È ormai passato quasi un mese dall’arrivo di A Way Out sul mercato. L’opera di Hazelight Studios, curata da Josef Fares, è riuscita ad impressionarci e ci ha spinto a riflettere sul concetto di narrativa, sulla sua evoluzione rispetto al passato e sulle possibilità che un “A Way Out-like” potrebbe costituire.
Raccontare una storia utilizzando il videogioco come medium è ormai una pratica comune, la componente narrativa all’interno di una produzione rappresenta quasi sempre un punto nevralgico estremamente importante. Tra caratterizzazione dei personaggi, qualità dei dialoghi e soluzioni narrative, il mondo dei videogiochi ha avuto modo di spaziare in lungo e in largo tra quelle che sono le scelte narrative più disparate. Dall’esperienza cinematografica di Uncharted e Tomb Raider ai walking simulator come What Remains of Edith Finch e il modello di gioco di Telltale, la trama di un videogioco può avere infiniti modi per essere raccontata. Ciò che accade con A Way Out è qualcosa di veramente rivoluzionario, le scelte narrative e registiche proposte nel titolo di Hazelight Studios aprono le porte verso modalità narrative completamente nuove da vivere in compagnia di un amico. Vivere una storia raccontata da due punti di vista differenti che osservano il mondo di gioco contemporaneamente riesce senza ombra di dubbio a creare un legame forte non soltanto tra giocatore e personaggio ma anche e soprattutto tra i due giocatori che vivono la storia, portandoli ad impersonarsi all’interno dei personaggi in modo da vivere la storia in prima persona.
Quella di A Way Out è un’esperienza che, come in sede di recensione, consigliamo fortemente ma quello che vogliamo comunicare attraverso questo editoriale è la speranza che il modello di gioco proposto da Josef Fares venga preso da esempio da quelle Software House che, come Telltale, propongono diverse storie sfruttando sempre lo stesso sistema. A Way Out potrebbe veramente rappresentare il modello Telltale 2.0 e, al di là delle modalità di rilascio difficilmente sostenibili, raccontare altre storie in altri mondi facendo riferimento alle scelte narrative di Hazelight Studios. Il prezzo budget di A Way Out e la modalità di rilascio che permette a due giocatori di giocare con una singola copia rappresenta un enorme passo avanti ma non crediamo che altri seguiranno le orme di Hazelight Studios in tal senso. Si tratta comunque di un modello difficilmente sostenibile, reso possibile in occasione di A Way Out in quanto Electronic Arts sembra non aver guadagnato in termini economici, lasciando che tutto il ricavato del titolo andasse allo studio di sviluppo. Come ben sappiamo però quella dei videogiochi è un’industria e come tale deve fare riferimento al lato economico per continuare a vivere, proprio per questo troviamo improbabile che la scelta di Hazelight Studios trovi un seguito se non in rare occasioni. In questi anni abbiamo visto diverse modalità di rilascio, a partire da quello episodico introdotto da Telltale ai vai free-to-play e Early Access fino ad arrivare al modello proposto in Raiders of The Broken Planet che permette ai giocatori di giocare il gioco base gratuitamente per poi acquistare i vari episodi anche in modo discontinuo.
Tornando sulla componente narrativa, gli spunti per un “A Way Out-like” restano molteplici sia nel caso in cui si vada a prendere spunto da brand già consolidati, andando a toccare tutte le “coppie” famose dell’intrattenimento sia per quanto riguarda le storie inedite l’importante è trovare quella sinergia tra narrativa e gameplay che ha saputo farci innamorare di A Way Out, riuscendo magari ad introdurre altre novità che rendono il genere ancora più variegato. A Way Out resta comunque il prodotto di un budget tutt’altro che stellare e se con una buona idea Josef Fares è riuscito a tirare fuori un titolo capace di rivoluzionare la narrativa all’interno del videogioco non sappiamo cosa sia possibile sperimentare nel caso di un prodotto Tripla A. Il modo di raccontare storie attraverso i videogiochi si è dunque sicuramente arricchito con l’arrivo di A Way Out e speriamo vivamente che il modello proposto da Josef Fares venga preso come riferimento per sviluppare altri titoli del genere, sfruttando quella che è una soluzione narrativa che ha davvero portato qualcosa di nuovo sui nostri schermi, riuscendo ad innovare all’interno di un’industria sempre più schematizzata che non rischia e pacchettizza le esperienze senza mai rinnovarsi veramente.