È passata una settimana dall’uscita di Returnal, il nuovo titolo di Housemarque in esclusiva Playstation 5. Il rogue-lite è arrivato in un periodo di grande “fame videoludica” scatenando, oltre alle lodi della critica, la rabbia di tantissimi utenti che non si aspettavano un titolo di questo genere, cosa è successo? C’è qualcosa di profondamente sbagliato nell’accoglienza risevata a Returnal, cerchiamo di capire cosa.
In questo speciale non parleremo di Returnal in quanto videogioco, la nostra recensione va a coprire tutti gli aspetti dell’opera di Housemarque, ci concentreremo piuttosto su quelle che sono le implicazioni di un lancio di questo genere. Come già accennato in fase di apertura, Returnal arriva in un periodo di magra che si protrae già da diverso tempo in un’industria che ha dovuto fare i conti con una pandemia capace di sconvolgere i ritmi lavorativi degli studi più grandi al mondo, presentando un contraccolpo non indifferente che va a tradursi irrimediabilmente in una serie di rinvii e di ritardi che affliggeranno il 2021 e probabilmente parte del 2022.
Analisi sulla pandemia a parte, possiamo considerare Returnal la prima vera esclusiva Tripla A arrivata su Playstation 5 almeno in termini di potenza creativa. Demon’s Souls è stato sicuramente un ottimo antipasto ma i più smaliziati vedranno il lavoro di Bluepoint come un rifacimento di un’esperienza già provata e nulla di veramente nuovo. In una maniera molto simile a quanto già avvenuto con The Medium sul fronte Xbox, Returnal, come la sua protagonista Selene, è il primo titolo a mettere piede sulla next-gen come prodotto pensato e realizzato per la nuova console di casa Sony. Generalmente un titolo di questo genere non avrebbe smosso particolari attenzioni dalla massa di videogiocatori di tutto il mondo. È vero che stiamo parlando di un prodotto particolarmente pregevole ( come abbiamo avuto cura di spiegare in sede di recensione ) ma è anche vero che quello dei Roguelite/like sia un genere particolarmente di nicchia.
Ostico, punitivo e senza mezzi termini, i roguelikes si aspettano di essere giocati da un pubblico ben conscio di una struttura ludica atta all’RNG ed alla rigiocabilità. Così come l’acclamato Hades, Returnal non pone mezze misure all’esperienza di gioco e punisce in maniera drastica il giocatore in una maniera perfettamente coerente con il genere di appartenenza.
Purtroppo, il comparto tecnico decisamente accattivante, il modello di shooting rifinito e la caratura generale dell’opera devono aver tratto in inganno molti giocatori affamati di next-gen, spingendo il pubblico ad avvicinarsi ad un prodotto che rischia di non lasciar scampo, scatenando polemiche e delusioni.
È vero che da una parte abbiamo delle lamentele in qualche modo legittime per quanto riguarda l’assenza di un mid-save capace di mantenere la sessione di gioco nel caso in cui questa dovesse essere bruscamente interrotta. Fatta la regola, trovato l’inganno ma Housemarque sembra non voler cedere neanche di un dannato millimetro, Returnal è quello che è, comprate un UPS.
Detto questo, è doveroso fare una precisazione molto importante: non vogliamo assolutamente sminuire il modo di giocare del giocatore “medio” anzi, pensiamo che questo elitarismo nel mondo dei videogiochi sia frutto di un retaggio “nerd” intollerante ed autosabotatore che non ci appartiene. Ognuno deve essere libero di giocare quello che vuole e non c’è nessuna vergogna nel non volersi impegnare in titoli particolarmente difficili. Allo stesso modo non si può tuttavia pretendere di snaturare un titolo, sradicandolo dal suo genere di appartenenza per i propri interessi.
Come spesso accade, la faccenda assume delle sfumature molto più sfaccettate del classico “bianco/nero” che internet è solito propinare. Da un lato abbiamo il giocatore che considera il videogioco come un prodotto da consumare, una tacca da aggiungere al muro di titoli completati, pretendendo in modo assolutamente inappropriato che un’opera di intrattenimento si “pieghi” al suo volere perché ha pagato per giocare; dall’altro abbiamo invece un’industria spesso poco chiara, sensazionalistica, capace di mettere qualsiasi cosa su un piedistallo sfruttando campagne di marketing più o meno etiche. Perché se è vero che il giocatore non può pretendere assolutamente nulla, è anche vero che Returnal è stato pubblicizzato come l’ultimo blockbuster da acquistare a tutti i costi. Anche la critica si è lanciata in mirabolanti lodi, noi compresi, alimentando l’hype per un titolo che semplicemente non è adatto a vestire i panni del blockbuster, un ottimo titolo per una fetta di giocatori, un incubo per il resto del mondo. E da qui trailer Cinematici e di gameplay si sono susseguiti da conferenza a conferenza, alimentando l’attesa per un titolo che non è nelle corde del giocatore medio. Possiamo dunque dire che Returnal è vittima di quella comunicazione velata del dico-non-dico che tanto piace agli esperti di marketing, nessun banner che dice “hey, se muori devi ricominciare il gioco, non il livello” ma no, concentriamoci sulla grafica spettacolare, sui mostri giganti e sull’impostazione da TPS, lasciamo che il cuore hardcore del titolo resti ben celato, senza ovviamente nasconderlo.
Hades è un titolo che ha avuto il coraggio di competere con The Last of Us 2 non perché iper-pubblicizzato bensì perché i giocatori hanno deciso di spingerlo a tal punto da farlo emergere dalla marea di titoli indipendenti, mettendo in risalto le qualità del titolo per quelle che sono, un roguelike fantastico e divertente, se poi ha il taglio artistico fuori scala meglio ancora.
Tornando infine con i piedi per terra, è normalissimo che vi siano dei generi troppo “puri” per essere proposti con leggerezza al grande pubblico. Pensate agli strategici a turni, i simulatori di guida, gli stessi rogue-like. Non possiamo pretendere di spingere un The Binding of Isaac come nuovo titolo di punta di una console, così come non possiamo chiudere l’ultima conferenza Microsoft con un trailer del nuovo Age of Empires, semplicemente stiamo parlando di titoli e di generi non compatibili con la massa mangia-blockbuster che, nel bene o nel male, porta avanti l’industria.
Di chi è dunque vittima Returnal? Returnal è vittima di se stesso, dei giocatori e di una parte di addetti ai lavori sempre più elusivo e sensazionalistico.
Ora, come in ogni cosa vi è un risvolto positivo, il genere dei roguelike/lite, pur mantenendo la sua natura cruda e priva di scrupoli, si è affacciato al pubblico di massa e siamo sicuri che qualcuno, tra le tante delusioni, ha avuto modo di scoprire un nuovo genere al quale appassionarsi. Per tutti gli altri, senza malizia o elitarismo, il consiglio resta sempre quello di informarsi prima di acquistare.