L’arrivo ormai imminente di Assassin’s Creed: Origins dopo una pausa di due anni è il segno di quanto il brand di casa Ubisoft sia effettivamente molto importante non solo per i giocatori, ma anche per la casa madre. Dopo otto anni di uscite annuali, in cui i capitoli che si sono susseguiti sono stati un’alternanza di successi e di accoglienze tiepide, lo stop di due anni ha fatto capire che Assassin’s Creed non è una saga morta, ma anzi ha ancora tantissimo da raccontare, tanto da prendersi del tempo per riflettere e capire come recuperare terreno. E’ innegabile infatti che il gioco si sia evoluto ampliamente in questi dieci anni di vita, sia dal punto di vista del gameplay che della storia, arrivando a coprire un arco temporale di oltre mille anni, andando di pari passo con una storia ambientata nei tempi odierni inizialmente interessante, ma che negli anni si è vista ridursi sempre di più a mero intermezzo video, con il dispiacere di moltissimi fan. E’ proprio di questo che vorremmo parlare oggi, un’analisi del contesto narrativo di Assassin’s Creed e di come si sia evoluto in questi ultimi anni, facendo inevitabilmente qualche SPOILER, con uno sguardo rivolto al prossimo Origins, nella speranza che questo ritorno al passato non sia solamente una questione di date.
E’ innegabile che il fascino della serie di Assassin’s Creed sin dagli albori sia legato principalmente al due fattori: il fascino dell’ambientazione storica, con i suoi misteri, e la contrapposizione con l’ambito moderno. Nei primi due capitoli ufficiali, la storia di Desmond, antenato della linea di Assassini più influenti, era il filo conduttore che legava due contesti storici altamente differenti come l’Epoca delle Crociate e quello del Rinascimento, con sezioni esplorative dentro e fuori dall’Animus che coinvolgevano direttamente il giocatore. Nel primo capitolo infatti la guerra tra Assassini e Templari nella Terra Santa era intervallata da sessioni in cui Desmond esplorava la propria prigione, con indizi sul suo precedente inquilino, quel Soggetto 16 che anche nei capitoli immediatamente futuri sarà colui che svelerà a Desmond i segreti di una guerra millenaria. Questa sezioni erano estremamente interessanti perché cambiavano totalmente ritmo al gioco, decisamente più frenetico e action nella sua parte ambientata nel passato, quanto compassato ed esplorativo nel presente. Il fascino del mistero e della scoperta erano qualcosa che catturava il giocatore e lo faceva appassionare ancora di più alla storia, cosa che mitigava in parte i difetti di un titolo estremamente ripetitivo e con numerosi altri problemi. Stessa cosa per quanto riguarda Assassin’s Creed II, con l’innegabile fascino dell’ambientazione italiana e il carisma di Ezio, ma anche e soprattutto per gli intermezzi giocati nel passato. Anche qui il ritmo era decisamente più calmo, ma la ricerca di informazioni si concentrava soprattutto sulla guerra ai giorni nostri tra l’Abstergo, società governata dai Templari, e la setta degli Assassini, introducendo personaggi nuovi che tuttora accompagnano il giocatore dopo dieci anni. Assassin’s Creed II però non perde quell’alone di mistero e fascino storico che contraddistingueva anche il primo capitolo, con i Glitch del soggetto 16 nel passato che mostravano come il conflitto si evolveva nelle varie epoche e come i Frutti dell’Eden, potentissimi manufatti creati dalla razza degli Antichi, avevano influenzato alcuni degli eventi e delle leggende più conosciute della nostra storia. Il tutto con una serie di puzzle che invitavano il giocatore a ragionare, lo intrigavano con i misteri ed il fascino della storia, rendendolo di fatto un novello cacciatore di tesori antichi. E’ questo indubbiamente il maggior plauso dei primi due capitoli della serie, l’aver coinvolto il giocatore nella caccia al tesoro, averlo reso partecipe insieme a Desmond della raccolta degli indizi. In questo modo la parte del passato era sì preponderante e divertente, ma era funzionale alla ricerca del vero obbiettivo, i Frutti dell’Eden e la storia degli Antichi alieni che schiavizzarono la razza umana.
Con l’uscita di Brotherhood e Reveletions però qualcosa cambia, e vediamo una parte al passato sempre più preponderante ed arricchita da tantissimi elementi di gameplay, in contrapposizione di una storia al presente che è diventata sempre più action. Questa deriva è una conseguenza dell’effetto osmosi dell’Animus, che infondeva in Desmond le capacità dei suoi antenati Assassini, rendendolo di fatto una macchina da guerra, che però ha snaturato le parti nel presente. Niente più investigazioni o misteri, ma sessioni di parkour a Monteriggioni, Roma e templi nascosti degli Antichi. Non c’era più quel fascino pacato della scoperta, ma si continuava con l’azione semplicemente in un’epoca diversa. Il distacco definitivo avviene poi con Assassin’s Creed III, con le parti del presente estremamente piatte e legate solamente alla scoperta del tempio degli Antichi, mentre nel passato era scomparsa qualsiasi forma di ricerca di indizi storici o altro. Anche il conflitto con gli Antichi aveva preso una direzione estremamente intricata e non proprio convincente, con Giunone e Minerva a farsi la guerra ed il sacrificio finale di Desmond che salva la terra, ma non la storia del gioco. Questa deriva ha portato poi nei capitoli successi a distaccarsi completamente dal presente, ridotto ormai solo ad intermezzi video estremamente piatti e senza passione.
In Black Flag in realtà si è cercato di tornare ad un approccio più ragionato e investigativo nel presente, con una visuale in prima persona ed un’ambientazione all’apparenza tranquilla ma che in realtà nascondeva numerose insidie. Era un ottimo ritorno alle origini ma aveva un ritmo ancora più lento delle prime interazioni e decisamente più tendente al thriller che alla fanta-storia tipica della serie. Per questo con Unity e Syndacate le cose cambiano drasticamente. Le parti nel presente divennero solamente dei filmati senza alcuna interazione che diffondevano l’animus in tutte le case delle persone, con un’espediente narrativo che seppur coerente con la storia, aveva ucciso il fascino del dualismo temporale. Lo stesso valeva per la storia principale, con un conflitto tra Templari e Assassini che raggiungeva proporzioni ormai gigantesche a livelli di potere, ma inconcludente dal punto di vista degli Antichi o della risoluzione dei misteri. Un intrigo fantapolitico che poteva piacere, ma non aveva più alcun fascino storico o misterioso, preferendo mostrare vicende complesse o spettacolari, ma in qualche modo senza anima. L’evoluzione del gameplay, sacrosanta per carità visti i difetti che la serie si trascinava dietro da ormai dieci anni, non ha coinciso con un’evoluzione della storia, rendendo di fatto Assassin’s Creed un titolo ormai piatto da quel punto di vista. Ecco perché la pausa di due anni e il ritorno alle Origini per noi rappresenta la volontà di Ubisoft di recuperare quei valori, soprattutto alla luce delle recenti dichiarazioni degli sviluppatori, che hanno fatto qualche anticipazione proprio sulla parte del presente che stavolta recupererà l’uso dell’Animus. Anche il setting egiziano, ricchissimo ancora di mistero, sarà sicuramente l’ambientazione perfetta per riportare i misteri all’interno della serie, magari coinvolgendo ancora di più il giocatore e riaffermando il valore narrativo della serie, una delle più longeve e potenzialmente affascianti mai create.