Ci sono storie che è un piacere ascoltarle. Altre un po’ meno, ma vanno raccontate lo stesso. Non parliamo di storie di mostri, fantasmi e altre creature partorite dalla fantasia, ma di mostri veri, quelli che si nascondono nell’animo umano, generati dall’ignoranza o dalla paura. Non sempre tutto il male viene fatto con la consapevolezza, ma anzi il più delle volte è proprio la convinzione di fare del bene a scatenare le malvagità più grandi. Le storie di questo tipo vengono raccontate per un motivo, perché cose come queste non si ripetano più. La storia di Town of Light è una di queste, una storia di medicina, ignoranza, sofferenza, solitudine e spietatezza, la storia della medicina psichiatrica in Italia. Una pagina della nostra storia, raccontata in un’epoca come quella del fascismo, altro grande errore del nostro paese, che ci ha segnato profondamente, e che il gioco degli italianissimi LKA riporta in auge in tutta sua crudezza. The Town of Light è un pugno allo stomaco, è un viaggio che non avremmo mai voluto fare ma che andava fatto, un gioiello nella corona degli indie moderni, un gioco che andremo a raccontarvi nel migliore dei modi.
Il padrone della Luce
Riassumere la storia della psichiatria moderna è un compito che non spetta a noi, ma una premessa è doverosa, soprattutto per comprendere al meglio il contesto nel quale The Town of Light è ambientato. In un periodo di vergogna e contrasto come quello degli anni 30 e 40, in cui i soprusi e la corruzione erano all’ordine del giorno, i manicomi erano visti come edifici per dimenticarsi di persone indesiderate, che fossero effettivamente malate o meno. Le pratiche di allora non prevedevano farmaci o terapie di gruppo, ma vere e proprie tecniche di tortura, che andavano dall’immobilità al letto al terrificante elettroshock, fino ar arrivare alla soluzione finale, quella lobotomia che in Italia vide un vero e proprio fiorire attorno a quegli anni. I pazienti non erano più esseri umani, ma meri giocattoli nelle mani di infermieri senza scrupoli o dottori che avevano perso la loro umanità, o quasi, fino all’introduzione della Legge Bisaglia nel 1978, che aboliva i manicomi e introduceva la riforma della psichiatria. In questo terrificante contesto inizia la storia di The Town of Light, con una protagonista, Reneè, che era stata rinchiusa nel manicomio di Volterra a 16 anni nel periodo del ventennio. Anni dopo, ai giorni nostri, per un non ben precisato motivo, Reneè tornerà nel manicomio ormai abbandonato, facendoci rivivere la sua storia, mentre vagabondiamo con lei per le ale dismesse dell’edificio. Nonostante le premesse per un’avventura horror ci siano tutte, The Town of Light non lo è assolutamente. Girovagare per l’edificio abbandonato può darvi una sensazione di inquietudine, come quando da bambini ci si inoltrava in una casa abbandonata, ma nulla di più. Non ci sono mostri, non i sono creature da combattere o enigmi da risolvere, l’unica cosa che potremo fare sarà esplorare il manicomio e cercare di seguire il filo dei pensieri di Reneè. Il vero orrore arriva nel momento in cui il velo sulla storia della ragazza si solleverà, raccontando una vicenda di abbandono, di disagio familiare e di ostracizzazione tipica delle province contadine. Una ragazza trascinata all’inferno, in un luogo che annulla la volontà dell’essere umano e lo rende vuoto, così che non possa più essere ricordato dal mondo esterno. Le vicende capitate a Reneè sono frutto di un insieme di storie che possono essere rapportate a chiunque delle pazienti passate in quegli anni trai vari istitut e che rappresentano il vero orrore, proprio perché accadute davvero. Il rapporto con i dottori, con le altre pazienti, il ruolo del sesso, tutto è raccontato con flashback in 2D disegnati in maniera angosciante, oltre ad altre sequenze in prima persona incredibilmente immersive, che ci trasportano nella mente di Reneè, dando un tocco onirico e folle al gioco, fino all’incredibile finale, un impatto disturbante e lacerante, un qualcosa che ci ha tenuto a boccheggiare dinanzi lo schermo per qualche minuto dopo i titoli di coda. Semplicemente incredibile.
“Non meritavo di essere amata”
Come abbiamo già accennato, il gameplay di The Town of Light è limitato all’esplorazione del manicomio di Volterra. Potremo interagire con i vari oggetti presenti, ma solo per visionarli meglio, mentre lo sforzo maggiore sarà quello di aprire e chiudere le porte. Ad accompagnarci nella nostra esplorazione saranno i pensieri di Reneè, che oltre a raccontare la sua storia, fungeranno anche da aiuti per capire il passo successivo da affrontare, dato che molte aree dell’edificio sono bloccate e si apriranno solo una volta raggiunta una determinata svolta narrativa. Chi cerca l’azione qui ne troverà ben poca, The Town of Light è un gioco d’atmosfera, che se vi lasciate catturare vi regalerà delle sensazioni incredibili. Il gioco è un grande film interattivo, dove il divertimento non esiste e il gameplay è un mero strumento narrativo. Per questo ci riesce difficile definire The Town of Light un vero e proprio gioco, ma piuttosto una vera e propria esperienza. Durante il nostro vagabondare per l’edificio troveremo numerosi documenti, lettere e cartelle cliniche che potremo consultare, approfondendo così il contesto storico e soprattutto medico del tempo, mentre i documenti più importanti, quelli riguardanti Reneè e la sua storia saranno indispensabili per proseguire nel gioco. Ogni lettura di questi particolari fogli sarà accompagnata da una serie di scelte multiple, con le quali si potranno scegliere le reazioni di Reneè alle varie scoperte sulla sua vicenda. Queste scelte garantiscono una visuale un po’ più ampia su tutta la storia, facendovi venire voglia di rigiocare alcune parti per scoprire più sfaccettature della stessa vicenda, aumentando così leggermente la longevità del titolo, che si attesta comunque attorno alle 3 ore circa.
Il livello tecnico di The Town of Light è eccellente, con una riproduzione fedelissima del manicomio di Volterra, ricostruito con un occhio ai dettagli davvero incredibile. Vi invitiamo a cercare foto della struttura su internet, è esattamente come la troverete nel gioco, graffiti compresi. Il motore grafico non è di ultima generazione, ma riproduce alla perfezione l’ambiente e gli ottimi effetti di luce, con solo qualche lieve pop up degli oggetti, ma per il resto è davvero tutto molto solido, con un frame rate stabile e nessun evidente aliasing. Peccato invece per i modelli 3D dei personaggi, che sembrano leggermente sformati, o realizzati in maniera molto amatoriale. Una cosa importante che va detta è che The Town of Light è compatibile con Oculus Rift, e dalle nostre brevi prove possiamo tranquillamente affermare che il gioco merita di essere provato con quella configurazione, per un’immersività totale ed un’esperienza come poche nella vostra vita. Un plauso incredibile va agli effetti sonori, davvero eccellenti, soprattutto per la colonna sonora, ma il vero gioiello è il doppiaggio, con un’interpretazione in italiano davvero magistrale. A completezza d’informazione, vi suggeriamo di leggere il Diario di Reneè sul sito ufficiale del gioco, a questo link.
PRO:
- Una storia incredibilmente matura
- Atmosfera perfetta
- Stilisticamente e visivamente ottimo
CONTRO:
- Finisce praticamente subito
- Costo leggermente elevato per quello che offre