Culti omicidi, case vuote e boschi abbandonati. Parliamo degli elementi fondamentali di un titolo che di anni ne ha passati restando un sempreverde tra i prodotti horror. Parliamo di Resident Evil, che ci investe con le sue ambientazioni rurali parlando di culti e parassiti. Parliamo di quell’intensa atmosfera claustrofobica fatta di luoghi aperti ma così abbandonati da essere chiusi, di foreste in cui invece della bella aria fresca di primavera si respira il sapore dell’autunno, guardando con sospetto i rami degli alberi che si chiudono sul nostro capo come nella rigogliosa radura di A Classic Horror Story. Il sapore di sale estivo fa rima con prodotti horror, c’è poco da fare. Se ancora non vi siete fatti un’idea troppo precisa di cosa guardare, ma siete affamati di prodotti che seguano le linee guida dei celeberrimi giochi ambientati in villaggetti sperduti della Spagna o della Romania, disseminati di feroci paesani degeneri combattuti dal nostro eroe di turno, restate con noi: vi consigliamo tre film dedicati che vi aiuteranno ad ingannare l’attesa, respirando un po’ dell’insalubre aria che tira. Rimanete sintonizzati sul nostro Game&Watch!
Una classica storia di orrore… oppure no?
A Classic Horror Story è un film italiano, un originale targato Netflix. Già qui potrebbero partire i brividi, e non solo perchè siamo la madrepatria dell’horror di eccellenza grazie al buon Dario Argento: è risaputo che molti dei nostri prodotti non splendono per efficacia, scrittura e regia, ma in questo caso vi chiediamo di non preoccuparvi troppo e di fidarvi delle semplici buone intenzioni di un prodotto piccolo ma affascinante. A Classic Horror Story è sì un film horror italiano, ma con un’impostazione stilistica interessante ed estremamente vicina ai canoni del film internazionale, ambientato in un Sud Italia che sembra il Far West, spartito tra visitatori ignari e cultisti senza scrupoli come succede nei “classici” villaggi di Resident Evil. Come novelli viaggiatori del Texas su carri trainati da cavalli, i protagonisti di questo film si trovano tutti nello stesso camper, tutti con diverse motivazioni per dirigersi nella bassa Italia. La giovane Elisa vuole interrompere una gravizanza; Fabrizio è uno studente di cinema che vive al Sud; Riccardo è un medico, mentre Sofia e Matt sono una giovane coppia alla scoperta del mondo. E’ attraversando l’entroterra della Calabria che i cinque hanno un incidente e si trovano in una radura circondata dai boschi, in mezzo a cui spunta una misteriosa abitazione che richiama La Casa, o perchè no, le atmosfere surreali e contorte di Gretel ed Hansel – un altro film passato in sordina ma caratterizzato da costruzioni deformi e personaggi dall’inquietante bellezza. Quando cala la notte, i nostri protagonisti si rendono conto di non essere soli, dovendo fuggire da una setta di folli adornati di maschere contorte.
A Classic Horror Story fa riferimento a tantissime pellicole celebri, miscelando una storia credibile con le leggende italiane ed il folklore locale, rendendogli una certa giustizia. La bellissima ed inquietante storia di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, che si racconta siano i fondatori delle mafie, viene rappresentata e sostenuta al pari di un culto religioso dagli abitanti che abitano il profondo Sud, che venerano e riveriscono i tre deformi figuri senza un motivo apparente. Per ottenere benessere, per cupidigia o semplice follia? Se volete scoprirlo dovrete guardarlo con un occhio meno critico del solito: ricordatevi che è una piccola produzione e non un prodotto Hollywoodiano.
Le strade della Paura
Fear Street è la trilogia dell’orrore ad opera del geniale R. L. Stine, scrittore de “I Piccoli Brividi”, che ha debuttato dal 2 luglio con un film a settimana su Netflix. Gli episodi vanno dal 1996 al 1970, per finire con un bel salto indietro alla fondazione delle prime comunità americane nel 1666. Fear Street prende a mani basse dalla cultura pop fin dal suo esordio, richiamando Scream col primo episodio e Venerdì 13 col secondo, seguendo le vicende di un gruppo di amici che si ritrova ad avere a che fare con la maledizione che investe la loro cittadina, Shadyside, morente e sconvolta da problemi di ogni tipo a differenza della ridente Sunnyvale in cui tutto sembra andare letteralmente rose e fiori (ndr. chi non ha pensato a ben più di una vaga citazione alla spensierata Sunnydale di Buffy?).
Nonostante i primi due film siano ottimi sia in termini di interpretazione, regia e storia – sia visti stand-alone che nell’ordine proposto – noi vi consigliamo caldamente l’ultimo del terzetto, che sprizza da ogni singola inquadratura quell’aria grottesca e da “secoli bui” su cui ci vogliamo concentrare, presente sia in A Classic Horror Story che in Resident Evil. Perchè non c’è dubbio che il terzo sia forse il film più visivamente accattivante, gretto e meschino, che non si risparmia sui particolari agghiaccianti della caccia alle streghe – rivolta alla presunta tale Sara Fier, colei che ha maledetto Shadyside scatenando sui protagonisti dei feroci killer. Il villaggio è un ritratto efficace dei primi, sporchi tentativi di civiltà se paragonato a quello della comunità rumena di Madre Miranda, popolato da uomini spauriti più bestiali del male in persona. Proprio i nostri eroi interpretano quello che sembra un gioco delle parti inverse, e li potremmo osservare nei panni degli antichi abitanti del villaggio a ricalcarne i passi che hanno contaminato il suolo: il loro ruolo è quasi una metafora di un cerchio che si apre e si chiude, di un ciclo che trova la sua perfetta risoluzione tra passato e presente. Un dettaglio insolito? Uno dei biondi killer somiglia tantissimo al nostro buon Leon S. Kennedy e non c’è verso di distogliere lo sguardo, specie durante l’episodio ambientato nel 1666. Non riuscirete più a giocare a Resident Evil 2 e 4 con gli stessi occhi.
Il vuoto pneumatico di The Void
The Void è un horror pieno di richiami e contaminazioni Lovecraftiane uscito nel 2017, a opera dei due registi Steven Kostanski e Jeremy Gillespie, più volte collaboratori in altre produzioni horror e fantasy in qualità di curatori degli effetti speciali (e si vede). A parte vantare una produzione visiva accattivante, la trama è inizialmente semplice e va dritta al punto: un poliziotto particolarmente capace durante la ronda notturna trova sulla strada un ragazzo ferito, nei pressi di una casa misteriosa, e lo porta al vicino ospedale dove lavora la moglie come infermiera. L’ospedale è quasi dimesso in quel periodo a causa di un trasferimento causato da un incendio ed il reparto si occupa di poche emergenze; quella sera lavorano solo il dottor Powell e le due infermiere in compagnia di pochi altri pazienti ed una ragazza in dolce attesa, in procinto del parto. A questo punto inizia una cascata di fatti atroci: un omicidio sul posto, il corpo del deceduto che muta in un essere mostruoso e l’esterno dell’ospedale, che sembra assediato da una folla di uomini misteriosi, impassibili e armati di coltello, incappucciati e vestiti interamente di bianco. Proprio la loro immobilità ed il silenzio suggeriscono qualcosa di più profondo e terribile ai protagonisti, che dovranno prodigarsi a sopravvivere in qualche modo.
La trama di The Void richiama molte situazioni tipiche del cinema degli anni ’80, i colori forti di A Classic Horror Story e sopratutto l’inquietudine tipica nella Villa Spencer del primo Resident Evil: un gruppo di personaggi sotto assedio, l’ambientazione ospedaliera asettica e le vesti bianche dei cultisti dalle forme geometriche, il body horror, il susseguirsi di fatti inquietanti e insensati ed un’atmosfera tesa, che a tratti suscita uno spietato disgusto nello spettatore e non si risparmia in dettagli sanguinosi, putrescenti, tentacolari. L’aspetto più riuscito di The Void è sicuramente la fotografia che gode di un’attenzione tutta particolare assieme all’uso estensivo di effetti speciali, tra colori e scene ben studiate dal punto di vista dell’inquadratura. La folla di cultisti incute timore e tiene col fiato sospeso perchè inaspettata, immota, incomprensibile nella propria follia. Purtroppo il film rimane un po’ irrisolto e non sviluppa bene quel grande tema che parla del ciclo di nascita, morte, rinascita e vita eterna, mostrando i propri limiti nella sceneggiatura che arriva ad un finale un po’ raffazzonato. Chi ama le atmosfere cupe e allucinatorie, quasi claustrofobiche, rimarrà comunque piacevolmente sorpreso e incollato allo schermo senza troppe delusioni.
Se i nostri consigli non vi sono bastati e avete voglia di mettere le mani su un titolo da videogiocare a breve che segua queste linee guida, vi consigliamo di aspettate House of Ashes in uscita a Ottobre o Ghost a Febbraio 2022, due notevoli titoli che potrebbero tenervi incollati allo schermo a lungo… o per sempre.