegetazione tropicale, alla ben più desertica savana africana) ma anche dalla rinnovata interfaccia. Tutto questo era possibile grazie al Dunia Engine, il motore grafico creato appositamente per Far Cry 2. La nuova ambientazione diede dato modo agli sviluppatori di creare, in linea con in brand, una nuova storia e un nuovo protagonista. Nel secondo capitolo svestivamo panni del soldato Jack Carver per “interpretare” un mercenario, il cui scopo era l’eliminazione del nemico di turno, chiamato “ Lo Sciacallo”, fautore della violenta guerra civile che imperversava il territorio. Intorno alla trama gli sviluppatori crearono un gioco ancora più vasto costituito da una missione principale e una serie di missioni secondarie, che aumentavano in maniera importante le ore di gioco. In Far Cry 2 primeggiava un piacevole senso di libertà derivato non solo dalla vastità della mappa, ma anche dalla possibilità di unirsi e decidere, nel corso della trama, alla fazione di guerra più incline alle nostre ideologie, dando alla trama una precisa direzione. A questo si aggiunsero un gamplay più complesso, nuove armi e veicoli, la possibilità di incendiare vaste aree (anche grazie alla propagazione del fuoco resa in modo realistico) e l’introduzione del ciclo giorno/notte. Introduzioni interessanti che resero il gioco un ibrido con una mappa a tratti eccessivamente dispersiva. Nulla di innovativo, nulla che colpì veramente l’utenza, rendendo il gioco non proprio un successo, anche sul piano commerciale.
Far Cry 3
Dopo il poco convincente secondo capitolo, Ubisoft, aspettando alcuni doverosi anni, riprese il mano il brand con l’intentio di dare una necessaria svolta. Nel 2012 venne rilasciato Far Cry 3, il miglior (possiamo affermarlo senza cadere in errore) titolo del brand. Il gioco nei quattro anni di sviluppo venne rivoluzionato, migliorato e ampliato e approfondito in ogni aspetto del gioco. Il nuovo capitolo riprese l’ambientazione tropicali del primo capitolo con doverosi migliorie tecniche e grafiche, grazie al riveduto e corretto Dunia Engine. Se la trama nei precedenti episodi era solo un contorno e un pretesto per menar le mani, in Far Cry 3 assunse un nuovo spunto di interesse. Questa volta impersoneremo il figlio di papà Jason Brody, che nelle sue incoscienti attività, finisce nei guai insieme ai suoi fratelli e i suoi amici. Pensando infatti di paracadutarsi su un’isola deserta, l’intero gruppo verrà catturato da Vaas, un subalterno del boss della guerra Hoyt. La trama man mano che andremo avanti assumerà elementi più complessi, tanto che il nostro protagonista si alleerà con la tribù dei ribelli Rakyat allo scopo di salvare tutti i suoi amici. Il gioc, quindi percorre l’evoluzione di Jason, un vero e delirante viaggio interiore.
A livello di gameplay, Far Cry 3 si discosta completamente dai capitoli precedenti, con una mappa ancora più ampia ma ben organizzata e divisa in sezioni, nelle quali è possibile conquistare gli avamposto nemici e le antenne radio necessarie per sbloccare nuove aree. Inoltre la caccia assume un ruolo essenziale, dato che scuoiare le pelli consentirà mi ampliare e migliorare il nostro equipaggiamento. Le missioni principali e secondarie sono tante, interessanti e in completa progressione con Jason e costellati di nuovi personaggi ben caratterizzati. Il vero protagonista, però, è il già citato Vaas, un perfetto antagonista, carismatico, folle e crudele in grado senza grosse difficoltà di rubare la scena al nostro Jason. Far Cry 3 è stato un vero e proprio successo ( con le sue 9 milioni di copie vendute), dando il via ad una nuova fase del brand.
Far Cry 4
Dopo il successo del terzo capitolo, Ubisoft nel 2014 ha rilasciato Fa Cry 4, anche questa volta si cambia location e trama. Il quarto episodio è ambiento nel Kyrat un luogo situato ai piedi dell’Himalaya, quindi abbandoniamo le grandi distesa tropicali, per spostarci nel ben più alto paesaggio montuoso. Il protagonista questa volta è Ayay Ghale, un nativo del Nepal che torna in patria per disperdere le ceneri della defunta madre. Il povero Ayay si troverà però coinvolto in una guerra civile innescata dai ribelli del posto, per combattere la dura tirannia del dittatore Pagan Min. Nel corso della trama ritorna un gradito elemento del secondo capitolo: la possibilità di scelta. Dovremo, infatti, scegliere a quale luogotenente della ribellione ( i due fratelli Amina e Sabal) dare il nostro appoggio, una vera scelta morale, che cambierà radicalmente il progredire della storia verso la conquista del Sentiero D’Oro.
Per quanto riguarda il gameplay, il gioco non si discosta nelle meccaniche dal precedente episodio. Gli elementi base ci sono tutti, ma con qualche piccola novità e miglioria, come la possibilità da parte dei nemici di riconquistare (in modo poco efficace) gli avamposti, le missioni secondarie sempre più interessanti sparse per per la mappa, stavolta estesa anche in altezza. I personaggi però non riescono ad mantenere lo stesso eccellente livello del terzo capitolo, risultando perlopiù delle macchiette, compreso l’antagonista di turno, Pagan Min.
Far Cry Primal
Nonostante il costante cambio di location e di personaggi, il rischio maggior per il brand è sicuramente la monotonia, per questo motivo a grande sorpresa Ubisoft nel 2016 ha rilasciato Far Cry Primal. Un titolo completamento diverso che si discosta dai canoni a cui eravamo abituati. Il nuovo titolo, come facilmente intuibile, è ambientato nella preistoria, in particolare nel periodo Maolico, dove presumibilmente nacquero le prime forme di civiltà. L’intera storia ruota intorno a Takkar e alla sua tribù dei Wenja che decide di insediarsi nella fertile Terra di Oros. Il nostro protagonista si trova coinvolto nelle prime guerre tribali per il possesso delle risorse migliori. I continui attacchi hanno reso la tribù di Takker piccola ed isolata. Sarà proprio lui il fautore della rinascita dei Wenja. Il nostro personaggio sarà spinto, per tutto il gioco, alla ricerca delle varie piccole tribù e dei superstiti, allo scopo di creare un un unico grande e nuovo villaggio.
Ovviamente non avremo a disposizione armi a fuoco o veicoli, il tutto di baserà sullo stretto contatto con la natura, che dovremo sfruttare per la nostra sopravvivenza che al tempo stesso sarà la nostra più acerrima nemica. Avendo a disposizione armi che dovremo costruire e purtroppo facilmente deteriorabili, ogni attacco andrà studio e calibrato. Decisamente diverso rispetto ai ben più frenetici capitoli precedenti. Insomma un ottimo spin-off che mostra una altro e interessante aspetto della saga che rischiava di l’inevitabile monotonia.