Mentre ci dirigevamo verso il booth della Gamescom di Colonia dedicato a Screamer continuavamo a chiederci se ci fosse ancora bisogno di un altro racing game. Che il team di Milestone sia legato a doppia mandata con il racing non c’è alcun dubbio. Nel corso della sua storia pluritrentennale, lo studio di sviluppo milanese ha avuto modo di giocare con diverse licenze e di sperimentare con ip proprie. Agli albori del team, quando ancora rispondeva al nome di Graffiti, una serie riuscì a fare breccia nel cuore di tanti giocatori: Screamer. Ferma fin dal 1997, si appresta a tornare sugli scaffali digitali di tutti nel corso del 2026. Dopo l’annuncio in grande stile ai passati The Game Awards, Colonia è stata designata per permettere a pochi addetti ai lavori di provare con mano questa nuova iterazione.
Accolti da Federico Cardini (Game Director), ci siamo gustati un’entusiasta presentazione del concept dietro al gioco, per poi provare in prima persona una manciata di personaggi e tracciati. Iniziamo dalle basi: Screamer è sì un racing game arcade e super colorato, pieno di derapate ed esplosioni, ma è anche un ibrido interessante con un fighting game, nonché un’operazione dal valore artistico tutt’altro che banale. Non si tratta solo di correre a perdifiato su tracciati più o meno cittadini ambientati in un futuro a tinte cyberpunk.
La cifra stilistica da anime giapponese di tutta l’operazione, infatti, riveste un ruolo fondamentale per il concept del gioco. Non è un caso che tutto il character design, così come la realizzazione delle cut-scene che faranno da sfondo all’avventura, siano frutto del lavoro a quattro mani con Polygon Pictures. L’esperienza quarantennale dello studio d’animazione giapponese è stato infatti fondamentale per rendere al meglio, in stile anime, le idee dei ragazzi di Milestone. Considerate le premesse non nascondiamo di avere grande interesse per la parte più strettamente narrativa del gioco, che ci è stato assicurato avere un’importanza fuori dal comune per una produzione di questo genere. Messe da parte le promesse, che speriamo di vedere tutte mantenute il prossimo anno, vogliamo soffermarci su ciò che abbiamo testato con mano.
Un po’ racing, un po’ fighting
Screamer è una bestia strana, bisogna ammetterlo. Costruito su un impianto da arcade super classico, unisce alla sensazione di velocità estrema e alle pittoresche situazioni al limite della fisica, anche una serie di azioni e reazioni che ne giustificano l’originalità. Come ci ha tenuto a specificare il game director, tra le fonti di ispirazione principali per il gameplay fa breccia Street Fighter. Sembra assurdo dirlo, ma anche solo l’interfaccia a schermo aiuta a comprendere che non abbiamo le rotelle fuori posto. Le gare infatti non si limitano a posizionare sul tracciato una serie di veicoli e personaggi che si sfidano a chi arriva primo al traguardo, ma in qualche modo ibridano un sistema che, per farla semplice, quasi potrebbe essere accostato a Mario Kart.
Mentre le derapate sono demandate allo stick destro – idea secondo noi tanto semplice quanto geniale, capace di permettere un controllo sulla direzione e la potenza della derapata che nessun semplice tasto frontale sarebbe in grado di fare – sulla parte alta dello schermo sono presenti due barre, come si trattasse di un picchiaduro. Nella sezione sinistra è possibile tenere sotto controllo sia l’accumulo di turbo che l’indicatore del “cambio”.
Le auto, infatti, cambiano marcia automaticamente ma, in pieno stile ricarica di Gears of War, è possibile premere il tasto del cambio al momento giusto per una piccola iniezione di turbo istantanea. Con la pressione prolungata dello stesso dorsale si può invece utilizzare una delle porzioni della barra del turbo, così da aumentare drasticamente la propria velocità. Fin qui, a parte l’estetica particolare e la peculiarità della “cambiata perfetta”, tutto nella norma. È nella parte destra dell’interfaccia che le cose si fanno interessanti. Continuando infatti a spendere turbo, effettuare azioni specifiche come sorpassare o derapare e chi più ne ha più ne metta, si accumula una seconda risorsa: l’Entropia. Divisa in piccole sezioni su tutta la barra, questa è utile per affrontare gli avversari o per difendersi dagli stessi.
Una volta accumulato un tot di segmenti sarà infatti possibile lanciarsi a tutta velocità contro uno dei malcapitati, così da farlo esplodere istantaneamente. Al contrario, quando ci si sentirà alle strette – aiutati da un indicatore che ci avvertirà della minaccia – se avremo accumulato sufficiente entropia potremo attivare uno scudo che ci salvi dall’esplosione.
Questo loop di gameplay, per quanto semplice a primo impatto, ci ha dimostrato nel corso della prova su strada, di essere molto più articolato e interessante di quanto possa sembrare descrivendolo. A rendere ancor più interessante e variegato l’approccio ci pensano gli eroi e le loro auto personali. Ognuno dei team del gioco – che ci è stato assicurato verranno introdotti nel corso della storia e contestualizzati – ha a disposizione un leader e una serie di membri, tutti quanti sbloccabili e utilizzabili, anche questo in pieno stile picchiaduro. Con una curva di difficoltà crescente e ognuno con specifiche abilità, sarà importante padroneggiare al meglio le caratteristiche di ogni personaggio per avere la meglio sugli avversari.
Per farvi un paio di esempi pratici, mentre uno dei personaggi permette di acquisire turbo semplicemente con lo scorrere del tempo, c’è invece chi può accumulare entropia con i sorpassi. E così via per tutte le caratteristiche del gioco, tra derapate, esplosioni e difese all’ultimo istante. Insomma: la carne al fuoco non manca di certo e, considerata anche la conferma che ogni meccanica verrà introdotta in gioco con delle motivazioni narrative, l’approccio del team ci sembra davvero quello giusto per mettere le mani su un prodotto di qualità.
Speranze e dubbi
Non fatichiamo a dirlo: Screamer è stato per noi una delle grandi sorprese della Gamescom di Colonia. A fuoco, di gran carattere e dissennato al punto giusto, il nuovo progetto di Milestone sembra rappresentare proprio la spinta giusta per uscire dal torpore delle solite licenze tutte un po’ uguali a loro stesse e che costellano le uscite di Milestone. Il sodalizio con Polygon è talmente evidente da rendere visivamente splendidi e accattivanti anche i menù di gioco e non vediamo l’ora di mettere le mani sulla narrazione e sulle cutscene. Restano naturali dubbi sulla durabilità dei contenuti e sulla qualità della scrittura ma, se il buongiorno si vede dal mattino, Screamer è quella colazione con vista sull’oceano che promette talmente bene da poter essere rovinata solo da un temporale inatteso.