Parlando di PlayStation Vita devo ammettere con me stesso che per essere una console che ho più volte definito come morta da anni a livello di supporto da parte della casa produttrice, nel corso dell’ultimo anno mi sono ritrovato spesso a recensire diversi giochi interessanti per la console di Sony così tanto bistrattata dal pubblico europeo. Di certo è innegabile affermare che le grandi produzioni hanno per anni latitato su questa console portatile, lasciando però spazio a titoli meno noti o di minor interesse per l’utenza di massa, ma che hanno permesso ad una nicchia di utenti amanti delle visual novel, dei JRPG e più in generale delle produzioni giapponesi di dare nuova vita a questo gioiellino portatile visto da molti come un fermacarte hi-tech. Fra i publisher più prolifici c’è sicuramente Nippon Ichi Software, azienda giapponese che sempre più spesso ci troviamo a tirare in ballo sulle nostre pagine virtuali quando siamo di fronte ad un gioco proveniente dal Sol Levante. Stavolta però quello che abbiamo fra le mani non è né un gioco di ruolo né una novel, ma un inquietante indie survival horror chiamato Yomawari: Night Alone: riuscirà questo titolo ad entrare in quella cerchie di gemme nascoste che costellano il parco titoli di PSVita? Ne parliamo nella nostra recensione.
PICCOLI BRIVIDI
I primi minuti di gioco ci mostrano una serie di avvenimenti traumatici che accadono alla giovane protagonista del gioco, dei quali non parleremo per non rovinarvi la sorpresa, vi basti sapere solo che il gioco racconta della storia di una bambina ritrovatasi sola ne cuore della notte per le vie della sua città che dovrà cercare la sorella ed il suo cane Poro e contemporaneamente sfuggire dalle più oscure presenze che popolano le vie. Sin dalle prime fasi di gioco ci renderemo conto di essere immersi in un’atmosfera surreale, circondati da una coltre di oscurità che ci impedirà di vedere al di l’à di ciò che è illuminato dalla fioca luce proveniente dai lampioni e da oltre le finestre delle case. Il nostro vagare per le strade si trasformerà ben presto in una fuga per la sopravvivenza, ci troveremo a scappare da fantasmi e mostri di diverse dimensioni e sembianze che si celano negli angoli più bui della città. Tutto l’ambiente circostante sembrerà costituito da un’atmosfera onirica, un terribile incubo nel quale neanche noi sapremo esattamente cosa stia succedendo o come comportarsi e molto spesso la cosa migliore da fare non può che essere quella di nascondersi: interpretando una bambina ci renderemo conto che l’innocenza del nostro avatar le impedisce di comprendere pienamente ciò che sta succedendo e gli avvenimenti ai quali accennavamo poco fa verranno interpretati in una maniera differente rispetto a come farebbe una persona adulta. Il gameplay di Yomawari è piuttosto semplice e privo di fronzoli ed orpelli: la telecamera isometrica ci mostrerà lo spazio circostente nel quale ci muoveremo tramite l’uso dei tasti direzionali, con il dorsale destro potremo correre per un breve periodo e con i tasti azione potremo interagire con l’ambiente circostante ed usare gli oggetti dell’inventario. Ogni tipologia di mostro andrà affrontata in maniera differente: dovremo capire se si potranno evitare avvicinandoci silenziosamente a loro evitando che ci vedano oppure studiando il loro pattern di movimento ed uscendo dal nostro nascondiglio nel momento più opportuno e nel caso venissimo scoperti dovremo pensare velocemente per capire se la cosa giusta da fare sia correre all’impazzata o rifugiarsi dietro una siepe. La semplicità del gameplay e la totale mancanza di armi o altri oggetti atti alla difesa riescono a trasmettere perfettamente una sana e genuina sensazione di tensione nel momento in cui una delle creature della notte ci avvisterà e tutto il gioco riesce perfettamente a tenere il giocatore in un perfetto stato d’ansia che cozza soltanto in qualche sporadico passaggio più difficile del solito nei quali la frustrazione prenderà il sopravvento sulle sensazioni legate alla paura. Artisticamente Yomawari: Night Alone è una vera perla: i colori utilizzati per realizzare il paesaggio, scuri e tetri, accentuano le note di rosso sangue che vengono utilizzate come indicatore di prossimità di un mostro. Il buio è il vero elemento dominante, ma dove esso si fa da parte si possono scorgere elementi scenici realizzati con uno stile piuttosto semplice ma efficace ed i mostri, nonostante non siano di lovercraftiana memoria, sono piuttosto grotteschi ed ispirati all’idea di entità pericolosa che potrebbe avere un bambino. Interessanti poi alcune chicche messe qui e là, come la mappa della città e delle zone circostanti, realizzata come se fosse stata disegnata dalla mano di un bambino di 4 anni. Un magistrale lavoro è stato fatto sugli effetti sonori: la colonna sonora è pressoché assente se non in qualche sporadico momento durante un evento cruciale, per la maggior parte del tempo essa lascia spazio al rumore dei piccoli passi della nostra protagonista ed ai rumori della notte, usati dal sound designer sia per creare un’atmosfera maggiormente tesa che come indicatori di attenzione per il giocatore. Da giocare ovviamente con un paio di cuffie addosso. Nel caso no possediate una PlayStation Vita sappiate che il gioco è disponibile anche su Steam, ma troviamo che dia il meglio di sé sulla portatile di Sony.
PRO
- Atmosfere angoscianti ed intriganti
- Un diverso modo di concepire il survival horror
- Comparto audio eccellente
CONTRO
- A tratti frustrante
- Non tutti potrebbero digerire le meccaniche trial-and-error